15 Settembre, 2002
25 Aprile 2005, Piazza del Comune, Cremona – L’intervento del Sindaco Gian Carlo Corada
«Sulla strada di un progresso sociale e civile per il quale valga la pena di vivere e di mettersi in gioco»
Autorità, care concittadine, cari concittadini
sessant’anni fa, il 25 aprile, terminava la Guerra di Liberazione
combattuta dal popolo italiano contro l'invasore tedesco ed il fascismo che ne
era stato alleato e complice.
È una data cruciale della nostra storia. Il momento culminante di un periodo
ricco di ideali e di progetti politici. È un ricordo che il tempo trascorso non
può rimuovere.
Uno dei più importanti insegnamenti che ci viene da quella preziosa
esperienza è che, uniti, i democratici, le forze popolari, autenticamente
nazionali, possono vincere.
Pur tra mille difficoltà, il popolo italiano seppe ritrovarsi unito nella
condivisione dei valori di democrazia, di libertà e di pace.
E, lasciatemi dire, in un momento in cui le aspettative in un futuro migliore
sembrano ridursi, una parola di fiducia e di speranza: anche oggi, insieme,
sapremo, se vogliamo, produrre, nel pieno rispetto delle reciproche diversità,
risultati positivi di rinnovamento e di crescita comune.
Basterebbe, tanto per fare un esempio, che ci sentissimo tutti, come
cittadini, al di là delle legittime divisioni politiche, singolarmente
coinvolti nell'accettare i nostri doveri e nel pretendere, congiuntamente, il
giusto rispetto dei diritti di ciascuno.
Oggi, comunque, per nostra buona sorte, non siamo chiamati a combattere in
armi contro fascismo e nazismo dominanti.
Oggi però dobbiamo combattere contro il rischio di perdere la memoria
storica, soprattutto da parte delle nuove generazioni, sapendo che finché nel
patrimonio genetico dei popoli rimarrà il ricordo di Auschwitz e di Dachau si
potrà sperare di evitare il ripetersi di simili barbarie.
Ecco perché voglio rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che
hanno saputo dare vita alle interessanti iniziative che - su questi temi - sono
state messe in campo in queste settimane.
È con questa tensione forte che anche quest’anno ci ritroviamo a salutare
il 25 aprile, per fare memoria, per non dimenticare le origini della nostra
libertà e della nostra democrazia.
È con questa tensione, ad esempio, che la prossima settimana - dal 2 al 9
maggio - il nostro territorio saprà degnamente ospitare la “Fiaccola della
Libertà”, partita il 5 aprile scorso da Rovigo e che - costeggiando il grande
fiume Po, fiume di pace e di libertà e non di divisione - arriverà il prossimo
3 luglio al Colle del Lys, in valle di Susa, dove, così come tutti gli anni,
sapremo onorare i 2024 caduti per la libertà e, tra loro, i 14 partigiani
cremonesi che lassù trovarono la morte.
Alla Liberazione dell’Italia si giunse grazie al sacrificio di tanti
giovani che - pur avendo riferimenti culturali e politici ampi ed eterogenei
(dai comunisti ai militari monarchici, passando per i gruppi cattolici,
socialisti ed azionisti) portavano un solo nome: partigiani.
E i partigiani risultarono essere, poi, la punta di diamante di un più ricco
e vasto corpo sociale composto dai civili che li aiutarono, i preti che li
nascosero, i militari che si schierarono con il Regno del Sud, i prigionieri di
guerra che si rifiutarono di andare a Salò.
Variegata e complessa fu la Resistenza. E noi vogliamo raccontarla per quello
che fu. In questo impegno - che non vuole essere vuota celebrazione - cerchiamo
la verità, non strumentali divisioni.
Non esiste una storia sacra, immutabile. La storia è un processo di
ricostruzione lento e meticoloso, che va arricchito ogni giorno di nuovi
approfondimenti, di nuove testimonianze e riflessioni.
Ma ciò non ha nulla a che vedere con quel fenomeno che impropriamente è
stato chiamato “revisionismo” e che nasconde, insieme ad analisi serie,
inaccettabili strumentalizzazioni. Una sorta di livella del tempo, come quella
che a più riprese viene riproposta e tentata, secondo la quale si vorrebbe
eliminare il 25 aprile o togliergli quelle caratteristiche di Liberazione, di
libertà riconquistata, che invece ha. Magari mettendo sullo stesso piano chi si
ribellò alla tirannide nella ricerca della libertà e chi, al contrario, a
questi ribelli diede la caccia e la morte e quella tirannide voleva salvare e
confermare.
Certo, i morti, tutti i morti, vanno compianti. Certo, per chiunque perse la
vita in quello scontro immane va provato un profondo sentimento di pietas umana.
E noi lo proviamo.
Non a caso dopo i primi mesi dal 25 aprile 1945, quando ci furono in certe
zone d’Italia, anche violenze e vendette ingiustificate, accanto però anche
ad atti di giustizia e di risarcimento negati alle vittime della violenza
nazifascista, non a caso i primi governi democratici pacificarono il Paese con
provvedimenti di amnistia e di clemenza.
Nel compiangere i morti di tutte le parti e nel perseguire la pacificazione
degli animi, non possiamo evitare di ricordare che la Resistenza fu una guerra
per la libertà.
E che in quello scontro c’erano due parti contrapposte. C’era chi stava
con la dittatura e chi combatteva la dittatura. C’era chi, caricato su vagoni
blindati, veniva deportato nei campi di concentramento e c’era chi, a quei
vagoni blindati, faceva da sentinella.
Noi, al riguardo, non abbiamo dubbi. Stiamo con chi rispetta la dignità
umana, chi professa e pratica la tolleranza e contro ogni forma di sopruso,
fondato sull’inaccettabile e raccapricciante convinzione che esistano idee,
razze, fedi, culture superiori e destinate a dominare.
Badate, spesso diamo per scontate cose che invece non lo sono affatto,
conquiste che invece vanno ribadite giorno per giorno. Posizioni ottenute al
costo della vita. Che non possiamo permetterci di affidare all’oblio.
La tolleranza, ad esempio, è un grande valore. Un Paese tollerante è
innanzitutto un Paese più libero!
Occorre dunque associare a questo 25 aprile una ferma condanna ai terrorismi,
alle violenze ed alle dittature di ogni colore.
I valori della Resistenza e dell’antifascismo sono nelle fondamenta del
nostro corpo costituzionale e dell’Unione europea.
La nostra deve essere una democrazia forte, generatrice di pace e testimone
di valori positivi, dentro un Europa della libertà, della giustizia, del
rispetto della dignità umana, della solidarietà, della forza serena di Stati
democratici che oggi si riconoscono in una comune cittadinanza.
Questa è l’Europa che vogliamo, non un’astrazione o una macchina
burocratica.
Un’Europa di cittadini che condividono la memoria della guerra, delle
dittature, delle divisioni del passato e che da questa eredità debbono trarre
una direzione per il futuro.
È ponendo questi problemi all'ordine del giorno di una ferma azione di
rinnovamento, che si invera nell'oggi il grande insegnamento della Resistenza.
Oggi siamo costretti a sentire un sottosegretario che considera il 25 aprile
“Una festa da cambiare. Basta con l’antifascismo”.
E dobbiamo sentire un leader politico che dichiara “io di solito il 25
aprile rendo omaggio al Campo 10, dove sono sepolti i caduti della Repubblica di
Salò”.
Di fronte a queste preoccupanti dichiarazioni noi insistiamo nel ritrovarci,
uniti, perché - come ha giustamente detto Virgilio Rognoni, Vice Presidente del
Consiglio Superiore della Magistratura - “Il 25 aprile non è una
manifestazione qualunque, è la festa della Liberazione. Può essere equiparata
a quello che il 14 luglio rappresenta per i francesi. È la Patria che si
ritrova sui valori di fondo”.
Tali valori riaffermiamo qui - mediante questa bella e partecipata
manifestazione di popolo, pacifica e festosa - che vuole rievocare il tempo
dell'umiliazione e della riscossa nazionale e che, forte, vuole esprimere anche
la rivolta delle coscienze di fronte ad ogni attacco alla Costituzione
repubblicana, allo scadimento dei principi che regolano la convivenza civile,
alle insidie mosse all' unità nazionale.
La serietà delle questioni attuali richiede che l'Italia sappia ritrovare la
forza ed il coraggio dei valori che fecero da sfondo alla Lotta di Liberazione.
Impegniamoci tutti affinché dalla lunga fase di transizione e di cambiamento
che il nostro Paese sta da tempo attraversando, si possa uscire bene,
democraticamente, sulla strada di un progresso sociale e civile per il quale
valga la pena di vivere e di mettersi in gioco.
W il 25 aprile, W la Costituzione Italiana, W l’Italia
Cremona, 25 Aprile 2005
 
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