Dentro l’inferno iracheno, da dieci giorni a Baghdad un
commando paramilitare sequestra quattro nostri operatori di pace
impegnati nei progetti di solidarietà umanitaria di organizzazioni non
governative di cooperazione internazionale (Un ponte per, Intersos,
Ics) da sempre schierate con le popolazioni dell'Iraq e contro la
guerra. Due nostre compagne, espressione di quell'altra Italia possibile,
di cui andare fieri; un'amica ed un amico iracheni, espressione di quell'altro
Iraq possibile, con cui convivere in pace.
Il governo italiano porta la tragica responsabilità di aver trascinato il
nostro paese in questa guerra, prima appoggiando politicamente la scelta della
amministrazione americana, poi condividendo materialmente l’occupazione
militare.
Con tutto il movimento per la pace, anche oggi da questa sede istituzionale,
rilanciamo l’appello ai cittadini, alle organizzazioni sociali, agli enti
locali alla più grande e diffusa mobilitazione permanente per la vita e
libertà di Simona e Simona, di Ra’Ad e Mehnaz.
Pretendiamo dai responsabili del governo, delle istituzioni e della politica
italiana, della comunità europea ed internazionale che attivino davvero - con
realismo e determinazione - tutti i canali possibili per ottenere la loro
immediata liberazione.
Continuano in queste ore gli assedi e i bombardamenti sulle città dell’Iraq.
Essi continuano a provocare migliaia di morti fra la popolazione civile. La loro
immediata cessazione è un’emergenza umanitaria: il governo chieda ai suoi
alleati il “cessate il fuoco”.
La vita umana viene prima di tutto. Prima di tutto salvare le vite umane.
Nessuna ragion di stato, nessuna ideologia, nessuna religione può valere la
distruzione della vita umana. Mai.
Chi ha sequestrato le nostre sorelle e i nostri fratelli vuole colpire
innanzitutto quel grande movimento per la pace che si è mobilitato in tutto il
mondo contro la guerra e che ha scelto di stare sempre e comunque al fianco
delle popolazioni civili, vittime innocenti prima della dittatura di Saddam
Hussein, poi della guerra e dell’occupazione militare di Bush e Blair,
sciaguratamente condivisa da Berlusconi.
Questo atto infame conferma ancora una volta che la logica e la pratica del
terrorismo sono nemiche irriducibili della pace, della giustizia, dei diritti
degli individui e dei popoli.
Come i tanti familiari delle vittime degli attentati dell’11 settembre che
non si arruolano nella guerra infinita di Bush, come la tanta parte delle
popolazioni civili irachene vittime della guerra e dell’occupazione che non si
abbandonano alla barbarie: nello spirito che anima l’impegno volontario di
Simona Torretta e Simona Pari, dobbiamo resistere e dobbiamo agire.
Continueremo a chiedere il ritiro delle truppe straniere e la fine dell’occupazione
militare dell’Iraq, una piena assunzione di responsabilità della comunità
internazionale per la restituzione di una autentica sovranità politica ed
economica al popolo iracheno.
Continueremo a promuovere con le Organizzazioni Non Governative l’azione
umanitaria, la diplomazia popolare, la cooperazione dal basso con le popolazioni
e la società civile irachena.
Chi semina violenza raccoglie barbarie.
Oggi, la scelta della guerra preventiva si intreccia con quella del
terrorismo producendo frutti avvelenati e facendosi guerra globale permanente.
Abbiamo negli occhi l’orrore della scuola di Beslan, ripugnante risultato
della sporca guerra in Cecenia.
Abbiamo nel cuore l’angoscia per le guerre infinite, di Palestina, dell’Afghanistan,
del Sudan e di tanti paesi africani.
Abbiamo dentro di noi il dolore per tutte le vittime delle tragedie di questi
anni, dai massacri in Medio Oriente alla strage di Madrid, dall’apocalisse di
New York al macello dei Balcani.
Non vogliamo arrenderci alla spirale perversa della guerra e del terrore,
alle strategie di quanti - per perseguire potere e affari e/o per imporre
integralismi ideologici o religiosi, puntando a nuove forme di dominio
autoritario - alimentano quella lucida follia di uno scontro di in/civiltà che
costituirebbe la più grande minaccia per l’umanità del nostro tempo.
Per aprire un varco alla speranza c’è solo una via: promuovere una cultura
e praticare una politica di pace nella giustizia e di liberazione nella
nonviolenza che concorra alla costruzione di un nuovo governo democratico
mondiale fondato sulla redistribuzione equa e solidale delle risorse e dei
poteri: una nuova “Onu dei Popoli” fondata sulla affermazione di un nuovo
diritto internazionale e sulla realizzazione di tutti i diritti umani per tutti.
E invece, i grandi potentati economico-finanziari, con i propri i signori
della guerra impongono una globalizzazione neoliberista antisociale e
autoritaria scegliendo la guerra infinita come strumento di perpetuazione del
potere. E le grandi istituzioni internazionali non sembrano in grado, da sole,
di aprire questo varco.
Occorre allora sperimentare e praticare un’alternativa “dal basso”,
cominciando dalle comunità locali a costruire concretamente un’altra
globalizzazione, della pace e della nonviolenza, democratica e partecipativa,
dei diritti umani, civili e sociali, della giustizia e della libertà.
Cresce in tutto il Pianeta una nuova società civile globale capace di
indicare e costruire percorsi di vita e di civiltà, che pratica alternative di
vita e di senso, si autoorganizza in reti comunitarie, afferma concretamente
diritti e dignità, è pace, democrazia e libertà.
Sono individui, reti informali, gruppi di base e associazioni, comunità di
volontariato e organizzazioni non governative: mondi vitali che costruiscono
quotidianamente, nei mille angoli del Pianeta come a Cremona, un altro mondo
possibile. Una moltitudine che si manifesta sulla scena mondiale con il grande
movimento dei movimenti nato a Seattle e Porto Alegre e cresciuto a Genova e
Firenze, Parigi, Bombay. Una moltitudine che sceglie intransigentemente e
irreversibilmente la forza della ragione contro la ragione della forza, la forza
della nonviolenza tra gli uomini e con il pianeta. Una nonviolenza che non è
“pacifismo imbelle”, ma coraggiosa scelta di lotta per il futuro comune. Una
nonviolenza che non è buonista estraneazione dei conflitti, ma loro
umanizzazione, critica del potere e dei meccanismi di dominio. Una nonviolenza
che Aldo Capitini, padre fondatore della Marcia Perugia-Assisi già definì “il
punto più alto della tensione per il cambiamento di una società ingiusta.”
Accanto e dentro queste reti di una nuova società civile globale, sempre
più grande è il ruolo a cui sono chiamate le realtà locali, a partire dagli
enti territoriali.
Questo è il mondo, il nostro mondo. Cremona è in questo mondo.
E allora nulla è più concreto di un progetto di territorio che vive il
mondo, nel mondo e per il mondo. Nulla è più urgente di una nuova stagione
della politica capace di costruire Cremona “città aperta”.
Una città del mondo, che investe sul futuro dei suoi cittadini come
cittadini del mondo.
Una città dei diritti di tutti e delle libertà di ciascuno, contro ogni
forma di discriminazione e di esclusione sociale. Una città multietnica della
convivenza interculturale e interreligiosa, nella quale i migranti possano
finalmente divenire da fantasmi a cittadini.
Una città che promuove culture e pratiche di pace e nonviolenza, di
condivisione e solidarietà.
Che valorizza le tante iniziative di integrazione interetnica e di
solidarietà internazionale della sua società civile.
Che costruisce nuovi percorsi di formazione interculturale, nuove esperienze
di cooperazione decentrata, nuovi programmi di diplomazia popolare: gemellaggi,
scambi, progetti multilaterali con altre realtà locali, reti, istituzioni
internazionali. E che si dota di strutture e servizi per sostenerle e
qualificarle, con una particolare attenzione al mondo della scuola e alle
giovani generazioni.
Questo dunque, è l’impegno che intendiamo prenderci con la nostra città,
questo è il futuro che vogliamo per la nostra comunità. Un impegno contenuto
nei programmi del Sindaco Corada e della maggioranza di centrosinistra e di
sinistra che ha ottenuto un consenso largo dai cittadini cremonesi. Un impegno
che dovrà tradursi in scelte politiche e amministrative, progettuali e
organizzative, finanziarie e operative, fondandosi su due principi ispiratori: l’autonomia
e il protagonismo partecipativo delle organizzazioni sociali, l’integrazione
di interventi specifici e coordinati di politiche sociali, culturali e
giovanili.
Con la nostra fede laica nell’umanità delle donne e degli uomini,
lavoreremo per moltiplicare opportunità e percorsi di cittadinanza attiva e
universale.
Lavorando per un nuovo forte ruolo del Comune di Cremona nel coordinamento
nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani diciamo: a ciascuno di
fare qualcosa.