15 Settembre, 2002
La Scuola e la Laicità dopo la sentenza del Tar del Lazio. di Roberta Mozzi
Leggiamo con preoccupazione una comunicazione che il Dirigente Scolastico del V Circolo Didattico di Cremona ha indirizzato ai genitori degli alunni delle scuole da lui dirette: 4 primarie e 4 dell’infanzia
La Scuola e la Laicità dopo la sentenza del
Tar del Lazio.
Leggiamo con preoccupazione una comunicazione
che il Dirigente Scolastico del V Circolo
Didattico di Cremona ha indirizzato ai genitori
degli alunni delle scuole da lui dirette:
4 primarie e 4 dell’infanzia.
La collocazione è il notiziario del circolo
“Crescere insieme” all’interno del quale,
tra le “novità” è così scritto:” Il Regolamento
sulla Valutazione del Ministero della PI
ha contenuto gli effetti devastanti della
sentenza laicista del Tar del Lazio che vuole
retrocedere dalla Scuola l’insegnamento della
cultura religiosa…insegnamento scelto liberamente
dalle famiglie, anche straniere…insegnamento
culturale e non confessionale, per coloro
che hanno interesse a conoscere ciò che la
Chiesa cattolica crede e professa e come
strumento per capire la nostra cultura e
la nostra storia. E’ noto che tale insegnamento
produce ricchezza culturale, conoscitiva
ed etica ed è fonte di valori etici, spirituali
e sociali.”. Innanzi tutto, ci sembra che
l’etichettare come “laicista” una sentenza
emessa dalla giustizia amministrativa sia
scorretto, in quanto giudizio di merito del
Dirigente Scolastico che è dirigente dello
Stato e dovrebbe accettare una sentenza come
tale. Non perché avere un’opinione non sia
lecito, ma perché sembra poco corretto che
questa opinione venga comunicata come “Verbo”
ai genitori. Va detto, per inciso, che la
sentenza cui si fa riferimento, la 7076,
riguarda unicamente gli alunni dell’ultimo
anno delle scuole secondarie all’atto dell’ammissione
agli Esami di Stato. Inoltre ci piacerebbe
sapere se il notiziario, che è voce dell’istituzione
scolastica nel suo complesso, sia condiviso
anche dai docenti. Ci stupiamo anche che
si plauda al comportamento del ministro Gelmini
che, senza appellarsi al Consiglio di Stato,
come aveva annunciato a caldo immediatamente
dopo la sentenza, ottiene il massimo col
minimo sforzo. Pubblica direttamente sulla
Gazzetta Ufficiale il “Regolamento per la
valutazione degli alunni”, inserendo nell’art.6
“il consiglio di classe, cui partecipano
tutti i docenti della classe, compresi gli
insegnanti di educazione fisica, gli insegnanti
tecnico-pratici (...) i docenti di sostegno,
nonché gli insegnanti di religione cattolica
limitatamente agli alunni che si avvalgono
di quest'ultimo insegnamento, attribuisce
il punteggio per il credito scolastico” comportandosi
come nulla fosse, come se i giudici non avessero
mai emesso la sentenza n. 7076 che stabiliva
l'esatto contrario, accogliendo le istanze
di chi non frequentando l'ora di religione
veniva «discriminato» (così viene motivata
la sentenza del Tar) e scippato dei crediti
formativi utili in sede di esame di Stato.
Un’altra cosa che ci domandiamo, al di là
delle considerazioni del tutto personali
del Dirigente sul valore dell’insegnamento
della religione cattolica, è se egli abbia
tenuto in egual conto quanto stabilito da
quel trattato internazionale che va sotto
il nome di Concordato, articolo 9, comma
2: “Nel rispetto della libertà di coscienza
e della responsabilità educativa dei genitori,è
garantito a ciascuno il diritto di scegliere
se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento...
senza dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”,
cioè abbia trovato modo, nonostante i tagli
in termini di finanze e di personale docente
operati dal ministro Gelmini, di garantire
a tutti gli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento
della Religione Cattolica (IRC) l’attivazione
dell’attività alternativa, qualora l’abbiano
richiesta.
Ma qui si aprirebbe un capitolo lungo e,
purtroppo, mai risolto. Invece di interrogarsi
se introdurre l’ora di religione islamica
nelle scuole (e chi paga gli eventuali docenti
qualcuno se lo chiede?), perché non cominciare
a discutere seriamente su come garantire,
in una scuola laica, il diritto di una minoranza
secondo quanto sancito dalla Costituzione,
dal Nuovo Concordato del ’84, dalle leggi
applicative, dai pronunciamenti della corte
Costituzionale e della Giustizia Amministrativa,
dalle stesse circolari ministeriali che impongono
la piena facoltatività dell’IRC e, contestualmente,
il pari diritto dei non avvalentisi a veder
rispettate le proprie libere scelte: un’attività
formativa con apposito docente, studio individuale
libero o assistito, la possibilità di assentarsi
dalla scuola. Trattandosi di DIRITTI sarebbe
obbligo dell’amministrazione scolastica assicurarne
la fruibilità.
Roberta Mozzi
Sinistra e libertà Cremona
 
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