Il 1° gennaio 2003 Giorgio Gaber ci lasciava orfani del suo garbo e della sua
ironia. In una cartellina conservo una foto in bianco in nero ritagliata da un
settimanale. Il cantante è seduto sul sedile posteriore di una lambretta. Spalle
al conducente, chitarra in mano, osserva con un tenero sorriso il traffico di
una Milano primi Anni 60. Poche macchine, qualche camion, alcuni passanti sul
marciapiede. Un' immagine leggera, nel suo stile.
Qualche tempo dopo, cantava Giorgio Gaber: "Al Bar Casablanca, seduti
all' aperto, la birra gelata, guardiamo le donne, guardiamo la gente che va in
passeggiata. Con aria un po' stanca, camicia slacciata, in mano un maglione,
parliamo parliamo di proletariato, di rivoluzione.
Al Bar Casablanca, con una gauloise, l' amico con gli occhiali, e
sopra una sedia i titoli rossi dei nostri giornali, blue jeans scoloriti, la
barba sporcata da un po' di gelato, parliamo, parliamo, di rivoluzione, di
proletariato".
Negli anni dal 1976 al 1978 il mio Bar Casablanca è stato Il
Circolo Arci di Viadana (MN), il paese dove studiavo. Ero un rappresentante
degli studenti nel Consiglio di Classe e nel Consiglio di Istituto
della Ragioneria. Allora il cuore di ragazzo batteva a sinistra.
Frequentavo il Circolo Arci al pomeriggio. Sui tavoli del bar c' erano
La Repubblica, L' Avanti e L' Unità. Nella saletta al piano
di sopra c' era la macchina da scrivere con il ciclostile per preparare i
volantini in vista delle assemblee e dei cineforum. La mia specialità stava
nella scelta dei punti da porre nella scaletta della discussione e nella ricerca
degli esperti.
Talora mi avvalevo della collaborazione di tre insegnanti verso i quali nutro
ancora profonda gratitudine: Nadia Peppini (Italiano e Storia), Ignazio
Bonsignore (Diritto ed Economia) e Renzo Giuberti (Matematica). La
prof.ssa Peppini era una convinta femminista e una militante del Partito
Radicale. Spiegava bene, con entusiasmo, e premiava gli scritti. Ricordo l'
emozione provata quando presi il primo 9 (non ve ne furono molti altri). Un tema
sui Promessi Sposi. Sentivo l' argomento.
All' epoca Luisella e io eravamo compagni di banco, sposi non promessi. La
professoressa consigliava di scegliere, dopo il diploma, Lettere Moderne.
Ero incerto. Alla fine, il timore del latino - che non conoscevo - contribuì
alla scelta di Scienze Politiche da cui, del resto, ero attratto per lo
studio della storia e dell' economia.
Il prof. Bonsignore, invece, era un socialista. Veniva dalla Sicilia e dopo
pochi mesi che era con noi fu colpito da un grave lutto. Una malattia lo privò
della giovane moglie. Seppe reagire ritrovando le forze per crescere il piccolo
Gianluca, suo unico figlio. Mi piaceva perché le sue lezioni sconfinavano. La
cultura giuridico-economica diveniva sovente la base per escursioni nella
letteratura, nella storia e nella politica. Siamo diventati buoni amici.
Il prof. Giuberti, infine, trasmetteva il gusto del paradosso (vero o
apparente) riempendo la lavagna di formule finanziarie eleganti ma, avvisava,
inutili per la vita. Si batteva per i diritti civili e viaggiava, col suo
camper, nel Nord Europa.
All' apice di quella stagione partecipativa vi fu una autogestione (con parte
dei docenti) tra tutte le scuole di Viadana che si svolse nella Primavera del
1977 e che durò tre giorni: 23/24/25 Marzo. Vi furono film, concerti, dibattiti
e seminari. Vennero pure alcuni esperti, da sempre un mio pallino. Ritengo,
infatti, che qualsiasi discussione deve cercare di essere il più possibile
informata, altrimenti rischia di scivolare in uno sterile parlarsi addosso.
A distanza di circa 20 anni da quand' ero studente sono rientrato nell'
orbita scolastica come rappresentante dei genitori negli organi collegiali delle
scuole frequentate da Claudia.
Al fondo, la convinzione che - nel rispetto dell' autonomia didattica degli
insegnanti - il dialogo tra gli educatori responsabili della vita formativa dei
ragazzi sia un compito ineludibile di una società civile ordinata e, al tempo
stesso, l' espressione di una democrazia articolata.
E apro una parentesi. Rammento che uno degli slogan del programma elettorale
dell' Ulivo del 1996 fu: "scuola, scuola, scuola". Senz'altro una delle
frontiere del "resistere, resistere, resistere" enunciato nel 2002 da Francesco
Saverio Borrelli. Forse è il caso di riprenderlo perché nell'impegno per la
scuola sta il succo del discorso sul vincolo tra le generazioni da cui una
democrazia che si rispetti non può prescindere. Chiusa la parentesi.
A questo punto della narrazione devo presentare un amico, Flavio, che ho
conosciuto alla Università di Bologna. Ci ha unito la passione per l'
Inter, per l' Europa e per le lezioni del Prof. Gianfranco Pasquino,
docente di Scienza della Politica. Flavio veniva da Verona per la quale,
mi ha scritto una volta, vale quello che Woody Allen dice di New York : "era la
sua città, e lo sarebbe sempre stata". Dopo gli studi si è trasferito a Torino
dove lavora. Nel corso del 2000 mi ha cooptato in una mailing-list
composta, in prevalenza, da torinesi con simpatie uliviste. Un gruppo di
discussione che si è poi dato un nome, Odissea, evocativo dello spirito
di ricerca che lo animava. Una sorta di "bar virtuale" dove si andava per farsi
un' idea, per esprimere qualche pensiero ma, soprattutto, per scambiarsi
articoli di chi, usava dire, la sa meglio di noi. Si segnalavano, inoltre,
convegni, presentazioni di libri ed eventi simili.
Flavio era il regista o, come preferiva definirsi, il postino elettronico.
Esterofilo al punto giusto, proponeva, ogni tanto, qualche pezzo tratto da Le
Monde o dal New York Times. Ricorrendo a una associazione, mi viene
in mente il film Radio Freccia di Luciano Ligabue dove al bar di
Guccini c' è chi entra, chi esce, chi si ferma a chiacchierare. C' è poi chi
ascolta, a volte con continuità, altre volte distratto un po'. Vi sono persone
che parlano spesso, e a ragione; altre che non dicono nulla ma che ritornano a
quel bar tutti i giorni. Piace loro l' atmosfera, l' oste, i giornali. Ebbene,
Flavio era il nostro Guccini; serviva riflessioni anziché bicchieri, ma con pari
sagacia.
Tra le altre presenze attive ricordo: il Senatore Franco Debenedetti che
partecipava al dibattito e ci inviava per conoscenza i suoi articoli per La
Stampa, Il Sole-24 Ore e Panorama; Laura che paragonava
Odissea a un vasetto di miele per orsi curiosi e sollecitabili; Dunia, penna
ironica e corrosiva, affezionata al suo Circolo Gramsci; Alberto, esperto
di analisi dei mercati, che nei suoi messaggi ci aiutava a capire come l'
economia reale e l' economia finanziaria sono due lati inscindibili della
medesima medaglia; Gigi, DS-Liberal, per il quale la sinistra o è di
governo o non è; Roberto che, invece, era per una sinistra antagonista e di
opposizione; Giuliano, il suo rapporto con Odissea era un po' carsico ma
quando interveniva sui servizi sociali brillava per rigore schematico; Davide,
La Margherita, vulcanico e con punte di idealismo persino commoventi;
Effiong, la cui rapidità di osservazione era direttamente proporzionale alla
velocità delle corse che faceva lungo i viali alberati di Torino; Mario, la voce
dalla Sicilia, l' impegno per il valore della legalità nella sua isola bella e
martoriata.
Infine c' era un amico che si celava sotto lo pseudonimo Kurtz, l'agente
commerciale di avorio alter ego del capitano Marlowe nel romanzo di Joseph
Conrad Cuore di tenebra (Ed. Feltrinelli). Lui era il nostro piccolo
Arbasino.
È grazie a Odissea che ho recuperato un concetto: esiste la
costruzione collettiva del pensiero o, più semplice, ogni pensiero individuale
si avvale dell' apporto altrui. Non sarà una religione ma a questa forma di
aiuto reciproco mi sento devoto. In fondo, la cosa che pure adesso mi da più
soddisfazione - sorrisi di Claudia a parte - è chiudere la giornata sapendo di
aver imparato qualcosa di nuovo. E quando capita di apprendere dagli amici, il
tepore umano conferisce valore aggiunto alla conoscenza. Il concetto del
"pensare insieme" deriva da Platone, mi ha poi spiegato Annamaria, insegnante di
filosofia. Lei lo sa bene perché negli anni della sua professione ha scritto,
con alcuni colleghi, diversi libri per la scuola. Poi, in pensione, ha risieduto
per un periodo a Berlino, luogo che riaffora alla memoria per una vacanza con
Luisella nel 1994 a Praga e in parte dell' ex DDR, con tappa nella capitale
della Germania riunita. Venivamo da Dresda, ancora ferita dai bombardamenti del
1945 ma bellissima coi suoi musei e le panchine sull' Elba. A Berlino
alloggiavamo all' Hotel Modena, media categoria.
Era al 2° piano di un vecchio palazzo il cui ascensore era ancora di quelli a
gabbia.
All' ingresso vi era una saletta zeppa di giornali, in varie lingue e alcune
poltrone per leggere e riposare. La colazione poi era servita in un' ampia
stanza a parquet su dei tavolini rotondi di un bel legno caldo. Ogni
tanto, con Luisella, quando ripensiamo a quel viaggio, ci diciamo "che
camminate!". Km lungo i viali che portano alla Porta di Brandeburgo e
poi, più giù, ad Alexanderplatz sotto l' alta torre della televisione
sulla cui cima c' è un ristorante con una vista panoramica a 360° sulla città.
Le lunghe passeggiate si svolgevano sotto un cielo luminoso e spesso cangiante.
Per questo credo di capire Annamaria quando diceva che, a volte, mentre se ne
stava seduta al suo computer, catturava idee guardando fuori il cielo sopra
Berlino, titolo e metafora del celebre film di Wim Wenders. Annamaria,
dunque, era la voce di Odissea dal Centro Europa. L' esperienza con il
newsgroup è terminata nel 2003. La custodisco nello scrigno dei ricordi cari.
A Giorgio Gaber