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15 Settembre, 2002
*La vera domanda è ‘come’ fare il Partito Democratico* (Pizzetti su Cronaca)
Scissioni, questioni etiche e identitarie? Solo falsi problemi - Federico Centenari intervista il segretario regionale dei DS lombardi

Chiedetegli del Partito Democratico e il segretario regionale dei DS, Luciano Pizzetti, sarà un fiume in piena. Al bando tentennamenti, timori per eventuali scissioni - di ieri la conferma della sinistra diessina, che lascerà il partito -, frenate sulle questioni identitarie o etiche. Pizzetti non cerca vie di fughe: affronta e liquida quelli che per altri esponenti del centrosinistra sono ostacoli insuperabili con la sicurezza di chi ha già messo in conto tutto e scommette su un progetto guardando al risultato, non alle difficoltà connesse al percorso. Non che il segretario della Quercia eviti il confronto, anzi, dall’intervista pubblicata di seguito, la volontà di approfondire il dibattito esce netta, limpida. Il punto, per Pizzetti, è però uno su tutti: ‘come’ costruire il nuovo soggetto politico. Perché e quando sono domande alle quali Pizzetti risponde ampiamente nel colloquio - e sulle quali si dice comunque pronto a discutere -, ma è sul ‘come’ che il segretario diessino vuole soffermarsi in questa fase del percorso avviato da DS e Margherita.

Entriamo subito nel vivo: Fabio Mussi, leader della sinistra diessina, proprio oggi (ieri) ha confermato le voci sulla scissione nella Quercia.
«Un problema che non esiste. C’è un distacco tra la propensione di alcuni dirigenti nazionali di quell’area e il sentire diffuso degli aderenti. In Lombardia, ad esempio, non assistiamo a minacce o proponimenti di uscita di alcune componenti».

Vuol dire che non teme ripercussioni tra i DS se il PD andrà in porto?
«No. Non è vero che il PD è scisso dal comune sentire, basta pensare a tutte le occasioni in cui all’elettorato dell’Ulivo è stata data la possibilità di trovarsi in un unico contenitore. In tutte quelle occasioni la risposta è stata positiva. Gli elettori convengono sulla necessità del partito unico».

Magari non proprio tutti.
«Certo, una parte degli elettori dei DS e una parte di quelli della Margherita giudica negativamente il progetto, ma la stragrande maggioranza conviene sul fatto che le divisioni non sono più identificabili con i contenuti di una moderna cultura riformista. Questo è un sentimento diffuso soprattutto tra i giovani, che vedono il PD come uno strumento di rinnovamento della politica. Ora, ho rispetto per le titubanze, ma non possiamo confondere i desiderata dei dirigenti con i desiderata degli elettori».

Restano però temi di difficile soluzione. La questione identitaria, ad esempio.
«Io dico che non è un problema. Le identità, nei DS e nella Margherita, sono talmente sfuocate che non possono essere un riferimento per gli elettori. Mi spiego: il mondo è talmente cambiato che queste culture politiche, soprattutto se vanno separate, non possono contenere

Per leggere l'intera intervista, apri l'allegato che ti porta a Cronaca di martedì 20 marzo 2007

 


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