15 Settembre, 2002
Annicco , la storia e i sui personaggi
Secondo un’ipotesi il toponimo indicante l’abitato risalirebbe al prediale celto-romano Anigum, attestato in un contratto di affitto datato 6 ottobre 1148....
Annicco
La storia di luoghi poco noti - perché mai
protagonisti di “grandi eventi” - si scrive,
quando la si scrive, grazie ad un minuzioso
lavoro di raccolta di frammenti sparsi nelle
documentazioni d’archivio e in libri che
spesso parlano “d’altro”. Per la storia di
Annicco è dunque di grande pregio il volume
a cura di Valerio Guazzoni: Annicco, edito
nel 1996 dalla Banca di credito cooperativo
del Cremonese, il quale contiene anche lo
studio di Valerio Ferrari, La conoscenza
del territorio, oltre all’approfondita ricerca
dell’attuale direttrice dell’Archivio di
Stato di Cremona Angela Bellardi Cotella,
Vicende civili e feudali dal XV al XVIII
secolo.
Secondo un’ipotesi il toponimo indicante
l’abitato risalirebbe al prediale celto-romano
Anigum, attestato in un contratto di affitto
datato 6 ottobre 1148, sottoscritto dai fratelli
Rucco e Brina, «figli di Baninca qui dicitur
Aleni» residenti a Cremona, fuori mura.
Dei paesi che non rivestono particolare importanza
strategica dal punto di vista economico-commerciale
od altro, spesso la cronaca si ricorda soltanto
“di passaggio”, attraverso gli episodi delle
frequenti lotte tra signorie. Infatti, nel
1228 i consoli di Cremona Iacopo e Greco
riferiscono al podestà Egidio de Guberto
Lombardo dell’incendio di Annicco, nel corso
di un attacco sferrato da milanesi e cremaschi
contro il cremonese.
Questo documento non indica la presenza di
una fortificazione come del resto non la
esclude. Di un fortilicium esiste una traccia
nel 1420. Così ne parla la ricostruzione
storica offerta dalle pagine web dedicate
al Comune di Annicco: «Filippo Maria Visconti,
ormai signore incontrastato della Lombardia
e del territorio cremonese in particolare,
nel tentativo di tenere legati a sé coloro
che lo avevano seguito in guerra, concede
in feudo proprio nel 1420 il territorio di
Annicco alla famiglia Lampugnani di Milano.
Il documento cita un fortilicium Anici, si
può pensare ad un edificio fortificato o
meglio a mura, cinte da fossato, che racchiudevano
il primo nucleo abitativo.» «Bisogna giungere
al 1441 prima di ritrovare nuove informazioni,
in quell’anno infatti, il duca Francesco
Sforza riconferma a Giovanni Andrea Lampugnani
i privilegi concessi dai suoi predecessori.
Lo stesso Francesco, nel 1464, autorizza
Giovanni Andrea Lampugnani a cedere il feudo
di Annicco al capitano Giovanni Francesco
Stanga.»
In base alle ricerche di Angela Bellardi
Cotella si può seguire oltre a questa data
i cambiamenti di proprietà delle terre e
dell’abitato del comune di Annicco, appartenente
al contado di Cremona: i Trecchi nel 1647,
i Serbelloni nel 1665, e i Solza (di Bergamo,
divenuti “marchesi di Annicco”) nel 1676.
Nel 1783, alla morte senza eredi dell’ultimo
discendente, Antonia Secco Suardo, vedova
di Giacomo Solza «decise di disfarsi del
feudo che tornò all’immediata dipendenza
dell’autorità centrale».
Verso la metà del secolo XVIII il Comune
di Annicco contava 1256 anime, a metà dell’Ottocento
2184. Barzaniga (piccola borgo che può però
vantare una chiesa parrocchiale opera di
Luigi Voghera) dal 1928 fa parte del Comune;
il numero degli abitanti oggi è attorno al
1900.
Quella di Annicco è una campagna ricca, resa
feconda ovunque grazie anche alla rete di
canali alimentati dal Naviglio civico di
Cremona e dal “Pallavicino”. Solo una piccola
parte è posseduta da piccoli proprietari,
“coltivatori diretti”. I possessori degli
estesi fondi abitano in città; anche marchesi
Stanga Trecco (diversamente dai loro antenati
cinquecenteschi) amministrano da lontano
il loro podere “modello” comprendente oltre
un quarto del territorio comunale. La ricchezza
proviene dal prodotti dell’agricoltura, compresa
la coltivazione del lino e la gelsi-bachicoltura,
grazie alle quale però può avere inizio lo
sviluppo industriale, con modeste officine
o di fabbriche di discrete dimensioni – in
altri comuni –, legate alla lavorazione della
seta. Ad Annicco operano aziende specializzate
nel candeggio delle tele.
Il buon andamento dell’economia non poteva
però frenare quella tendenza migratoria che
coinvolse molte parti dell’Italia nella seconda
metà dell’800. Pestilenze sei- e settecentesche
non avevano falcidiato la popolazione di
Annicco come fece l’emigrazione, specialmente
verso il Brasile, attorno al 1876. Il benessere
generalizzato atteso dall’Italia Unita non
ci fu. Eppure, Annicco come altre comunità
perse dei suoi figli nelle battaglie mosse
da sì nobili ideali: Luigi Strumia morì a
Castelfidardo, Luigi Rovida sul Volturno.
Morirono da garibaldini, sfidando “lo straniero”.
Ma a far conoscere il nome del paese, in
Italia e nel mondo, non furono i garibaldini
– “risorgimentali” e partigiani – né l’eroico
prete antifascista don Mario Bozzuffi; non
furono i contadini delle leghe bianche e
rosse o i morti caduti nelle due guerra e
tanto meno quel curioso “mercato dei capelli
umani” che talvolta viene evocato. Annicco
è terra della famiglia Stanga, è il paese
natale del baritono Mario Basiola.
Mario Basiola
Per il grande, cosmopolita Mario Basiola,
Annicco è “teatro” dell’inizio e della fine.
Qui nasce il 12 luglio 1892, qui si ritirerà
– nella villa fatta costruire, si dice, “all’immagine”
del Teatro “Metropolitan” di New York – prima
di morire il 3 gennaio 1965.
La sua famiglia è una di quelle che tentano
la fortuna in Brasile, tornando dopo alcuni
anni con la delusione nel cuore. Basiola
lascerà di nuovo il paese quando potrà andare
a studiare all’Accademia S. Cecilia, per
dare sostegno tecnico-artistico al suo innato
talento.
Debutta, dunque, a Roma, nel 1918; è la Traviata
a far conoscere il suo nome e a lanciarlo
verso i palcoscenici più stimati, italiani
prima e internazionali in seguito.
Ritorna in America nel 1924, “emigrato speciale”,
ma non nel Brasile delle fatiche della sua
famiglia. Oltreoceano lo attende New York,
il “Metropolitan”, il successo nell’Aida
e nelle più prestigiose parti da baritono
del repertorio tradizionale della lirica.
Lo attende anche il matrimonio con il soprano
Caterina Gobbi. Resterà al “Metropolitan”
fino al 1932, per proseguire poi la sua carriera
nei vari teatri lirici italiani ed europei.
Lo si ricorda nel Rigoletto, nel Il Trovatore,
nel Falstaff come in Cavalleria rusticana,
o nei Pagliacci. Ma grazie a lui sono state
riproposte anche opere come Il Pirata e La
straniera di Bellini o Il figliol prodigo
di Ponchielli.
Ritirarsi dai grandi palcoscenici non è per
Basiola un evento traumatico. Dopo l’ultima
recita nel 1952, si stabilisce a Milano e,
insieme alla moglie, si dedica all’insegnamento
del canto nella scuola da loro fondata.
E anche oggi, attraverso il premio a lui
intitolato e organizzato al Teatro Sociale
di Soresina, Basiola continua ad essere di
sostegno per le nuove leve del “bel canto”.
La famiglia Stanga
Il capostipite fu Zambonino: abbiamo sue
notizie del 1232, Console di Giustizia; a
dare vita al ramo di Annicco è suo figlio
Nicolino. Mentre il ramo di discendenza dal
fratello Samuele si distinguerà per illustri
personaggi nel campo militare e diplomatico,
gli Stanga di Annicco, nei secoli addietro,
si occupavano prevalentemente delle loro
terre. Eppure, a dar lustro al nome, in tempi
più recenti, sono stati proprio i discendenti
del ramo “contadino” del nobile casato.
Fu Filippo Maria Visconti, nel 1420, a concedere
il feudo costituito dal territorio di Annicco
alla famiglia milanese Lampugnani, privilegio
riconfermato nel 1441 dal duca Francesco
Sforza a Giovanni Andrea Lampugnani, autorizzandolo
in seguito, nel 1464, a cedere il feudo al
capitano Giovanni Francesco Stanga. E i discendenti
del capitano s’insediarono lì per ben curare
i cospicui interessi. Ma uno di loro, Cesare,
lascia le sue terre in eredità all’Ospedale
di Santa Maria della Pietà di Cremona; gesto
nobile ma poco condiviso dagli altri eredi
i quali però nemmeno con le carte bollate
riuscirono a rientrarne in possesso. Un danno
sì ma non irreparabile, nell’epoca dei matrimoni
“fruttuosi”. Il feudo di Annicco torna alla
famiglia Stanga, oramai marchesi Stanga Trecco,
che nell’Ottocento avrà dei discendenti con
una vera passione per l’agronomia. Vincenzo,
Ferdinando, Idelfonso: artefici di studi
sperimentali, protagonisti anche della vita
civile con il loro impegno in campo educativo.
Ferdinando Stanga donò il palazzo di famiglia
perché fosse destinato ad istituto agrario
(in seguito “Istituto Tecnico Agrario “Stanga”),
e si prodigò per un «consorzio permanente
per la istituzione ed il funzionamento in
Cremona della Scuola di Meccanica Agraria
G. Beltrami», ente morale istituito effettivamente
con Regio decreto nel 1927.
Il Palazzo Stanga
A cavallo tra il 500 e il 600 si diede inizio
alla costruzione di uno dei palazzi aristocratici
più belli nella città di Cremona. A distanza
di 4 secoli poco resta dell’originale edificio
opera dell’architetto- ingegnere Francesco
Riccio della Torre e gli scultori Giovanni
Gaspare Pedoni e Giovanni Pietro da Rho (autore
della “Porta Stanga” oggi al Louvre): la
parte più antica è la parete del cortile
che troviamo di fronte entrando, le cariatidi
di identica fattura a quelle del Palazzo
Affaitati, opere di Giuseppe Dattaro detto
il Pizzafuoco.
Sarà l’architetto Faustino Rodi ad eseguire
una profonda ristrutturazione del palazzo
a partire dagli ultimi anni dei 700, seguendo
il gusto neoclassico dell’epoca, inserendo
l’ampio scalone, adeguando gli interni alle
esigenze e non risparmiando al nuovo nemmeno
il giardino. La facciata è stata rifatta
nel 900, in stile “barocchetto”, seguendo
il progetto dell’architetto Marchetti.
Amministratori in carica – febbraio 2006
Carica Nome amministratore
SINDACO RINO FERRI
ASSESSORE FAUSTO RUGARLI
ASSESSORE ANDREA VANNI MILANESI
ASSESSORE MAURIZIO FILIPPINI
ASSESSORE ALBERTO FERRARI AGGRADI
CONSIGLIERE LUCIA MILANESI
CONSIGLIERE PAOLO SPERONI
CONSIGLIERE MARZIO AGAZZI
CONSIGLIERE GIUSEPPE STRINGHETTI
CONSIGLIERE PIERANGELO VIOLANTI
CONSIGLIERE MARIA STRINGHETTI
CONSIGLIERE GERVASIO CIPELLETTI
CONSIGLIERE CLAUDIO COPPI
 
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