15 Settembre, 2002
Le cure sbagliate delle Finanziarie di Berlusconi: prendi uno e paghi due
sen. Paolo Giaretta - Gruppo Ulivo-Margherita
Le cure sbagliate delle Finanziarie di Berlusconi:
prendi uno e paghi due
"Bada Pinocchio, i ragazzi fan presto a promettere ma il più delle volte fanno tardi a mantenere". La Fatina Turchina a Pinocchio
sen. Paolo Giaretta - Gruppo Ulivo-La Margherita
Ci avviamo a concludere anche il 2002 in una difficile situazione per l’economia e per le istituzioni del nostro paese. E’ ormai evidente che l’orizzonte che il Governo offre al paese è quello dello scontro e della divisione. Di fronte alla drammatica crisi della Fiat il Presidente del Consiglio non rinuncia a battute irresponsabili o a cercare di dividere ancora una volta il sindacato per nascondere le proprie insufficienze. La indecorosa vicenda della RAI dimostra la mancanza di un minimo senso istituzionale, le parole in libertà di Bossi contro il Presidente della Repubblica sono l’espressione di una pericolosa mancanza del limite e del rispetto delle istituzioni.
La Legge Finanziaria, momento annuale di verifica tra le promesse e la realtà, non si sottrae a questo bilancio così negativo dell’attività del Governo. Secondo le promesse mirabolanti dell’ineffabile Ministro Tremonti il 2002 avrebbe dovuto essere l’anno del “grande balzo”, del “nuovo miracolo economico”: i risultati sono sotto gli occhi di tutti; la crescita del paese si è fermata, l’inflazione sale molto più della media europea, aumenta l’incertezza del futuro, gli investimenti sono in calo, il disorientamento del mondo imprenditoriale è evidente.
Propaganda dell’opposizione (come ripete il Presidente Berlusconi con sempre minore convinzione)?
Due notizie che sono comparse in questi giorni sui giornali sono la prova del fallimento delle politiche del Governo e della attendibilità delle nostre critiche, che si sono dimostrate ispirate all’interesse del paese e non alle ragioni della propaganda.
Come si è dissipato un capitale di credibilità
Il Commissario della Unione Europea Solbes (il guardiano del patto di stabilità tra i paesi europei) con ripetute dichiarazioni ha manifestato tutta la sua preoccupazione per i conti italiani.
Solbes ha detto “L’Italia è l’unico paese che ricorre alle “una tantum” e non cessa di aumentarle; tra il 2002 e il 2003 la loro incidenza salirà dallo 0,7 all’1,2 del prodotto interno lordo. …L’Italia resta un caso speciale che desta preoccupazione”
In soli 15 mesi il Governo Berlusconi ha dilapidato un capitale di credibilità internazionale che faticosamente i governi dell’Ulivo avevano conquistato. Nel 2001 l’OCSE (una importante organizzazione internazionale di collaborazione tra i governi) aveva scritto in un documento ufficiale “L’Italia ha saputo realizzare il più grande risanamento della finanza pubblica mai visto in un paese europeo” Siamo passati da questo giudizio di ammirazione ad un giudizio di preoccupazione talmente forte che si parla di una revisione del patto di Stabilità europeo che limiterebbe fortemente l’adozione di misure come quelle usate da Tremonti, tanta è la diffidenza che ha suscitato in Europa la attitudine alla manipolazione del Governo italiano. Usare “una tantum” (cioè entrate straordinarie che non si possono ripetere negli anni successivi, come i condoni o le vendite degli immobili), o usare artifici contabili per truccare i conti non sono ricette giuste per essere stimati dalle persone serie, in Italia come in Europa.
Perché questa situazione di difficoltà dei conti pubblici? Sostanzialmente per due motivi:
a) Tremonti ha irresponsabilmente prospettato un irrealistico tasso di crescita, al ritmo di oltre il 3% annuo (il famoso nuovo miracolo economico!) In realtà in questo 2002 il paese crescerà meno dello 0,5%. Tremonti si è speso soldi che non c’erano (mancano all’appello rispetto all’anno scorso solo nei primi 10 mesi oltre 8 milioni di € di minor gettito fiscale, per il minore sviluppo economico ma anche per l’allentamento della lotta all’evasione fiscale con la promessa di condoni), indebitando ancora di più tutti gli italiani, che pagheranno questo debito negli anni futuri.
b) Tremonti ha fatto il gioco delle tre carte, sottovalutando i costi di determinate leggi (ad esempio la “Tremonti bis” che costerà 2 miliardi di € almeno, mentre per Tremonti era a costo 0) o sopravalutando le entrate derivanti da altri provvedimenti (ad esempio l’emersione del sommerso avrebbe dovuto riguardare secondo le sue previsioni 900.000 lavoratori, mentre ha riguardato poche centinaia)
Un record alla rovescia
La seconda notizia riguarda la classifica che una organizzazione internazionale fa ogni anno sulla competitività dei paesi. Quest’anno la classifica del World economic Forum vede l’Italia precipitare dal 26° al 39° posto. I motivi di questo declassamento clamoroso (nessun paese ha un arretramento di queste dimensioni) sono ascrivibili al fatto che non vi è stato alcun progresso del miglioramento della dotazione infrastrutturale, ma soprattutto perchè è peggiorata la legislazione economica in materia di trasparenza dei mercati, di certezza del diritto, di tutela della concorrenza. Questi sono gli effetti delle leggi sul falso in bilancio, dei condoni, ecc. Anche qui non si sono ascoltate le proposte della minoranza, che non erano appunto sparate propagandistiche, ma allarmi preoccupati di chi ritiene, come è nei fatti, che la credibilità di un sistema paese, così importante in un mondo globalizzato, è un fattore essenziale per la crescita economica.
Quando il medico sbaglia la cura
Dunque possiamo parlare che il paese si trova in questa situazione non solo per una difficile congiuntura internazionale, ma perché è stata sbagliata la cura, che si basava su due aspetti fondamentali.
Un po’ di ottimismo mediatico: ricordiamo la retorica dei “cento giorni”, con i primi provvedimenti propagandati come il toccasana per il nostro paese, la polemica sul buco di bilancio, il nuovo miracolo economico, ecc. Ma i cittadini non hanno bisogno di ottimismo gratuito da parte dei Governo, ma di un qualcosa di diverso, che si chiama affidabilità: sapere che si può far fede sulle affermazioni del Governo, sui suoi comportamenti.
L’appello agli “animal spirits”: lasciamo fare agli italiani quello che vogliono, allentiamo le regole di legalità, ritorniamo all’Italia dei condoni fiscali, della bassa moralità pubblica, dei premi alle furbizie e partirà lo sviluppo.
Una ricetta facile, perché evitava al Governo di assumere iniziative scomode, di impegnarsi sul fronte delle riforme, e permetteva di continuare a promettere senza assumersi responsabilità. Ma un paese complesso come l’Italia ha bisogno d’altro.
Anche la crescita dell’economia richiede un Governo che sappia dire parole di verità, senza l’ossessione della propaganda, non ha bisogno di divisione e conflitto ma di coesione e serenità. Occorre essere affidabili, tenere in gran conto le virtù civili di una comunità, credendo nel valore della responsabilità individuale per il bene comune. Quando si fa appello ai peggiori sentimenti negativi di egoismo sociale si mette una grossa zeppa nelle possibilità di crescita; nessuno più sarà disponibile a fare sacrifici per gli altri, ma lo sviluppo è fatto invece di coesione.
Gli errori che si ripetono
Purtroppo la finanziaria di quest’anno ripete gli stessi errori dell’anno scorso: ottimismo nella crescita (il Governo prevede 2,6%, quando tutti gli organismi internazionali parlano al massimo di 1,5%), una tantum, sottovalutazione delle uscite, sopravalutazione delle entrate. Questo produrrà un nuovo buco nel bilancio, tanto che il Governo prospetta alla UE la necessità nel prossimo anno di una manovra correttiva di 22milardi di €. Si tratta di 44.000 miliardi delle vecchie lire: questo è il buco di bilancio vero fatto dal Ministro Tremonti, non quello virtuale da lui denunciato come responsabilità del centrosinistra e scomparso nel bilancio consuntivo.
Qual è il dare e l’avere della finanziaria? E’ importante rispondere a questa domanda, perché alla fine ciò che conto è come cambia la vita concreta dei cittadini, come vengono amministrati i soldi di tutti
L’avere è sostanzialmente una modesta riduzione fiscale per le famiglie a più basso reddito, sotto i 50 milioni di lire. L’anno scorso l’argomento di moda erano le pensioni, passata la moda milioni di pensionati sono rimasti sotto il famoso milione al mese, compresi i più poveri tra i poveri come gli invalidi. Quest’anno sono le tasse: si riducono dello 0,3%! Ricordiamo che la promessa elettorale era dell’1% all’anno. L’anno scorso non c’è stato nulla, quest’anno meno di un terzo di quanto promesso. Si parla di circa 300 € a famiglia. Bene, solo che l’Istat ci dice che l’inflazione senza controllo che ha caratterizzato l’Italia (e solo l’Italia in questa misura) è già costata alle famiglie 750€ a testa.
Berlusconi parla della più grande riduzione delle tasse mai realizzata. Come al solito mente sapendo di mentire. Questa riduzione, insieme a quella modesta per le imprese costa 5,5 miliardi di €, l’ultima finanziaria dell’Ulivo introduceva riduzioni fiscali per 10,3 miliardi di €. Perché questa pervicace attitudine alla menzogna, che non fa onore ad un governante?
Il poco che viene dato, il molto che viene tolto
Il problema è poi che le famiglie ricevono (poco) con una mano e si vedono portar via (molto) con l’altra. Basti dire che la riduzione fiscale per le famiglie vale 4 miliardi di €. Ebbene le famiglie si vedono portar via però 2 miliardi di € per la mancata restituzione del “fiscal drag” e 2,1 miliardi di € per la reintroduzione del tiket sulle analisi mediche che dal 1 gennaio del 2003 avrebbe dovuto essere eliminata in base alla legge finanziaria dell’Ulivo. Già hanno dovuto subire la reintroduzione del ticket sui farmaci, e molte famiglie si sono accorte di cosa voglia dire.
Inoltre la finanziaria introduce tagli pesantissimi per
- sanità e scuola: pagheremo di più i servizi sanitari, i ricoveri, le tasse scolatiche o avremo meno servizi
- vengono tagliati i fondi per l’assistenza, (vedi le proteste degli invalidi e delle associazioni dell’handicap, categorie svantaggiate a cui si toglie quel poco che hanno e non si mantengono le promesse di un rafforzamento). Si indeboliscono gli interventi per le famiglie disagiate (nessun intervento per gli “incapienti”, cioè le famiglie che non possono utilizzare alcuna detrazione delel tasse perché il reddito è così basso da non pagare tasse; è la frontiera difficile della povertà per cui questo Governo non fa nulla, anzi indebolisce i presidi che c’erano: eliminazione del reddito minimo, non si parla più di aumento delle pensioni minime per i tanti che sono ancora sotto il milione di lire);
- vengono tagliati i trasferimenti ai comuni e alle regioni (altro che devolution, nei primi 6 mesi dell’anno le regioni hanno avuto un taglio dell’8% nei trasferimenti dallo stato): anche qui meno servizi o servizi più cari e sono quelli che presidiano il welfare locale: anziani, assistenza scolastica, attività e servizi sportivi ed educativi, ecc. Soprattutto si interviene in modo invasivo nelle autonome decisioni dei comuni: come spendere i soldi, come mettere le tasse, dove acquistare i beni, tutte norme che violano i principi costituzionali;
- tagli dei fondi per l’Università, la ricerca e l’innovazione, tanto che tutti i Rettori delle Università, senza distinzione di colore politico, minacciano le dimissioni in massa: come può avere futuro un paese se si recidono le fonti della crescita futura?
- Si abbandona una politica di sviluppo per il Mezzogiorno, basata sugli automatismi degli incentivi e sul coinvolgimento dei sistemi territoriali delle imprese, del sindacato, delle autonomie, che aveva dato frutti rilevanti, tornando sulla strada fallimentare della riduzione dei fondi, della intermediazione politica che rallenta ed inquina la trasparenza e la certezza delle procedure
La strada della serietà
L’Ulivo nei suoi emendamenti ha proposto un modello alternativo, immaginando una manovra che si basa su tre pilastri:
- più soldi alla scuola e alla ricerca, perché lì si costruisce il futuro del paese
- più soldi ai comuni, perché così si da coesione e solidarietà
- più attenzione ai ceti più deboli ed alle categorie svantaggiate, perché così si possono affrontare le trasformazioni richiesta dalla competitività internazionale.
- Più determinazione nelle politiche di sviluppo del Mezzogiorno, basate su certezza e trasparenza, perché il Mezzogiorno è la riserva di sviluppo per tutto il paese.
Recentemente il nostro rappresentante alla banca Europea Tomaso Padoa Schioppa ha ricordato in un bell'articolo sul Corriere che "la crescita di un paese deriva da una gamma di fattori assai più ampia delle ricette di politica economica: l'innovazione creativa di un fondatore d'impresa, la capacità di guida di un dirigente politico, il coraggio di un sindacalista, l'etica del lavoro di un ceto sociale".
Il Governo ha pervicacemente seguito la strada di deprimere questi fattori di sviluppo: dividendo il sindacato ha indebolito i fattori di coesione sociale e la possibilità del sindacato di affrontare insieme le necessarie trasformazioni, come il sindacato ha dimostrato di saper fare con coraggio nei difficili anni passati Tagliando i fondi per l'innovazione e la ricerca, mantenendo posizioni monopolistiche come quelle nel campo radiotelevisivo ha depresso la capacità delle imprese di crescere; con provvedimenti come il falso in bilancio, i condoni fiscali, il premio per il rientro dei capitali illecitamente esportati ha indebolito la coscienza etica del paese. Quanto alla capacità di guida politica la maggioranza si è rapidamente ridotta ad un rissoso pollaio, che sta insieme solo per non perdere il potere, senza alcuna linea condivisa; Forza Italia impone l'approvazione di norme vergognose sulla giustizia (e la Lega tace dimenticando i manifesti sul piduista di Arcore e su tangentopoli), Bossi impone la devolution (risibile argomento propagandistico per un governo che nel 2002 ha tagliato dell'8% i trasferimenti alle regioni) e gli altri devono accettare, pur esponendo in privato tutti i più radicali giudizi critici su una normativa confusa e contraddittoria, che comunque aumenterà il conflitto tra le diverse istituzioni.
C’è un atteggiamento che caratterizza tutta la finanziaria: la rinuncia ad accettare la sfida di un riformismo ambizioso, capace di cambiare non guidati da opportunismi clientelari o corporativi, ma appunto dall’ambizione di cambiare dove è necessario con la pazienza e la determinazione dei veri riformisti.
Il paese ha bisogno di altro. Questo i cittadini lo stanno capendo; sta ora all’Ulivo far capire non solo di aver avuto ragione nelle sue critiche, ma anche di proporre la ricetta giusta per sottrarre il paese a questa pericolosa deriva.
 
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