15 Settembre, 2002
Il lavoro non è una merce.
Cremona: la Cgil sciopera il 3 ottobre
“Il lavoro non è una merce”: sciopero e assemblee
della CGIL contro la Legge 30 sul mercato
del lavoro.
Scioperi e assemblee contro la Legge 30 in
tutto il territorio lombardo.
A Cremona scioperano il 3 ottobre quasi tutte
le categorie, tranne la scuola e l’artigianato
Sono moltissime anche nella nostra regione
le assemblee che si sono tenute e si terranno
in questi giorni nei luoghi di lavoro in
occasione delle due ore di sciopero indette
dalla Cgil a livello nazionale contro la
Legge 30 ed i suoi decreti attuativi che,
destrutturando il mercato del lavoro, cancellano
diritti e tutele, precarizzano il lavoro,
affossano la contrattazione e compromettono
uno sviluppo qualitativamente forte del sistema
paese, lasciando le lavoratrici e i lavoratori
più deboli e più soli..
Al centro della mobilitazione, che ha come
parola d’ordine Il lavoro non è una merce,
le proposte della Cgil contenute in 4 disegni
di legge, sostenuti da oltre 5 milioni di
firme, per difendere e ampliare i diritti
dei lavoratori.
La Segreteria della CGIL Lombardia ha proclamato
le due ore di sciopero con una possibilità
di articolazione territoriale nel periodo
compreso tra mercoledì 10 settembre e venerdì
3 ottobre 2003.
--------------------------------------------------------------------------------
LA NOSTRA BATTAGLIA PER I DIRITTI NON SI
FERMA
Da settembre è in vigore il decreto attuativo
della delega sul lavoro, che rende il lavoro
precario, manomette il sistema di norme e
tutele che compone il diritto del lavoro,
affossa la contrattazione, frantuma e rende
ingestibile il mercato del lavoro lasciando
le lavoratrici e i lavoratori più deboli
e più soli. E’ un vero manifesto ideologico.
Tanti nuovi e indecenti rapporti di lavoro,
quasi tutti a termine e individualizzati.
Il governo ha dichiarato che l’Italia avrà
il mercato del lavoro più flessibile d’Europa
e che così s’incrementerà l’occupazione.
Ma di quale occupazione parlano! Qualche
lavoretto precario e saltuario farà, forse,
aumentare il numero statistico degli occupati,
ma non è un lavoro, un lavoro dignitoso quello
che ci propongono .
Un lavoro è dignitoso quando può contare
su una buona protezione contro i licenziamenti,
sulla certezza di avere percorsi professionali
e di qualifica, sulla certezza del reddito
e della futura pensione, sulla sicurezza
sul lavoro, sulla garanzia di poter avere
una rappresentanza. Di tutto ciò non c’è
traccia nel decreto.
Il super market della precarietà
L’impresa potrà scegliere tra più di 40 contratti
di lavoro (somministrazione, lavoro intermittente,
contratto di inserimento, lavoro condiviso,
contratto di progetto ecc.) con meno tutele
e senza un reale diritto alla retribuzione
in caso di malattia e infortunio, senza una
copertura previdenziale dignitosa, con il
lavoratore sempre a disposizione dell’impresa.
Si stravolge il principio base del diritto
del lavoro (lavoratori e datori non sono
ugualmente forti), trasformando il rapporto
di lavoro in un rapporto meramente commerciale,
dove il lavoratore e il datore sono dotati
di eguale potere e possono quindi “liberamente”
accordarsi tra loro, senza una cornice di
tutele collettive come i contratti nazionali
.
Un esempio: con il nuovo contratto di somministrazione
a tempo indeterminato un lavoratore potrà
lavorare per tutta la vita dentro un’azienda
(per esempio la Mario Rossi spa), ma essere
dipendente di un’altra (la Paolo Bianchi
somministrazione srl). Non avrà quindi diritto
a nessuna tutela tipica dell’azienda in cui
lavora effettivamente (per esempio l’articolo
18), di quel settore, di quel contratto nazionale,
perché formalmente lui, lì dentro, non esiste.
E non è vero che tutto ciò non riguarderà
i dipendenti pubblici: è pronto un tavolo
specifico per l’estensione delle nuove norme
anche alla pubblica amministrazione.
Terziarizzazioni e appalti “facili”
Con la Legge 30 sarà possibile dividere un’azienda
in più parti anche se non vi è nessuna esigenza
produttiva, né autonomia funzionale preesistente
del ramo d’azienda da cedere (prima era obbligatorio
che, per cedere una parte dell’azienda, questa
fosse già prima della cessione dotata di
autonomia organizzativa, o finanziaria o
contabile).
Siamo in presenza di possibili “spezzatini”
del ciclo produttivo fatti senza alcun controllo
e di una frantumazione delle soglie dimensionali
dell’impresa (da un’impresa di 16 dipendenti,
ad esempio, creandone un’altra con i tre
operai addetti alla manutenzione, si avrà
così un “sistema” di 13 dipendenti + 3, e
nessuno di loro godrà più della cassa integrazione).
Sarà possibile inoltre moltiplicare gli appalti
e i sub appalti: questo vuol dire meno tutele
contrattuali, salari più bassi, niente ammortizzatori
sociali - anche per chi fino a ieri ne era
provvisto.
Torna il caporalato
Con la Legge 30 viene abolita la legge 1369/60,
che vietava il caporalato. Tanti soggetti
privati potranno fare affari facendo intermediazione
di manodopera: agenzie private, Camere di
commercio, Comuni, scuole e università pubbliche
e private, organizzazioni sociali, associazioni,
Consiglio dei consulenti del lavoro, enti
bilaterali.
I lavoratori con meno formazione, i più anziani,
le donne e gli immigrati non saranno un buon
affare per questi soggetti e allora i servizi
pubblici per l’impiego, con sempre meno risorse,
diverranno una sorta di collocamento per
gli “ultimi della terra”.
Un colpo grave alla contrattazione
Si colpisce al cuore il sistema contrattuale
basato sui 2 livelli: uno nazionale di garanzia
per tutti e uno aziendale o territoriale.
Su molte materie, gli accordi nazionali che
diranno quando e perché ricorrere alle nuove
tipologie di lavoro potranno infatti essere
sempre sostituiti da eventuali accordi peggiorativi
territoriali o aziendali.
C’è chi dice che la legge rinvia spesso alla
contrattazione tra le parti, ma è un trucco:
diverse nuove tipologie contrattuali saranno
utilizzabili sempre dall’azienda, anche in
settori produttivi importanti, perché lo
dice direttamente la legge (per esempio nella
somministrazione a tempo indeterminato per
pulizia, custodia, informatica, call center,
nuove attività nel Sud ecc.).
E se per caso, passati pochi mesi, ancora
non ci dovesse essere un accordo tra le parti
sociali (anche separato, che la legge legittima),
il ministro del Lavoro potrà regolare tutto
con un decreto, sostituendosi ai sindacati.
La formazione? Un optional
Il nuovo contratto di apprendistato potrà
durare fino a 6 anni, l’apprendista essere
inquadrato 2 livelli sotto rispetto alla
qualifica finale e addirittura potrà cominciare
a 15 anni (altro che formazione per tutta
la vita…). Gli apprendisti saranno inoltre
poco tutelati, non essendo previsto un diritto
all’indennità di malattia e non essendo computati
per determinare le soglie dell’impresa. Sparisce
anche l’obbligo ad almeno 120 ore anno di
formazione da fare fuori dall’azienda.
I Contratti di formazione lavoro saranno
sostituiti dal nuovo contratto di inserimento:
i lavoratori saranno inquadrati 2 livelli
sotto, con la possibilità - eventuale e non
certa - di essere formati. L’azienda continuerà
a ricevere tante agevolazioni senza che questi
lavoratori siano computati nell’organico
e, in caso di nuove assunzioni sempre con
contratto di inserimento, l’azienda potrà
farlo godendo di una specie di “bonus” rispetto
ai vincoli prima previsti per i Cfl. La vecchia
norma permetteva infatti di assumere con
nuovi Cfl solo se l’impresa aveva confermato
in servizio almeno il 60% dei vecchi contrattisti.
Per i contratti di inserimento tale obbligo
si riduce al mantenimento in servizio del
60% meno 4 lavoratori (per esempio, se un’azienda
aveva assunto 10 lavoratori in Cfl, per poter
assumere nuovi lavoratori con lo stesso tipo
di contratto doveva aver mantenuto in attività
almeno 6 lavoratori; con il contratto di
inserimento basta che ne abbia mantenuti
2).
Lavoro a chiamata: il futuro impossibile
Un’impresa potrà impiegare, con un preavviso
di un giorno un lavoratore, retribuendolo
solo per le ore di lavoro effettivamente
svolte, più un’indennità di disponibilità.
Tale indennità potrà essere erogata anche
in deroga ai minimi contributivi, in caso
di malattia non sarà erogata e in caso di
mancata risposta (anche una volta soltanto)
dovrà essere restituita (il contratto potrà
anche essere rescisso e il lavoratore citato
per danni). Il lavoratore non saprà mai quanto
percepirà davvero in un determinato periodo,
in attesa di una chiamata, magari per lavorare
solo poche ore.
Part-time: sempre peggio
Vengono colpiti molti diritti individuali
del lavoratore part-time. Se l’impresa vuole,
con la Legge 30, potrà imporre lavoro supplementare
o spostamenti di giornate senza più l’obbligo
di avere il consenso del lavoratore. O meglio
se il lavoratore rifiuterà le variazioni
temporali chieste dall’impresa potrà essere
soggetto a provvedimenti disciplinari (e
dopo 3 provvedimenti scatta il licenziamento).
Sparisce anche il diritto del lavoratore
al ripensamento: una volta “accettate” le
modifiche non si può più tornare indietro.
Collaboratori senza diritti
Non solo i co.co.co non spariranno (gli attuali
contratti di collaborazione possono durare
ancora uno o più anni), ma cambieranno solo
di nome (diverranno lavoratori a progetto),
sempre rinnovabili e pagati come lavoratori
autonomi, senza diritto alcuno. Infatti,
in caso di malattia o infortunio, il rapporto
si sospende senza maturare nulla né ricevere
un solo euro di indennità e senza proroga
del contratto; se le assenze superano poi
i 30 giorni (in caso di durata non definita
del progetto), o un sesto della durata definita,
il rapporto terminerà automaticamente.
Una certificazione contro i lavoratori
Con le nuove norme sulla certificazione,
all’interno dei nuovi enti bilaterali, potrà
essere lo stesso sindacato a rendere più
difficile per i lavoratori far rispettare
i propri diritti, certificando la tipologia
contrattuale e le modalità di svolgimento
dell’attività. Certificazione che avrà valore
legale anche verso terzi (Inps ecc.). Sarà
anche possibile per il lavoratore, decidere
“liberamente” (del tipo: “se vuoi un lavoro
prima passiamo insieme dall’ente bilaterale”)
di rinunciare in anticipo ad alcuni sui diritti
(premio di produzione, gratifiche ecc.) e
il sindacato “metterà i bollini” su tutto
questo.
LA CGIL HA RACCOLTO 5 MILIONI DI FIRME, TRADOTTI
IN
4 DISEGNI DI LEGGE, PER DIFENDERE E AMPLIARE
I DIRITTI DEI LAVORATORI
 
|