15 Settembre, 2002
Presidenziali Usa: McCain, la politica estera di un falco pragmatico
Alessandro Marrone in www.affarinternazionali.it - Lunedì 18 febbraio 2008
Cosa dovrebbero aspettarsi gli europei da una presidenza McCain? Ora
che il senatore dell'Arizona sembra inesorabilmente lanciato verso la
nomination repubblicana l'interrogativo sta acquisendo una crescente
attualità. Su alcune questioni di politica estera che hanno diviso
Usa ed Europa, ad esempio la prigione di Guantanamo e il
riscaldamento climatico, McCain ha preso posizioni che si discostano
significativamente da quelle di Bush, ma su altre, come
l'atteggiamento verso l'Iran o la Russia, ha un approccio da "falco"
che darebbe presumibilmente non pochi grattacapi agli europei.
Il nodo dell'Iraq
La posizione più nota e controversa è quella sull'Iraq. McCain si
dice convinto della necessità di stabilizzare il paese per evitare
che una sua implosione getti nel caos la regione, rafforzi Iran e
Siria e metta a rischio la sicurezza di Israele. Il candidato
repubblicano si è sempre opposto all'ipotesi di ritirare le truppe
americane. In un'intervista a "The New York Times" dell'aprile 2007,
sosteneva che di fronte alla minaccia terrorista non è possibile un
ritiro dall'Iraq come quello effettuato dal Vietnam, "perché se ci
ritiriamo, loro ci seguiranno, e avremo una nuova serie di pericoli
per la sicurezza nazionale". Sin dal 2003 McCain ha anzi sostenuto la
necessità di aumentare le truppe nel paese e di adottare una
strategia di controguerriglia finalizzata al controllo del
territorio, criticando duramente l'amministrazione Bush per aver
sottovalutato i rischi della fase successiva al rovesciamento di
Saddam Hussein. Oggi che tale strategia – il cosiddetto "surge"
attuato dal generale Petraeus – ha migliorato la situazione della
sicurezza in Iraq (gennaio è stato il mese che ha registrato meno
vittime americane da due anni a questa parte), McCain insiste sul
mantenimento della presenza militare, sull'addestramento delle forze
armate irachene, e sulla riconciliazione politica indispensabile per
la stabilizzazione del paese.
La posizione sull'Iraq è ovviamente la più contestata dai
democratici, che invece hanno condiviso con il senatore repubblicano
una linea su due importanti temi: la prigione di Guantanamo e
l'utilizzo da parte della Cia di metodi di interrogatorio
assimilabili a tortura. McCain, che è stato profondamente segnato
dalla sua esperienza di prigioniero dei vietcong per cinque anni, ha
recentemente affermato che il carcere cubano deve essere chiuso e i
detenuti trasferiti in adeguate prigioni negli Stati Uniti e trattati
in conformità alla Convenzione di Ginevra. Inoltre, nel 2005 ha
promosso l'approvazione bipartisan al Senato del "Detainee Treatment
Act", che proibisce "trattamenti e punizioni crudeli, inumani o
degradanti" e limita le tecniche di interrogatorio utilizzabili dalle
agenzie americane alle diciannove elencate nell'Army Manual Field.
McCain ha però appoggiato nel 2006 il "Military Commission Act", che
autorizza il presidente a permettere alla Cia l'utilizzo di metodi di
interrogatorio più duri purché non violino la Convenzione di Ginevra.
Il tema dell'immagine americana nel mondo e dell'equilibrio tra
sicurezza nazionale e diritti umani è tornato alla ribalta con la
vicenda del "waterboarding", la tecnica di interrogatorio della Cia
considerata dai democratici e da McCain illegale perché assimilabile
a tortura. Lo scorso 14 febbraio la maggioranza democratica in
Congresso ha approvato un provvedimento che vieta il waterboarding e
altre dure tecniche di interrogatorio, ma in questa occasione il
senatore dell'Arizona ha votato contro accusando la legge di essere
troppo restrittiva per l'intelligence americana, e di indebolire così
la sua capacità di reperire informazioni.
Questione ambientale
Un altro tema che vede McCain discostarsi nettamente dalla linea
dell'amministrazione Bush è il riscaldamento climatico. Partendo dal
presupposto, in verità ancora controverso in America, che l'aumento
della temperatura mondiale sia una minaccia reale dovuta anche
all'emissione di gas serra, McCain si è detto pronto a valutare la
partecipazione degli Stati Uniti al protocollo di Kyoto a patto che
vi partecipino anche i maggiori paesi produttori di emissioni come
Cina e India. Nel 2007 ha inoltre appoggiato in Senato un disegno di
legge volto a introdurre negli Stati Uniti un sistema obbligatorio di
limitazione e commercio delle emissioni simile a quello europeo.
Su altri grandi temi della politica estera americana l'approccio del
senatore è quello realista della tradizione repubblicana, privo delle
connotazioni ideologiche dei neo-conservatori. In merito alla
questione del nucleare iraniano, la via maestra da seguire, secondo
McCain, è quella della pressione politica ed economica nei confronti
di Teheran, attraverso sanzioni da adottare nel Consiglio di
Sicurezza, o se ciò non fosse possibile tramite un accordo con
l'Europa. L'anno scorso il senatore dell'Arizona ha sostenuto,
assieme ad altri settanta colleghi repubblicani e democratici tra cui
Hillary Clinton, un disegno di legge per inasprire le sanzioni
economiche contro l'Iran. In seguito ha anche appoggiato una
risoluzione non vincolante,votata anch'essa da diversi democratici
compresa la senatrice di New York, per chiedere al Dipartimento di
Stato americano di includere le Guardie rivoluzionarie iraniane nella
lista nera dei gruppi terroristici.
McCain ha inoltre escluso una trattativa ad alto livello e senza pre-
condizioni con l'Iran, dichiarando però di voler mantenere aperti i
canali di comunicazione con Teheran contemporaneamente all'incremento
della pressione internazionale. Secondo il senatore repubblicano,
l'uso della forza rimane l'opzione estrema ma non può essere esclusa
a priori perché, ha sottolineato più volte, va in ogni caso impedito
all'Iran di dotarsi dell'arma atomica.
Rimanendo ancora nell'ambito mediorientale, McCain sostiene
sull'Afghanistan una posizione simile agli altri candidati alla Casa
Bianca : ha infatti chiesto agli alleati europei della Nato più
truppe e meno restrizioni al loro impiego, oltre a un maggiore
impegno nell'addestramento dell'esercito afgano e nell'assistenza
alle istituzioni giudiziarie e di polizia. Il senatore dell'Arizona
ha più volte ribadito che quella in Afghanistan è una battaglia
cruciale nella campagna contro Al Qaeda, e che una presenza militare
permanente degli Stati Uniti nella regione è vitale per la sicurezza
nazionale americana.
I rapporti con la Russia
Quanto al rapporto con la Russia McCain, che è abbastanza in là con
gli anni da ricordare bene i tempi della Guerra Fredda, sostiene una
posizione estremamente dura nei confronti dell'attuale leadership
russa. In primo luogo, ha denunciato apertamente l'uso politico da
parte russa delle forniture energetiche all'Europa e le restrizioni
alle libertà politiche attuate da quella che ha definito, senza mezzi
termini, la "cricca di ex agenti dei servizi segreti" oggi al potere
al Cremlino. Convinto che occorra un nuovo approccio occidentale
al "revanscismo russo", McCain si è spinto sino a chiedere
l'esclusione di Mosca dal G8 - dove vorrebbe invece che fossero
rappresentati Brasile e India - per restaurare l'originaria natura
democratica del vertice. Il senatore repubblicano, inoltre, si è
schierato con decisione a favore della costruzione dello scudo anti-
missili balistici in Europa orientale, progetto fortemente avversato
dai russi. Infine, in un recente articolo su Foreign Affairs ha
ribadito che la Nato deve restare aperta all'ingresso di altri paesi
impegnati nella difesa dei valori di libertà e democrazia, con un
chiaro riferimento all'adesione di Ucraina e Georgia che Mosca vede
con il fumo negli occhi. Una linea del genere, se McCain fosse eletto
presidente, porterebbe probabilmente a una crisi delle relazioni con
la Russia e metterebbe in seria difficoltà i paesi europei, che
cogenti ragioni geografiche ed economiche spingono alla cautela nei
rapporti con Mosca.
La Lega delle democrazie
Un'altra posizione di McCain che potrebbe creare difficoltà agli
europei, ma anche spingerli ad assumersi le proprie responsabilità
nell'arena internazionale, è quella relativa all'Onu e alla
cosiddetta "Lega delle democrazie". Da un lato infatti il senatore
repubblicano conferma che gli Stati Uniti devono mantenere il loro
impegno politico, economico e militare nelle Nazioni Unite,
dall'altro pone l'esigenza di un coordinamento delle democrazie del
mondo per promuovere i valori comuni di libertà e democrazia. In
quest'ottica lancia la proposta di una Lega delle democrazie, che sia
complementare e non sostitutiva delle Nazioni Unite e delle altre
organizzazioni internazionali esistenti: dovrebbe funzionare come un
forum nel quale gli Stati democratici potrebbero ad esempio
coordinare la pressione internazionale su dittature come quella
birmana o gli aiuti alle forze democratiche serbe e ucraine.
Coerentemente con tale impostazione, McCain chiede ai paesi europei
un maggiore impegno nel mantenere la stabilità internazionale, e
guarda con favore agli sforzi dell'Unione Europea di parlare con una
sola voce in politica estera. A proposito del rapporto
transatlantico, infine, afferma che, per esercitare la propria
leadership mondiale, gli Stati Uniti devono essere prima di tutto un
buon alleato, cioè "devono impegnarsi a convincere i paesi amici
delle proprie ragioni ed essere disponibili ad essere convinti dalle
loro": un atteggiamento che appare tendenzialmente più aperto e
cooperativo di quello dell'amministrazione Bush e che potrebbe
effettivamente rivelarsi più efficace nel sollecitare gli europei a
maggiori assunzioni di responsabilità sia al livello transatlantico
che al livello globale.
Alessandro Marrone è assistente alla ricerca presso lo Iai.
 
Fonte: Affari Internazionali
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