15 Settembre, 2002
La Mitèin, compie cent'anni. di Gian Carlo Storti
La Mitèin , " margheritina" in dialetto soresinese, é Boselli Rosa Maria.
La Mitèin, compie cent'anni.
La Mitèin , " margheritina" in
dialetto soresinese, é Boselli Rosa Maria.
Margherita oggi, 30 agosto 2006, ha compiuto
cento anni. Una veneranda età.
Un secolo di vita, di passioni, di amori,
di tante cose belle e brutte.
Volentieri, come ACS, abbiamo accolto la
richiesta della famiglia, di suo figlio Mario
Grassi, di festeggiarla ricordando quella
che è stata: un' antifascista, una militante
della Resistenza cremonese a Soresina.
Ringraziamo pertanto Kiro Fogliazza, Presidente
dell'ANPI Cremonese, per la sua presenza.
La Mitèin è stata fin dal lontano 1943 un
punto di riferimento per gli antifascisti
soresinesi.
Il Presidente Fogliazza, ha ricordato quegli
anni, " i sacrifici e le tribolazioni,
ma anche la soddisfazione di vedere oggi,
dopo 60 anni, un'Europa democratica ed in
pace, con un Paese, la nostra Italia, che
è impegnato nel mondo in importanti azioni
di pace, contro le guerre e per garantire
la pace, libertà e la democrazia".
Un caloroso applauso ed un forte " tanti
auguri a te" ha concluso la semplice
cerimonia. Una cerimonia che ha fatto ricordare
agli anziani presenti le grandi battaglie
di libertà alle quali molto di loro hanno
contribuito.
Suo figlio Mario, felice, ha ringraziato
"tutti coloro che hanno contribuito
a festeggiare questo anniversario denso di
significati".
La Mitèin, oggi una dolce centenaria, é stata
una donna molto forte, che non si è intimidita
nemmeno di fronte ad un mitra spianatole
davanti.
" Una donna - ha ricordato ancora Kiro
Fogliazza - che con il proprio coraggio è
stata di esempio a molti giovani ed a cui
dobbiamo rispetto perché ci ha insegnato
che cos'è la dignità, con la quale si deve
lottare per la pace e per la democrazia".
Alla cerimonia erano presenti per ACS, il
Vice Presidente Gian Carlo Storti ed il Consigliere
Maurizio Guerrini che hanno portato il saluto
di Azienda Cremona Solidale.
------
Gian Carlo Storti
Vice Presidente di ACS
Cell. 335.7733661
---------------------------
LA "MITEIN"
Mi chiamo Boselli Rosa Maria Margherita e
mi chiamano ..Mitein", cioè ..Margheritina",
.Margheritein". Faccio ottanta- nove
anni in agosto. Mio figlio ha un libro con
su Mitein", ma non posso più leggerlo
perché non ci vedo.
In casa mia, durante la guerra, venivano
tanti partigiani. C'era un certo Mosconi,2
che abitava qui vicino. Poi Borelli,* che
e diventato sindaco. E Valcarenghi Alfredo,
che e morto sarà due anni fa. Questi erano
tutti partigiani che frequentavano la mia
casa. C'era anche Bottoni,* Franco Zappa*
di Cremona, Guido Acerbi. E venuto a trovarmi
saraàun cinque mesi fa. E di Cremona, suo
papa era un professore di disegno. Ci siamo
abbracciati che non ci lasciavamo più.
Qui c'e stato quindici giorni anche un certo
Gaeta, Gaeta Giuseppe,* che era quello che
organizzava. Dunque: qui c'era una bottega
di biciclette e di sopra c'era questo luogo
dove venivano tutti: Mosconi, Frosi, Valcarenghi,
Ghidoni,* Bernabe,* Giorgio* il russo che
10 chiamavano così perché veni- va dalla
Russia; ma I 'ho visto una volta sola questo,
e quel- 10 che ha ucciso Alvaro. Alvaro era
il braccio destro del Bar biset, Bovano:
erano due criminali fascisti.
Loro venivano, andavano di sopra - c'era
una finestra che andava sulla strada -e sotto
lavoravo io che ho ancora il mio Lavoro ,
cioè il macinino dove lavoravo: facevo le
pietrine, quelle degli orologi. Intanto loro
andavano su e si riunivano e facevano tutte
le sue discussioni. Ma qui in casa, intanto,
c'erano anche dei fascisti. Avevo in casa
un certo Carlo Budrio, che stava qui intanto
che c'era la riunione dei ragazzi.
Mi ricordo uno, 10 chiamavano "el barbiset",
che era il Bova-no che ho detto prima, che
passava di qui: Buongiorno, signora Grassi.
E io: Buongiorno, signor Carlo. E intanto
mi dicevo: se sapessi cosa c'e qui. E magari
di sopra c'erano i ragazzi in riunione. E
dicevo: Non muovetevi fin che non vi chiamo
io. Difatti parlavano sottovoce e non si
sentivano, e dentro il negozio c'erano i
fascisti che facevano aggiustare la bicicletta.
Un giorno c'e qui Bottoni e Marco: Mitein,
bisogna andare, siamo d'accordo di trovarci,
ma come facciamo? Dico: Ragazzi, giù ci sono
i fascisti, cosa facciamo? e allora questi
ragazzi mi vengono dietro...
- Ettore , dico a mio marito, guarda qui
Marco e Guido che vogliono andare a casa.
Venite a trovarmi, eh? la mamma sta bene?
-SI, si. Ciao me, ciao te... se ne sono andati.
Quando hanno ucciso quell'Alvaro IT, e venuto
un certo Lasagno che voleva le biciclette.
E venuto alla sera qui e combinazione c'era
Bottoni, che era il comandante dei partigiani.
Mi buttavano giù la porta e io ho detto:
Ma cosa volete? -Aprite subito!
Ma i6 come facevo aprire? avevo la stampa
dei partigiani, avevo della roba, insomma,
ho voluto prima farla sparire. E poi mi hanno
piantato il mitra nello stomaco. Mio marito,
poverino, gli e caduto tutti i denti dello
spavento. 10 invece, tutto insieme, ero coraggiosa.
Avevo un odio contro quella gente lì , che
insomma facevo proprio tutto senza nessuna
paura.
Da quella volta II mi sono detta: qui bisogna
mettere a posto i bambini. Uno ne aveva dieci
e I' altro tredici. Uno I 'avevo affidato
a mio fratello Mario, I 'altro alla mia arnica
di Soresina Spinetta. Dicevo: se mi prendono,
io non li vedo più i miei bambini, mi raccomando.
Li avevo spediti perché vedevo spavento che
avevo davanti agli occhi. E invece mi e andata
bene. Pero c'era ancora poco tempo, era nel
1945, era poco distante dalla Liberazione;
perché alla sera mi mandavano sempre le luci
nella stanza, e abbiamo fatto più di un notte
che dormiva uno soltanto, sulla sedia, sul
letto del bambino, perchè c'era I' aria sporca.
Tutto era cominciato nel '43. E stato che
c'era una signora che aveva tenuto nascosto
la fotografia di Matteotti, e allora I'ha
esposta sui balcone con i fiori e io sono
andata ad aiutarla. Così i partigiani hanno
detto: Se Mitein ha fatto quel gesto , proviamo
ad avvicinarla. E infatti siamo andati dentro
in pieno. La mia vita non la contavo più.
Per questo avevo dato via i miei figli, perché
io prevedevo che in Germania o a botte, mi
facevano fuori. Anche Gaeta un giorno mi
ha detto: Mitein, ascoltami. Se per caso
veniamo a essere scoperti, bisognerebbe dire
che mi tieni qui perché sono il uo amante.
Gli ho detto: Bisogna dirlo a Ettore. E ho
detto a mio marito: Ettore, senti quest'uomo
cosa mi dice. E lui: Ha ragione. Lui lo sapeva
come la pensavo.
-E va bene, se mi prendono dirò che e il
mio moroso. Ma quando Gaeta me I' aveva detto,
ero rimasta un po' II, per- che erano tutti
giovanotti che venivano qui, come Bottoni;
Guido Acerbi aveva sedici anni, io ne avevo
trentanove. Ma loro non mi hanno mai mancato
di rispetto. Anche quel Botton i II, aveva
fatto la bronchite e alla sera, quando c'era
chiuso, facevo gli impiastri, li portavo
di sopra e glieli mettevo sullo stomaco.
Me I' ha perfino scritto: Non mi dimenticherò
mai la mia mammina quando mi faceva le polentine
bollenti. E poi venivano qui che erano sudati,
bisognava lavargli le calze. In- somma, ce
n'era da fare. Poi mi toccava anche lavorare
per prendere qualche soldo. Se dovessero
dirmi se torno indietro, no, ne ho passate
troppo tante..
io pensavo: Se sapessi che sono stata io!
Di ho saputo che era una spia, che dopo i
'hanno preso con un altro che andavano sempre
d'accordo, e li hanno messi in prigione.
In casa sua diventavano matti. Allora io
conoscevo una certa Bruna che era la cugina
del dottor Milanesi, un fa- cista 11 a Cremona,
e ho detto alla figlia dell'ortolano: andiamo
a casa sua. E siamo andate. Abitava in una
cascina verso Annicco, a Farfengo.. Andiamo
dentro e la mamma: O io, Mitein! che robe!
gli alleati sono entrati a Roma...se vedi
che le cose si fanno brutte, vieni a casa
mia che sei sicura. Figurarsi!
Allora ho detto: Fammi un gran piacere, dl
a tuo cugino di lasciar andare quei due uomini
11 che so no innocenti, loro non hanno niente,
come me. E li hanno sciati andare dopo tre
o quattro giorni. Lei si ricorda ancora,
ha una figlia che fa il notaio. Mi piacerebbe
rivederla, ma quanti anni avrà , ormai? Forse
più novant'anni. Ci sarà ancora?
Io I 'avevo proprio nel sangue di odiare
quella gente perché vedevo le cose che facevano:
botte, trattare male la gente, portarla via
e metterla nei campi di concentramento dove
poi morivano e non tornavano più indietro.
Riunivano tutta questa gioventù e poi li
i portavano via sui carri bestiame e li facevano
morire . Chiamavano misericordia da per tutto
e poverini ! le mettevano dentro cento e
ne tiravano gia tre vivi, che tutti gli altri
erano morti. Hanno fatto di quelle cose,
che a sentire che c'e ancora la Mussolini
alia Camera mi , viene il vomito proprio.
Che schifo, che schifo . Ce I ‘ ho, io, la
fotografia di Muussolinl quando I' hanno
tirato gia nella piazza Loreto con tesa della
Setacci sullo stomaco.
Avevo un veleno, anche perché sono stata
sfortunata che nella guerra del '15-18 mi
sono stati uccisi due fratelli.
Avevo ancora nel sangue quell'odio, e ce
I ho ancora adesso. A. quei tempi , le donne
eravamo in pericolo, peggio di quelli che
erano in montagna. Noi non ci conoscevamo,
io non pensavo cosa facevano dalle parti
di san Rocco, ci siamo conosciuti dopo, era
come se fossimo da soli. E era giusto così
. AlIa mattina, le donne andavano a prendere
il latte: Mitein, vedi quello ? E’ un partigiano.
Ah si? rispondevo io. Ma non dicevo niente.
Ma il giorno della liberazione sono stata
qui in casa mia.
Avevo tanta roba da lavare e mi sono messa
a fare il bucato. sono fermati qui i camion,
c'era la gente che mi chiamava,a Soresina
hanno tagliato i capelli alle fasciste, ma
io non andata.
Tenevo la stampa, tenevo i partigiani quando
si riunivano di sopra e quando c'era Gaeta,
che ha fatto quindici giorni qui dentro perché
era ricercato e volevano ucciderlo. E dopo
quando non c'era lui si riunivano con un
certo Ghidoni Ernesto, che dopo quando e
stato scoperto ha tralasciato. Essi di-scutevano
quello che dovevano fare.
Una sera c'e venuto qua Andrini con la stampa
e dice: Bisogna andare a distribuirla. Allora
ho preso un pezzo di pane, lo masticavo,
facevo come una colla, e appiccicavo al muro
i volantini. Ho fatto tutta la contrada di
S. Francesco, tutto il centro, mi sono fermata
dalle Salesiane, fino a via Teatro. Mi so
no fermata perché ho visto che c'era già
distribuito dei volantini che era stato Valcarenghi.
Qui a casa erano pieni di paura e dicevano:
L'hanno presa, senz'altro è stata scoperta.
E Invece sono tornata, e andata liscia.
Mio marito era d'accordo, si chiamava Ettore
Grassi. Abbiamo sempre cercato di dare una
mano, venivano questi ragazzi, andavano di
sopra come se fossero a casa sua, si riunivano
e cercavano di fare qualche cosa . Erano
tutti giovani di leva che sono rimasti sempre
qui. Solo il russo e Stan-ga sono andati
in montagna. .
Dopo il '45 sono venuti tutti a trovarmi.
Oh, volevano metter fuori un disco da far
suonare, ma io non ho voluto. Dopo ci sono
state le votazioni, e Ettore è riuscito ii
maggiore, ma Piero Borelli è diventato sindaco.
Me, non parliamone neanche, ho fatto la terza
elementare, andare a fare il sindaco... ci
mancherebbe! no no, ragazzi, non fatemi una
cosa simile. E infatti la mi ha detto: Mitein,
sta calma, vedrai che non ti succede niente.
E mio marito è andato avanti a fare il suo
mestiere, che era di aggiustare le biciclette.
Una sera, non so che cosa avevo addosso,
ho preso un cartello, era rosso, era una
reclame delle biciclette, e in fondo c'era
pulito. Ho scritto: assassini, briganti,
delinquenti, a morte... e poi sono andata
a metterlo sulla porta dei fascisti. E un'altra
volta, con una certa cecoslovacca che era
qui chissà come, siamo andate in piazza,
di fronte alla chiesa di S. Siro, dove finisce
la strada della stazione; II vendevano il
formaggio, il latte. Allora quella , che
era una che un po' aveva studiato, non come
me, ha disegnato la stella fascista, la stella
dei tedeschi, assassini, tutte parolacce,
e poi siamo andate a incollarla di fronte
alla chiesa. Lei, come e arrivata : Mitein
sto male, non ho il coraggio. Ho detto: Va,
che mi arrangio, Era la sera al buio, e ho
messo questo cartello. II giorno dopo sono
andata far spesa dall'ortolano e lui sottovo
ce: Mitein, chi sa che organizzazione c'e,
qui a Soresina! -Perche?
-Hanno trovato un cartello, I hanno portato
a esaminare al centro dei fascisti, chissà
che organizzazione abbiamo qui. E io pensavo:
Se sapessi che sono stata io!
Poi ho saputo che era una spia ; l’ hanno
preso con un altro che andavano sempre d'accordo,
e li hanno messi in prigione. In casa sua
diventavano matti. Allora io conoscevo una
certa Bruna che era la cugina del dottor
Milanesi, un fascista a Cremona, e ho detto
alla figlia dell'ortolano: Andiamo a casa
sua. E siamo andate. Abitava in una cascina
dopo Annicco, a Farfengo., Andiamo dentro
e la mamma: O dio, Mitein! che robe! gli
alleati sono entrati a Roma...se vedi che
le cose si fanno brutte , vieni a casa mia
che sei sicura. Figurarsi!
Allora ho detto: Fammi un gran piacere, di
a tuo cugino di lasciar andare quei due uomini
11 che sono innocenti, loro non sanno niente,
come me. E li hanno,-lasciati andare dopo
tre o quatto giorni. Lei si ricorda ancora,
ha una figlia che fa il notaio. Mi piacerebbe
rivederla, ma quanti anni avrà, ormai? Avrà
più di novant'anni. Ci sarà ancora?
Io l’ avevo proprio nel sangue di odiare
quella gente II perché vedevo le cose che
facevano: botte, trattare male la gente,
portarla via e metterla nei campi di concentramento
dove poi morivano e non tornavano pia indietro.
Riunivano tutta questa gioventù e poi li
portavano via sui carri bestiame e ii facevano
morire . Chiamavano misericordia da per tutto,
poverini! Ne mettevano dentro cento e ne
tiravano gia tre vivi, che tutti gli altri
erano morti. Hanno fatto di quelle cose,
che a sentire che c'e ancora la Mussolini
alla Camera mi viene il vomito proprio. Che
schifo, che schifo! Cè I' ho, io, la fotografia
di Mussolinl quando I' hanno tirato gia nella
piazza Loreto con la testa della Petacci
sullo stomaco.
Lo avevo un veleno, anche perché sono stata
sfortunata che nella guerra del '15-18 mi
sono stati uccisi due fratelli. L'avevo ancora
nel sangue quell'odio, e ce I' ho ancora
adesso. A quei tempi la, le donne eravamo
in pericolo, peggio di quelli che erano in
montagna. Noi non ci conoscevamo, io non
sapevo cosa facevano dalle parti di San Rocco,
ci siamo conosciuti dopo, era come se fossimo
da soli.
Ma il giorno della liberazione sono stata
qui in casa mia. Avevo tanta roba da lavare
e mi sono messa a fare il bucato. Si sono
fermati qui i camion, c'era la gente che
mi chiamava…
I bambini, me li sono allevati io. Non mi
mancava niente:conoscevo un macellaio, mi
riforniva la carne. I contadini mi davano
frumento e granoturco. Insomma: polenta e
pane non mi mancava, abbiamo tirato avanti
cos’. Mio marito faceva il meccanico di biciclette.
Quando le cose sono finite sono andata a
fare la mia vita. Quando è finita la guerra
a noi pareva di avere chissà che, e non avevamo
nemmeno un centesimo, eravamo poveri poveri:eravamo
in cinque in casa, e se io non avessi fatto
le pietre non potevamo mandare il figlio
a studiare. Avevo in casa la mamma,che era
senza braccia, glieli avevano tagliati quando
avevo sedici anni. L’hanno schiacciata contro
il muso con un carro e le hanno stritolato
tutto il braccio. Quante ne ho passate! Dicono
che ho il cuore di ferro. Io dico che è di
bronzo. Finita la guerra ci pareva di essere
ricchi.Poi mio figlio, quello che adesso
sta a Cremona, è andato a lavorare a Milano.
Dopo due o tre anni ha cambiato posto e gli
hanno dato il licenziamento, ha preso due
milioni e centomilalire. Allora siamo andati
dal padrone di questa casa e abbiamo detto
se me la vendeva, perché lui diceva che voleva
venderla. Cosa ha voluto? Due milioni e centomila
lire. Dopo abbiamo saputo che hanno detto
che ci siamo arrangiati i soldi,, che non
siamo stati onesti perché abbiamo comperato
la casa . Ma m io figlio, se ha voluto andare
a lavorare, ha dovuto andare a Milano, che
qui non c’era niente da fare. Io non sono
pentita di quello che ho fatto, però , che
cattiveria !
Con un uomo come mio marito che era di una
onestà incredibile e io stavo qui in casa,
avevo sempre gli occhi fuori della testa
a far quello a far questo, e quel macinino
là andava, bisognava lavorare per guadagnare
qualche cento lire di poter mandare il figlio
a studiare. Ha studiato da perito industriale,
ma lui voleva andare avanti a studiare da
in geniere, ma io gli ho detto non possiamo
più.
Poi mi ero iscritta nel partito comunista,
qualche volta andavo alle riunioni , andavamo
nelle cascine a sentire le discussioni, e
sono comunista fino adesso. Ma adesso, sarà
un paio d’anni che il voto non glielo do
più. Non mi piacciono, vedo che non fanno
giusto, ecco.
La mia impressione è che non si sa da che
parte voltarsi, che strada prendere, sta
andando tutto a cotacomboli . Io a dire sinceramente,
avevo dato il voto alla Lega. Ma lo do ancora,
alla Lega? A chi lo do?. Quella rifondazione
lì non mi dispiace, ma dirla com’è, non vado
più neanche a votare.
E’ un gran pasticcio, e poi un ladrocinio
simile ! Hanno rovinato tutto, perché se
erano sinceri, se erano onesti, adesso saremmo
tutti a posto, saremmo tutti benestanti.
Io non so più a chi dare il voto.
Delle volte mi dico: ma cosa fai, Mitèin?
Mah, che cosa faccio? Sono in un’ombra che
non capisco più niente. E’ vero che sono
ignorante perché non sono andata a scuola,
ma non so cosa dire.
Tornando a quegli anni là. Dopo, nel ’48,
quando ci sono state le elezioni, mio marito
era quello che aveva più ’ voti; dopo di
lui c’era Borelli che aveva ventuanni. Allora
hanno passato a lui. Mio marito ha fatto
per sette anni il presidente dell’ECA: dopo
si è stancato.
Quell’anno lì non sono venuti neanche a benedirmi
la casa perché io ero segnata come una di
quelle proprio rosee.
Ma io ero sempre andata in chiesa..
Pochi mesi fa è venuto uno alto. Cosa vuole?
Sono don Francesco. Cosa desidera? Per benedire
la casa. Sono ancora quella di prima, grazie.
Ha preso su e se né andato. Non li ho più
voluti. C’era la mia mamma che, poverina,
era cieca anche, lei è andata in chiesa,
là dalle Salesiane, e un prete cosa gli è
venuto in mente di dire che la guerra era
un castigo di Dio, è venuta a casa che immaginarsi:
non parliamone più di andare in chiesa, diventava
matta.
E pensare che io ero cattolica, ero di chiesa
quand’ero giovane.
Quando è stata ammalata che era la sua fine,
ha detto: io voglio il prete delle Salesiane.
Come difatti veniva tutte le sere, pregavano
insieme, le ha dato l’olio santo, gli hanno
fatto fare la comunione e sente che dice:
si ricordi che quando muoio, o lui o nessuno.
Lui ha detto: bisogna rivolgersi al parroco,
però credo che non ci sia nessun problema.
Sono andata dal parroco, don C. di Cremona,
e ha detto : Ah sì niente in contrario. Passa
di qui a mezzogiorno il campanaro, Luigi,
e mi dà un biglietto: non credo che sia la
volontà della nonna, perciò non accontento
questo desiderio. E l’abbiamo portata via
senza prete.
Quella mattina lì che stava per morire, quel
prete lì delle Salesiane è venuto ancora
a trovarla, e ha detto: poverina. Poi l’ha
toccata e ha detto: tira vanti ancora. Ha
continuato a chiacchierare , io non so cosa
abbia detto, ha fatto tutto lui.
Poi sarà andato avanti dieci metri e, lei
è morta. E’ stato nel ’51. Era una donna
coraggiosa. Quando è successa la disgrazia
di mio fratello, che son morti due figli
in un anno, due figli soldato, uno nel 1917
l’hanno ucciso che aveva 19 anni; dopo sei
mesi che è successa la cosa, è venuto a casa
in licenza l’altro che aveva 23 anni. Quando
stava per andar via, lei ha detto: tu non
parti più rimani a casa succeda quel succeda,
te non vai più’ soldato. E si è dato disertore.
Ha fatto sei mesi cos’. Otto giorni prima
dell’armistizio muore della spagnola. E un
altro di quattordici anni che era in fin
di vita. Ma questo e riuscito a rimettersi
ancora.
Dopo , mia marito ha fat to otto anni e mezzo
paralizzato ( si fa presto a dirlo ) . Alla
fine I' abbiamo portato al ricovero ed è
durato otto giorni. Che a saperlo me lo tenevo
in casa. E nel 1982 aveva 82 anni, era del
900 e abbiamo fatto quarantadue anni insieme.
Ero anche I 'infermiera del rione. Venivano:
Mitein, c'e sior Alfredo De Micheli che e
morto.
-E morto ? Allora prendo su la canfora per
il cuore -avevo la scatola con dentro la
spartocanfora -e sano andata, gli fatto la
puntura, ho fatto un po' di massaggi, e infatti
si è ripreso. Dopo e venuto il dottore e
sua moglie gli ha detto:
E’ stata qui la Mitein e gli ha fatto cosi
e cosi. -Ringraziala che l' ha salvato. …
Nota Bene: la testimonianza è stata tratta
dal numero 3/2000 di Provincia Nuova. Un
numero speciale a cura di Giovanna Gregari
Marsi dal titolo “ Donne Resistenti: le donne
cremonesi tra resistenza e dopoguerra. Testimonianze
orali”.
** materiale raccolto ed organizzato da Gian
Carlo Storti, Cremona 3 settembre 2006.
 
|