“Non avrebbe voluto essere un simbolo, e invece lo è diventata. Non
avrebbe voluto mai più vedere una guerra, e invece la guerra le è piombata
addosso.
Giuliana Sgrena, “inviata di pace” per scelta e per cultura mostra, con
la qualità del suo impegno, come è possibile capire e interpretare,
raccontare con onestà ma al tempo stesso lottare con convinzione, attraverso la
parola scritta, contro un insopportabile orrore.
Per questo salvare Giuliana, salvare la collega di Libération, Florence
Aubenas, scomparsa a Bagdad deve riguardare tutti. Non è questo il momento
delle divisioni e delle polemiche. Anche avendo idee diverse da Giuliana,
dobbiamo tutti partecipare alla mobilitazione per salvarla.
Rifiutiamo la logica della paura, dell'intimidazione, della censura, dell'autocensura,
della propaganda. I giornalisti “embedded”, arruolati, raccontano
inevitabilmente solo una parte della verità.
Giuliana non lo è, e ha rischiato. Giuliana è una giornalista attenta e
consapevole ed è una donna coraggiosa. Come tante colleghe e tanti colleghi.
Giuliana ci manda un messaggio: l'informazione resti in Iraq, per raccontare
e capire. Ne vale la pena, i cittadini vogliono conoscere.
La libertà di fare informazione dalle zone di crisi, di guerra, sarebbe
negata se venisse approvata anche dalla Camera, dopo il Senato, la riforma del
Codice militare di pace, legge che prevede sanzioni penali e anche il carcere
per i giornalisti che fanno informazione sulle missioni cosiddette "di
pace" rivelando notizie non approvate dai comandi militari.
Sono queste le buone ragioni per le quali è importante esserci tutti, il 19
a Roma, alla manifestazione indetta dal manifesto”.