questo dolore sordo, questo smarrimento di fronte alla morte di un ragazzo di
12 anni è sì “privato” di ciascuno di noi, ma ci accomuna ed è quindi
collettivo. Rivolgere un pensiero alla famiglia di Ambe Konan su queste pagine
è un fatto naturale perché in circostanze liete, su queste pagine, di loro
abbiamo parlato. In particolare di Emilienne, la madre di Ambe. Morto “per
gioco”. Morto chi sa perché. Ognuno di noi affronta nel proprio animo l’angosciante
domanda del “perché”, trovando o non trovando risposte e serenità.
Due mesi fa abbiamo conosciuto Emilienne che arrostiva il pesce alla “Babilonia”
della Festa dell’Unità. Poi l’abbiamo incontrata di nuovo, in piazza Roma:
accompagnava il giovane amico della famiglia, Loulou Yao Pacome, per esporre i
suoi quadri in un “Giovedì d’estate”. 6 tra figlie e figlio, ma in casa
Konan c’è posto, accoglienza, affetto anche per chi arriva e per Pacome, i
Konan, ora sono “la famiglia”, avendo lasciato quella “di sangue” ad
Abidjan. Perché Emilienne e Djeya sono così. Forti di una profonda fede
cristiana, teneri in una generosa e “laica” accoglienza. Sono grandi in una
meravigliosa capacità: il dare.
Due madri sedute su una panchina, in quella calda serata d’estate,
commentavamo i fatti quotidiani dei nostri figli e ringraziavamo ora la buona
sorte, ora il buon Dio, per averci dati questi figli e per averci dato forza e
salute per crescerli.
Il figlio dodicenne di Emilienne è morto nel modo più inaccettabile che
possa esistere per morire a 12 anni. In una “città visibile” questo non
può restare un fatto “privato”. La famiglia Konan è quella che si dice “una
famiglia esemplare”. Esempio del senso più positivo della “normalità”.
Una famiglia – e le persone che la formano – che una città può ben dirsi
felice di aver accolto. Loro cercheranno e troveranno nella fede pace e rimedi
contro quel male infido e disgregante che si nasconde nell’ombra del dolore.
Se questa città è veramente una collettività, troverà i modi giusti per non
lasciarli soli.
Mentre un ragazzo di 12 anni moriva al Cambonino, domenica pomeriggio in
piazza, nella festosa cornice de “Le città visibili”, allo stand del
Centro per le famiglie del Comune, noi stavamo parlando della necessità
di rafforzare tutti gli strumenti che possano venire incontro alle famiglie –
ai genitori e ai figli – in tutti i loro momenti di bisogno. Perché i nostri
figli, a volte, li scopriamo fragili troppo tardi. Perché troppo fragili sono i
nostri figli e lo siamo noi genitori ma a volte non abbiamo nemmeno il tempo per
riflettere. Fino a che un volo, un “gioco”, non ferma la nostra corsa.
M.T.