15 Settembre, 2002
Boldori Attilio , assassinato dai fascisti
Il ricordo di Attilio Boldori a S. Vito di Casalbuttano
Boldori Attilio
Nato a Duemiglia (Cremona) nel 1883. Assassinato dai fascisti l’11 dicembre 1921.
Socialista sin dagli anni giovanili. Combattente della prima guerra mondiale, guerra che avversò sempre duramente. Gravemente ferito tornò invalido.
Subito dopo la guerra fu con Arturo Verzelletti, Caporali ed altri compagni uno dei dirigenti più stimati e capaci della Federazione Socialista di Cremona.
Redattore dell’Eco del Popolo, membro dell’Esecutivo della Camera del Lavoro. Fu consigliere comunale di Cremona e Vice presidente dell’Amministrazione Provinciale dall’ottobre 1920. In uno scontro con i fascisti ebbe un braccio spezzato. Mentre stava svolgendo in provincia la propria attività di dirigente del movimento operaio venne riconosciuto da un gruppo di squadristi fascisti.
Venne inseguito in aperta campagna e massacrato con bastonate e calci presso la cascina Marasca.
L’efferato assassinio ebbe una forte risonanza nazionale; a Cremona venne proclamato uno sciopero generale.
Ai suoi funerali, pur essendo la città percorsa da minacciose squadracce fasciste parteciparono larghe masse di cittadini. ( fonte www.ampi.cremona.it)
Il ricordo di Attilio Boldori a S. Vito di Casalbuttano
Nella cascina Traballino una lapide onora la memoria di un uomo ucciso da un manipolo di squadristi, poco più che ragazzi ma fascisti feroci, assassini di Attilio Boldori. L’uomo simbolo del movimento operaio e del socialismo cremonese, individuato in un’auto ferma per un guasto nei pressi della Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano, massacrato a bastonate nei campi dove i suoi assalitori lo inseguono mentre tenta di mettersi in salvo. È l’11 dicembre 1921.
Non si tratta di un “episodio”. Giuseppe Azzoni, nelle sue note Lo squadrismo a Cremona presenta l’interminabile elenco di provocazioni, ferimenti, uccisioni, incendi e altri atti vandalici che contrassegnavano in provincia di Cremona la marcia dei fascisti verso il potere assoluto; non diversa era la situazione in altre parti d’Italia. Nelle zone “rosse” com’era il Cremonese, forse vi erano solo in numero maggiore i “bersagli” – i centri di radicamento sociale e politico della sinistra, i partiti, i giornali, le cooperative – contro i quali accanirsi, indisturbati quando non sostenuti.
Attilio Boldori era un “bersaglio”.
Nato nel comune di Due Miglia (1883), qui sarà eletto nel 1914 consigliere comunale nelle liste del Partito Socialista, poi anche sindaco. In seguito lo troveremo anche nell’Amministrazione provinciale, consigliere prima e vice presidente poi. Torna invalido dalle trincee della Grande Guerra, una guerra che aveva sempre avversato. Redattore dell’Eco del Popolo e membro dell’Esecutivo della Camera del Lavoro. Si dedica alla creazione della Federazione provinciale delle cooperative di consumo e di lavoro. È dunque un vero “bersaglio”. Già nel 1920 era rimasto coinvolto in un attacco squadrista; in quell’occasione a morire era toccato ad altri due compagni. L’11 dicembre 1921, a S. Vito di Casalbuttano, è inciso nella memoria con il sangue di Attilio Boldori..
Scrive Lorenzo Magarini in Ritratti di politici cremonesi dell’otto-novecento: «I tre compagni di viaggio, Cerruti, Pedraneschi e Ferrari, i quali, come Boldori, non portavano armi, furono i testimoni dell’aggressione, per cui fecero arrestare i fascisti che avevano partecipato all’assassinio di Boldori. Erano quasi tutti minorenni, figli di commercianti e di un medico. Uno di loro, reo confesso, aveva sedici anni. La giustizia poteva salvare dei giovani irresponsabili, ma bisognava cercare i veri responsabili, i mandanti, come l’on. Dugoni affermò alla Camera. Il delitto fece una grande impressione in tutto il paese. A Cremona fu subito commemorato al consiglio provinciale, dove tutti gli esponenti politici democratici esposero il loro cordoglio. Solo la stampa fascista difese gli assassini, non solo, ma tentarono di ostacolare gli spontanei cortei di gente che dimostrava la condanna alle imprese degli squadristi. Ai funerali [nel cimitero di Cremona] parteciparono ventimila persone.»
Boldori, promotore di cooperative, brutalmente assassinato
di Giuseppe Manfrin
Nella prima sessione parlamentare della XXVI Legislatura (1921) l’on. Enrico Dugoni prese la parola per protestare contro l’uccisione di un compagno. “Parlo – disse Dugoni – con l’animo commosso ed addolorato per la tragedia che ha colpito l’uomo, il nostro compagno caduto sotto i colpi della solita mazza ferrata. Onorevoli colleghi, Boldori potrebbe essere un nostro collega se Lazzari anziché optare per Cremona avesse optato per Milano.
Boldori sarebbe venuto fra noi e l’avreste conosciuto ed ammirato e stimato, come lo stimammo e l’amammo noi, che con lui avemmo consuetudini ventennali di vita, di lavoro e di fede. Egli non ha dato nella sua vita un solo argomento di giustificazione all’aggressione che lo ha massacrato. Questa tragedia, riprova tristemente ciò che io andavo dicendo a voi, in questa aula, pochi giorni or sono. Certo non credevo che a così breve distanza di tempo le mie lugubri previsioni avrebbero avuto così impressionante conferma”. Dugoni, più avanti, coraggiosamente disse: “…diciamo solo che la responsabilità di questi assassini non cade soltanto negli esecutori materiali. Non sono solamente gli agrari, né solamente gli assoldati ma anche di coloro che guidano il movimento fascista ed il governo che non vuol intervenire. “Notizie biografiche e della barbara uccisione di Attilio Baldori ho potuto attingere ampie descrizioni che Lorenzo Magarini ha esposto nel suo volume (Ritratti di politici cremonesi dell’otto-novecento). L’11 dicembre 12921, una ventina di manganellatori fascisti; reduci da qualche scellerata impresa quale erano soliti operare tra gente inerme, intercettarono un auto in panne. In quell’auto c’era Attilio Boldori (nella foto) ed altri tre compagni di viaggio. “… la squadra armata – scrisse Magarini – riconosce l’esponente socialista, scende in strada, lo circonda, lo insulta, lo spintona. Lui non ha che la fuga come mezzo di difesa. Fugge a piedi, ma gli inseguitori lo raggiungono a Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano. Lo assalgono e lo bastonano selvaggiamente. Quando Boldori è a terra, i fascisti, cantando i loro inni, tornano in città”. Attilio Baldori morirà all’ospedale di Cremona senza aver ripresa conoscenza, aveva 38 anni, lasciò nel dolore e nella miseria la moglie e due figli in tenera età. Attilio Boldori nacque a Due Miglia, un comune alla periferia di Cremona, il 4 agosto 1883, lasciò presto la scuola per esigenze famigliari. Fece il muratore e il tipografo e per la sua capacità professionale, i compagni di lavoro lo vollero presidente della Società tipografica cremonese. Nel 1914 fu eletto nella lista del Psi consigliere comunale e poi sindaco del comune di Due Miglia, venne eletto anche consigliere dell’Amministrazione provinciale e ne divenne il vice presidente. Chiamato alle armi, combatté, durante il primo conflitto mondiale, per lungo tempo in trincea. A guerra finita, tornò molto provato fisicamente dai disagi subiti. Riprese il suo lavoro e l’attività politica. Creò la Federazione provinciale delle cooperative al fine di tutelare le affiliate cooperative di consumo, di produzione e agricole. Nel 1920, in uno scontro tra fascisti e avversari di questi, rimasero uccisi due socialisti e due fascisti. Boldori, presente al fatto, rimase ferito al braccio da una pallottola. Boldori non portava mai armi. Un anno dopo avvenne la selvaggia aggressione e la sua uccisione. I tre compagni di viaggio, Cerruti, Pedraneschi e Ferrari, i quali, come Boldori, non portavano armi, furono i testimoni dell’aggressione, per cui fecero arrestare i fascisti che avevano partecipato all’assassinio di Boldori. Erano quasi tutti minorenni, figli di commercianti e di un medico. Uno di loro, reo confesso, aveva sedici anni. La giustizia poteva salvare dei giovani irresponsabili, ma bisognava cercare i veri responsabili, i mandanti, come l’on. Dugoni affermò alla Camera. Il delitto fece una grande impressione in tutto il paese. A Cremona fu subito commemorato al consiglio provinciale, dove tutti gli esponenti politici democratici esposero il loro cordoglio. Solo la stampa fascista difese gli assassini, non solo, ma tentarono di ostacolare gli spontanei cortei di gente che dimostrava la condanna alle imprese degli squadristi. Ai funerali vi parteciparono ventimila persone e, al cimitero, l’on. Cazzamalli portò l’ultimo saluto del Psi al compagno caduto.
Nel 1945, dopo la Liberazione, il sacrificio di Attilio Boldori fu degnamente ricordato da tutti. Nel cimitero della città gli fu eretto un monumento a testimonianza dei democratici cremonesi e gli fu dedicata una via del centro di Cremona. L’on. Enrico Dugoni, a conclusione della sua interrogazione che fece in occasione dell’assassinio di Boldori, rivolto al governo disse: “…Come volete evitare i massacri, gli assassini, le tragedie che portano non solo alla morte del Boldori, che qui ricordiamo, perché conosciuti siano da noi e apprezzati dagli avversari, ma tragedie, devastazioni e dolori immensi nel popolo nostro, che vive costantemente sotto il terrore? – Non vi domandiamo nulla, né vi diciamo che prenderemo le rivoltelle per impedire che altri ci aggrediscano. Avvenga quel che deve avvenire: almeno preoccupatevi del disonore che si proietta su tutta Italia che va a rovina”.
Fonte: http://www.avantidelladomenica.it/
Avanti! della Domenica - Settimanale socialista diretto da Carlo Correr
** materiale raccolto ed organizzato da Gian Carlo Storti, Cremona 17 agosto 2006
 
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