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15 Settembre, 2002
No alla intolleranza, Si alla solidarietà.
Le fiaccole della Lega Lombarda appartengono alla libertà di pensarla diversamente, non certo alla cultura del diritto e della solidarietà . di Daniela Polenghi

No alla intolleranza, Si alla solidarietà.
Le fiaccole della Lega Lombarda appartengono alla libertà di pensarla diversamente, non certo alla cultura del diritto e della solidarietà . di Daniela Polenghi

Mi sembra innanzitutto necessario chiarire una questione di fondo: la fiaccolata della Lega (fa tristezza tra l’altro vedere associato il simbolo della fiaccola, della luce tradizionalmente legato alla pace, alla fratellanza piegato a significati opposti ed oscuri) non è tanto contro il voto agli immigrati, ma è contro gli immigrati stessi intesi come persone portatrici di valori umani e cittadini titolari di diritti. Qui infatti sta il discrimine: a partire dall’art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, secondo la quale ogni individuo ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, e di potervi ritornare, alla Convenzione di Strasburgo, il diritto internazionale ha preso atto dei diritti umani e civili dei migranti e molti paesi del mondo sviluppato comprendono che non può esservi vera integrazione senza l’esercizio di questi diritti; dall’altra parte vi è una cultura visceralmente razzista, come quella leghista, per cui il mantenimento degli immigrati nella condizione di stranieri alla comunità dove vivono è funzionale ad una logica secondo cui essi sono semplicemente una forza lavoro necessaria finchè utile all’economia locale e da espellere quando l’utilità viene meno. E’ indispensabile a questa concezione rappresentare gli immigrati come persone inferiori umanamente e culturalmente, potenzialmente pericolose e quindi non degne di entrare con parità di diritti nella società civile.
Ma di quale contesto, di quale mondo stiamo parlando quando parliamo di migranti? Davvero pensiamo che moltitudini di persone affronterebbero lo sradicamento dalla patria, dalla casa, dalla famiglia, dalla religione, dalle tradizioni rischiando (e spesso perdendo) la vita se non fossero spinte dall’impossibilità di avere una se pur minima speranza di riscatto per sé e per i propri figli? Davvero pensiamo di poter semplicemente continuare a erigere muri per proteggere il nostro benessere quando l’86% della popolazione mondiale (5,3 miliardi di persone) ha un PIL (prodotto interno lordo) pro capite che è la metà della media del PIL pro capite mondiale? Davvero pensiamo di poter continuare a proteggere la nostra agricoltura dando contributi dai 2 ai 4 euro al giorno ad ogni vacca europea quando i 2/3 dell’umanità vive con meno di 2 dollari al giorno? E’ ovvio che la risposta deve essere NO, non solo per un elementare senso di giustizia, ma anche per non essere tutti vittime di conflitti planetari di cui terrorismo internazionale ed integralismi estremi sono oggi pericolosissimi segnali.
La strada è quindi quella dell’inclusione, del riconoscimento del valore della diversità, ovviamente dentro un sistema di regole condivise, dell’affermazione dei diritti sociali (lavoro, salute, istruzione, casa) e umani, di cui la libertà religiosa è valore fondante. Se l’ottica è questa, mi sem bra che iniziare un percorso per attribuire a chi stabilmente vive, lavora, paga le tasse, consuma, magari acquista una casa in mezzo a noi e come noi anche il diritto elettorale per la formazione degli organi di rappresentanza e di governo delle comunità locale sia una semplice e logica conseguenza. Forse allora smetteremo tutti di distinguere fra noi e loro e saremo tutti cittadini con pari dignità. Le fiaccole di domani appartengono alla libertà di pensarla diversamente, non certo alla cultura del diritto e della solidarietà.
Daniela Polenghi assessore Provincia di Cremona

 


       



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