15 Settembre, 2002
Marcello Dell'Utri e le buone maniere
Cosa succede quando Piero Ricca domanda al senatore se la mafia esiste…
Alle 11 di questa mattina si apriva presso i padiglioni della Fiera di Milano
la prima edizione del Salone del Libro Usato, organizzato dal senatore Marcello
Dell'Utri.
Ci sono anch'io in compagnia del mio amico Paolo, per verificare la presenza del
Sindaco di Milano, annunciato per il taglio del nastro.
"Il Sindaco c'è?", chiedo a un fotografo. "Ha dato
forfait", mi risponde.
Il Sindaco Albertini, già testimonial dell'Intimo Armani, nemico giurato
degli ubriachi molesti e dei graffitari, all'ultimo momento ha detto no
all'amico Marcello.
Il Triumviro di Forza Italia, per nulla rattristato dalla defezione, c'è.
Lo attorniano cinque agenti in borghese, un paio di segretarie, tre giovani
poraborse, amici dalla vivace aria intellettuale.
Anche le figliole del Senatore, che secondo il programma dovevano gestire lo
stand 210, purtroppo hanno girato al largo. Le conoscerò in altra occasione.
Lo incrocio alle 11,15 mentre fa il giro degli stand. Il sorriso vorrebbe essere
ironico, l'espressione distesa, l'incedere disinvolto. Porta un doppiopetto
grigio, si guarda spesso le spalle. Non c'è niente da fare: i nuovi mecenati
sono fatti così..
Si intrattiene con i commercianti, sorride alle standiste, scambia battute con
questo e quello. Si mette in posa per i flash. Tutti devono vedere quant'è
sereno il Senatore nel decimo giorno di camera di consiglio del Tribunale di
Palermo, che sta cercando di decidere se è mafioso o no.
"Speriamo che lo assolvano con formula piena", dico a Paolo,
"sarebbe bello sapere che in Senato c'è qualche persona onesta. E poi 'ste
prescrizioni spacciate per assoluzioni sono davvero insopportabili".
Studio l'antico selezionatore di stallieri, rimpiango di non avere con me una
videocamera per immortalare i continui baci sulle guance con i quali omaggia i
devoti.
I bodyguard avvertono la nostra presenza, ci lanciano occhiate nervose,
il quadrato intorno all'Augusta Figura si fa più stretto.
Giro per gli stand anch'io e mi diverto a porre qualche domanda.
"C'è qualche saggio sulla mafia?", chiedo a un espositore. "Mi
è rimasto qualcosa sull'Anonima Sequestri", mi risponde.
"E l'Apologia di Socrate ce l'ha?". "Non tratto i classici".
"Lei cosa pensa di Dell'Utri?", chiedo a una bella espositrice della
libreria Atalante, specializzata in cinema e teatro. "Alzo le
sopracciglia", è la sorridente risposta. E mentre lo dice le alza davvero.
Prendo il suo biglietto da visita, le manderò questa cronachetta.
Mi fermo allo stand dei libri Einaudi. "Come si sta sotto Mondadori'",
chiedo a un signore che ha l'aria del vecchio libraio. "Non riapriamo
questa ferita, per favore".
Toh chi si vede, una mia amica con negozio sui Navigli. E' di sinistra che più
non si può. "Sei qui per lavoro?", mi chiede. "No, volevo
contestare Albertini ma non c'è". "E perché lo volevi
contestare?". "Perché non sta bene che un sindaco si faccia vedere in
giro con un pluricondannato e imputato per mafia". "Non capisco".
"Fa niente, e tu che ci fai qui tra i Marcello's boys?". "Se
queste cose le facesse la sinistra andrei con loro". "Ci vediamo, buon
lavoro".
Allo stand 191 un espositore si è appena fatto scattare una foto con Marcello.
"Se l'appenderà in negozio?". "E perché no, è mio cliente, un
uomo molto acculturato".
Passo al bar per un caffè. "Cosa pensa del signor Marcello Dell'Utri?",
chiedo al barista. "Non conosco nessun Dell'Utri".
Al 251 si vendono le locandine dei filmoni. "Quella del Padrino ce l'ha?".
"Eccome no, basta cercarla". La troviamo: è superba, con Marlon
Brando su sfondo rosso sangue. "Costa 50 euro, è rara". La prendo la
prossima volta.
Albertini è assente, ma in compenso è presente Albertoni, assessore regionale
alla cultura in quota Lega. Immancabili la cravatta e il fazzoletto verdi.
Concede un'intervista al tg3 regionale, rappresentato da Andrea Bosco.
"Intervistato leghista, intervistatore leghista", mi avverte Paolo.
"Beh, è già qualcosa. A Roma ormai buona parte delle interviste ai
politici le fa solo l'operatore".
Avvicino Albertoni. "Mi scusi Assessore. Lei è uomo delle Istituzioni…".
Lui annuisce con cortese modestia. "Mi dica".
"… Ecco, come uomo delle Istituzioni non avverte, come dire, un certo
disagio a stare qui con un Senatore pluricondannato e imputato per mafia a
Palermo?".
Perde subito la calma. "Io sono uomo di legge", grida, "e credo
nel principio di presunzione di innocenza. Dovreste smetterla con questa
giustizia stalinista!". Lui, il leghista, che parla in questo modo.
"Non si inalberi per così poco, sto parlando di opportunità, di regole
non scritte, di etica pubblica, ma anche di condanne definitive, di un'enorme
faccia di bronzo…".
Il bossiano mi gira le spalle e se ne va.
Vedo un cameraman che conosco. "Sei qui per lavoro anche tu?", mi
chiede. "No, sto studiando da vicino il Senatore Dell'Utri, sai quello
delle cassate". Si inserisce un giornalista che ha assistito al dialoghetto
con il leghista. "Se posso permettermi, io sono abbastanza d'accordo con
Albertoni. Bisogna credere nel garantismo…".
"Ma in questo caso non c'entra un fico secco. I primi a non crederci sono
loro. E infatti fanno l'impossibile per sottrarsi a regolari processi, mentre
vorrebbero la gogna per gli avversari".
"Beh, a chi non è capitato di rubare le caramelle. Tutti hanno qualcosa da
nascondere. Non me la sento di scagliare la prima pietra. E poi anche i giudici…".
Sembra in buona fede, il giornalista.
Ecco che inizia il primo dei dibattiti in cartellone. C'è Lui in prima fila,
tra i relatori Stefano Folli, il direttore del fu Corriere della Sera. Ospite
d'onore Philippe Daverio, l'intellettuale col papillon. Maurizio Belpietro ha
bidonato all'ultimo minuto.
Pochi spettatori, molti fotografi. Le guardie presidiano porte e finestre.
Si parla di giornalismo culturale, la famosa Terza Pagina.
Daverio si scaglia contro il trash. "L'intellettuale vero è un uomo di
azione, uno che si fa sparare addosso", Dell'Utri si gratta la nuca.
"Oggi manca chi si prende la responsabilità di uscire dal coro, uno che
dica: questa è una bufala!". "Così ci avviamo alla catastrofe. Non
dobbiamo rinunciare a capire la complessità del mondo". Dell'Utri gli dice
"Bravo!".
Stefano Folli se ne va via prima. "Ha un'importante riunione", lo
giustifica il moderatore Ermanno Paccagnini. Dell'Utri lo accompagna all'uscita
a braccetto, tra i due c'è un affettuoso commiato di alcuni minuti.
A fine dibattito assisto al siparietto fra Daverio e il Senatore. I fotografi
scattano, le segretarie attendono pazienti. I Due parlano di alta cultura.
Percepisco i nomi di Heidegger e Sartre. Mi cade lo sguardo su Daverio: ha dei
pantaloni gialli tagliati alla caviglia, mocassini leggeri marroni, un
improbabile soprabito. In casa Publitalia fa battaglie contro il trash.
MI sembra che Paolo non riesca più a trattenere la Nausea.
A siparietto concluso, Dell'Utri va via. Ma poi tornerà.
Avvicino Philippe. "Professore mi è piaciuto il suo richiamo alla funzione
intellettuale. Ma non le sembra un po' strano riscuotere il consenso di uno come
Dell'Utri?".
"Beh, bisogna distinguere... Io poi sono uno che parla con tutti".
"Fa bene, non discuto. Ma dei paletti etici bisogna pur metterli. Esiste
cultura senza etica? E non le sembra che l'apparato Mediaset-Forza Italia,
macchina di affari consenso censura e impunità, c'entri qualcosa con la
compressione del pensiero critico?".
"Io distinguerei etica e morale. Io sono per il rischio e per
l'errore".
"Sa che quel signore andava a cena con la Famiglia Bontade?".
"Davvero?".
"Già. Ma lei che viaggia, che cosa sente dire all'estero di questa
gente?".
"Si parla male dell'Italia in generale. E poi, sai che ti dico: io ho
subìto molte più censure e repressioni dalla nomenklatura precedente".
Assiste al dialogo uno dei giovani e impomatati assistenti del Senatore..
Si giustifica così: "Ho l'incarico di invitare a pranzo il
professore".
Paolo lo invita caldamente a lasciarci soli per un po'.
Ne segue un vivace scambio di idee. "Ora chiamo chi di dovere", dice
il giovane assistente estraendo un cellulare dalla tasca.
"Chiama chi cazzo vuoi ma togliti dai piedi!", gli risponde Paolo.
Dopo cinque minuti ritorna il gruppone con in mezzo Dell'Utri.
"Philippe, mica mi stai rubando i libri?", il Senatore sfotte il
Professore.
Mi si avvicina a trenta centimetri lanciandomi un'occhiata di sbieco.
A questo punto non posso più tacere. Riprendo le distanze e chiedo, con tono
garbato ma fermo:
"Senatore, mi scusi: mi può togliere una curiosità intellettuale?" .
"Prego mi dica" .
"Ho letto che lei avrebbe affermato una volta che la mafia da quel che le
risulta nemmeno esiste. Conferma o smentisce?".
"Io non l'ho mai detto. Lei queste cose le legge su giornali che raccontano
solo menzogne".
"D'accordo, ma secondo lei la mafia esiste o no?".
"Ma perchè mi fa questa domanda?" .
"Vorrei che lei ora smentisse quella affermazione che reputa falsa. La
mafia esiste o no?".
"Ma questa è una domanda del cazzo, la vada a fare a sua sorella!".
"Non ho sorelle, grazie. Mi può dire almeno se è d'accordo con l'on.
Miccichè il quale ha detto che i romanzi di Andrea Camilleri rovinano
l'immagine della Sicilia perché parlano di mafia".
"Io di Camilleri ho letto solo un libro, "La concessione del
telefono". Ma anche questa cosa non è vera. L'avrà letta sui soliti
giornali".
La scorta dà segni di impazienza. Chiedo a uno dei vigilantes: "Vuole la
mia carta di identità?". Non risponde, ma mi guarda con disprezzo.
"Mi permetta di insistere. Vorrei che Lei, Senatore, mi dicesse se la Mafia
di cui tanto si parla esiste o è un'invenzione dei romanzieri".
"Ma va' a cagare!". Letterale.
"Senatore, si risponde così a un cittadino che la interpella su un grave
problema del Paese?
"Vada a cagare!".
"Auguri per il processo!".
Interviene Paolo: "Impari l'educazione! La prossima volta facciamo un bel
convegno sulla Famiglia Bontade".
"Come ha detto?".
"Sì con la Famiglia Bontade! Ha perso la memoria?".
Il Senatore non risponde più. E si intruppa nel gruppone.
Ma alcuni guardiani rimangono: "Ora andatevene, smettetela di insultare il
senatore!".
Ne segue un surreale parapiglia con vari interlocutori. In molti sono convinti
che io abbia aggredito e insultato il Senatore della Repubblica Marcello Dell'Utri,
che mi ha appena mandato "a cagare" per avergli fatto una domanda
sull'esistenza della mafia.
Altri smentiscono indignati.
Nel Salone tutti tendono le orecchie.
L'organizzatrice chiama la vigilanza. "Basta! mandateli fuori, son venuti
qui a far casino! Mi stanno rovinando sette mesi di lavoro!".
A questo punto urliamo brevemente le nostre ragioni e poi ce ne andiamo.
"Paolo non stiamo sognando, mi ha mandato a cagare quando gli ho chiesto se
la mafia esiste o no, confermi?". "Mi sa proprio di sì".
piero.ricca@email.it
 
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