15 Settembre, 2002
Manifestazione del 25 aprile a Cremona
Saluto di Gian Carlo Corada – Presidente della Provincia di Cremona
Manifestazione del 25 aprile a Cremona
Saluto di Gian Carlo Corada – Presidente della Provincia di Cremona
Affollato corteo stamattina per la celebrazione del 25 aprile. In Piazza del Comune hanno preso la parola il Presidente della Provincia Gian Carlo Corada, il Sindaco Paolo Bodini, il Segretario nazionale dei Partigiani Cristiani Felice Ziliani e Gabriele Zeliani, Vice Presidente della Coonsulta provinciale degli studenti.
Di seguito segnaliamo l'intervento del Presidente Gian Carlo Corada
Anche quest’anno ricordiamo l’anniversario della Liberazione del nostro Paese dagli occupanti nazisti e dal fascismo. Una pagina importante nella storia italiana, che fu scritta dalle truppe alleate con il contributo determinante dei partigiani italiani, a chiusura del periodo buio della dittatura, per aprire la strada alla libertà, alla nascita della Repubblica ed alla nuova Costituzione.
Da questa splendida piazza, sono onorato di portare ancora una volta la mia testimonianza a questa manifestazione legata al 25 aprile: una ricorrenza fondamentale per la storia della democrazia, che intendiamo sottolineare, nello spirito della celebrazione e dell’attualità. Senza alcuna inclinazione retorica.
Il 25 aprile è la festa degli italiani e della libertà. E’ una ricorrenza, sul taccuino della Storia e della Democrazia. E’ una memoria dolorosa, bagnata di sangue. E’ l’architettura corale di un atto di disubbidienza collettiva, per dire ‘NO’ al regime fascista, per dire NO alla guerra, alle leggi razziali, alle deportazioni, all’abominio della razza, ad Auschwitz, Buchenwald, Dachau e ai forni crematoi per ebrei, omosessuali, zingari, malati di mente, comunisti. Per tutti coloro che regimi abominevoli consideravano i ‘diversi’, sulla base di assurde considerazioni razziali, culturali e politiche.
Dobbiamo tornare a parlare di questi drammi, al di fuori di una logica ritualistica, di circostanza, ma con vera, autentica passione democratica. Nel rispetto dei martiri e di chi ha sacrificato per la conquista della libertà il proprio personale destino.
E’ con questa tensione forte che anche quest’anno ci ritroviamo a salutare il 25 aprile, per fare memoria, per non dimenticare le origini della nostra libertà e della nostra democrazia.
Alla Liberazione dell’Italia si giunse grazie al sacrificio di tanti giovani che – pur appartenendo ad un ampio ed eterogeneo schieramento politico (dai comunisti ai militari monarchici, passando per i gruppi cattolici, socialisti ed azionisti) si chiamavano con un solo nome: partigiani. Ma la Resistenza ebbe molti volti, non solo quello dei partigiani. Resistenti furono anche i civili che li aiutarono, i preti che li nascosero, i militari che si schierarono con il Regno del Sud, i prigionieri di guerra che si rifiutarono di andare a Salò.
La celebrazione, il ricordo, l’impegno democratico non cercano divaricazioni strumentali, ma pretendono la verità. Solo in questa logica si può riconoscere al 25 aprile il giusto valore fondante e dare seguito alla costruzione di una moderna teoria dello Stato, nel solco di quella testimonianza forte di autonomia, che armò coralmente partigiani ed alleati, liberi finalmente da tutti i demoni della storia, da ogni possibile deformazione ideologica.
Va detto con chiarezza che non esiste una storia sacra, anzi, La storia è un processo di ricostruzione lento e meticoloso, che va arricchito ogni giorno di nuovi approfondimenti, di nuove testimonianze e riflessioni. Ciò tuttavia non ha nulla a che spartire con un improponibile revisionismo. Una specie di livella del tempo, come quella recentemente vagheggiata, capace di trasformare il 25 aprile nel giorno della pacificazione nazionale, nel ricordo di tutte le vittime.
Nel compiangere i morti di tutte le parti, non possiamo evitare di sottolineare che la Resistenza fu una guerra per la libertà. I morti della Resistenza sono eroi della Patria. E usiamo parole importanti, quasi confinate ai margini del lessico quotidiano. E usiamo la lettera maiuscola, senza paura di apparire fuori tempo! Quella fu una guerra che i nostri padri ed i nostri nonni furono costretti a combattere per cacciare la dittatura e per attestare la democrazia nel nostro Paese.
In quella guerra c’erano due parti contrapposte. C’era chi stava con la dittatura e chi combatteva la dittatura. C’era chi deportava gli ebrei nei campi di concentramento e chi difendeva la dignità umana, sotto ogni cielo, di idea, razza, fede, cultura.
Noi stiamo con chi rispetta la dignità umana, chi professa e pratica la tolleranza e contro ogni forma di sopruso, fondato su una presunta superiorità di idee, razza, fede, cultura. Decidere da che parte stare diventa fondamentale per non perdere eredità utili ed il senso del passato. Spesso diamo per acquisite cose che invece non lo sono affatto, conquiste che invece vanno ribadite giorno per giorno. Posizioni di rendita, ottenute al costo della vita. Che non possiamo permetterci di affidare all’oblio. Ripeteremmo errori gravi, ed in parte forse li stiamo già commettendo, e sempre in ogni caso li commettiamo ogni volta che ci si dimentica della ricchezza che viene dalla differenza.
Un Paese tollerante è innanzitutto un Paese più libero!
Occorre dunque associare a questo 25 aprile una ferma condanna ai terrorismi ed alle dittature di ogni colore. I terrorismi vicini a noi, quelli più lontani, in una architettura nuova di pace globale: un diritto per l’intera comunità umana che le Istituzioni hanno il dovere di assicurare, senza tentennamenti. Come hanno il dovere di assicurare la pace e di mettere fine ad una guerra ingiusta, che genera tanti dolori ed alimenta nuovo terrorismo.
I valori della Resistenza e dell’antifascismo sono nelle fondamenta del nostro corpo costituzionale e dell’Unione europea. Nessuna notizia, anche la più allarmante, può confonderci sulla robustezza di quelle fondamenta. La nostra deve essere una democrazia forte, generatrice di pace e testimone di valori positivi, dentro un Europa dei valori, della libertà, della giustizia, del rispetto della dignità umana, della solidarietà, della forza serena di Stati democratici che oggi si riconoscono in una comune cittadinanza, domani in una Costituzione.
Questa è l’Europa che vogliamo, non un’astrazione o una macchina burocratica, ma fondamento democratico che gode pienamente del consenso dei cittadini europei. Cittadini che condividono la memoria della guerra, delle dittature, delle divisioni del passato e che da questa eredità debbono trarre una direzione per il futuro.
La Resistenza diventa un tassello cruciale dell’idea nazionale, diventa cardine di unità, giudizio di valore sulle origini di una nazione. Noi veniamo da lì. Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo dimenticarlo. La Resistenza non è un mito da sfatare, né tanto meno la bandiera di una fazione contro un’altra, ma è la reazione delle coscienze per far prevalere sul sonno della ragione i valori e la dignità umana. Quella che ha insanguinato l’Italia dopo l’8 settembre del 1943 non era più una guerra tra gli Stati, ma tra civiltà, ed esprimere comprensione per la buona fede di alcuni di coloro che scelsero la parte sbagliata non significa mettere sullo stesso piano i combattenti dei due fronti.
Il resto è storia di oggi e il passato – ovvero la sostanza del tempo – deve restare limpido al nostro sguardo, in uno sforzo per trattenere la memoria che deve essere costantemente attualizzato. La strada per la civiltà è irta di inciampi, di errori e di dimenticanze. Un popolo senza memoria è un popolo senza passato. E dunque senza futuro. Corre pertanto l’obbligo di dare un futuro alla memoria. Ciò per noi significa non solo far conoscere alle nuove generazioni l’arco storico del Novecento, ma soprattutto educare alla pace, alla tolleranza ed alla solidarietà: valori essenziali per una vita civile e democratica.
Con questa tensione ci rivolgiamo soprattutto alle scuole, perché imparino la storia del ‘900 attraverso i documenti, grazie all’intenso ed importante lavoro svolto dal Comitato per la Difesa e lo Sviluppo della Democrazia, per costruire incontri, viaggi nei luoghi della deportazione, scambiare informazioni e trattenere ricordi.
Ai giovani insegniamo che la verità va cercata, sforzandosi ad ogni passo di dare il nome alle cose, rifiutando ogni certezza consolatoria, ogni facile equazione. Ai giovani indichiamo i fallimenti dietro di noi,che sono figli di precisi e costosissimi sbagli. Non ci sono ricette, c’è però una grande attenzione per salvare e difendere sempre la regola della democrazia e le sue ragioni. Senza illudersi o disilludersi troppo.
Se sapremo insieme tenere ferma la visione dei nostri ricordi avremo la garanzia di dare corpo ad un futuro: un domani un po’ meno incerto, meno difficile da determinare.
I pericoli, vicino o lontani, che tradiscono gli ideali della Resistenza ci invitano a perpetuare un messaggio chiaro: quei valori devono continuare a vivere nel cuore di ciascuno di noi e devono essere riconquistati ogni momento, con uno sforzo assiduo e costante. La pace è pur sempre una conquista e va difesa ad ogni passo.
Viva la Libertà! Viva la Democrazia! Viva il 25 aprile!  
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