15 Settembre, 2002
Dal maxiemendamento alla mini Finanziaria (da www.lavoce.info)
Tito Boeri e Pietro Garibaldi descrivono l'estenuante iter della Legge Finanziaria e propongono ipotesi alternative
Lo si dice ogni anno, ma non lo si fa mai. Appena ultimato l'iter
della Finanziaria, ci si promette che sarà l'ultima volta che verrà
seguita questa estenuante procedura. In realtà rimane sempre tutto
uguale. Anzi peggiora. La Finanziaria 2007 passerà alla storia per il
suo articolo dai 1365 commi, un record nel record: più di 13 commi
per ogni membro del governo più numeroso della storia repubblicana
(102 fra ministri e sottosegretari). È un tourbillon di disposizioni
che abrogano altre disposizioni, magari votate solo qualche settimana
prima. E per rimediare agli errori, tra cui quello clamoroso dei
termini di prescrizione sui danni all'erario inferti da
amministratori pubblici, si annunciano già nuove disposizioni, in una
rincorsa legislativa che rende il testo sempre meno comprensibile
agli stessi giuristi. Dopo questi nuovi eccessi, c'è da sperare che
un governo in calo di consensi trovi la forza per reagire. Il
richiamo del Presidente Napoletano al "testo abnorme" può servire.
Uno dei primi atti della cosiddetta fase due del governo dovrebbe
proprio essere la metamorfosi della Finanziaria, dal monstre del
maxiemendamento in una legge di bilancio semplice, snella e
leggibile. Sarebbe un bel segnale di svolta.
Come si arriva al maxiemendamento
Il collasso della Finanziaria è sotto gli occhi di tutti. Le
patologie delle procedure di bilancio sono state efficacemente
narrate da Valerio Onida sulle colonne del Sole-24Ore . Da una parte
c'è la natura universalistica della legge Finanziaria, un testo in
cui trovi di tutto e di più, dall'altra una legge che può essere
approvata solo con un maxiemendamento e il ricorso al voto di
fiducia. La Finanziaria che viene presentata dal governo al
Parlamento entro fine settembre è un disegno di legge che ha una
conversione certa entro la fine dell'anno, pena l'entrata
nell'esercizio provvisorio. Di qui il motivo per cui tutti vogliono
aggiungere il loro comma, con le richieste più specifiche e più
settoriali, in pieno contrasto con lo spirito generalista che
dovrebbe caratterizzarla (sancito dalla sua legge istitutiva).
L'assalto alla diligenza c+ontinua lungo l'interminabile iter
parlamentare: la legge viene emendata e votata in commissione alla
Camera, in commissione al Senato e poi nelle due Aule. Se una camera
modifica anche un solo comma, è necessario tornare all'altra camera.
Sembra il gioco dell'oca: il rischio di non arrivare mai alla fine è
tutt'altro che remoto.
Per questo motivo da più di un decennio c'è un accordo tacito tra
governo e Parlamento: dopo la presentazione da parte del governo, per
circa un mese il Parlamento ha il "diritto" non scritto di assaltare
la legge Finanziaria con migliaia di emendamenti, spesso ispirati
dagli stessi partiti se non dagli stessi ministri che l'hanno
approvata in Consiglio dei ministri. Poi, con l'avvicinarsi del
Natale, e del relativo rischio di esercizio provvisorio, l'esecutivo
pone fine all'assalto e presenta il maxiemendamento. Si tratta di un
singolo articolo, su cui è necessario un solo voto dell'Aula (la
Costituzione prevede che la legge venga votata articolo per articolo)
e su cui viene posta la questione di fiducia. Nel frattempo,
comunque, sul maxiemendamento sono saliti in tanti. Gli ultimi
salgono mentre il governo ne assembla i commi. Il malloppone
illeggibile è pronto per l'Aula che voterà a scatola chiusa. E' una
procedura che svilisce il ruolo del Parlamento ed espone il Governo a
molti errori.
È una prassi che si ripete da ormai dieci anni, quale che sia il
governo in carica. La riforma delle procedure di bilancio dovrebbe
perciò andare nell'interesse sia del governo che dell'opposizione,
prima o poi, destinata a governare. Eppure, non se ne fa nulla.
Perché? Forse perché ogni riforma sembra richiedere inevitabilmente
un qualche ridimensionamento del ruolo del Parlamento, del suo
diritto di inserire nella legge Finanziaria tutto e il contrario di
tutto. Per chi sta in quel momento all'opposizione la proposta è
irricevibile. E si trovano sempre indiani in giro che hanno fatto le
loro carriere sugli assalti alla diligenza. Per questi motivi, prima
ancora che per ragioni costituzionali, la prospettiva di una legge
Finanziaria di iniziativa governativa che il Parlamento possa solo
approvare o rigettare, senza poter apportare emendamenti, così come
avviene nel Regno Unito, viene scartata a priori.
Migliorare si può
È possibile, comunque, migliorare e non di poco la procedura. Si
tratta di operare su due piani: i) snellire la procedura e ii)
riequilibrare i poteri in materia di controllo e iniziativa di
bilancio tra governo e Parlamento. Questi due pilastri della riforma
si auto-sostengono. Vediamo come.
La legge Finanziaria deve diventare un vero e proprio bilancio dello
Stato e della pubblica amministrazione. Il documento inviato dal
governo alle Camere entro fine settembre dovrebbe contemplare
stanziamenti divisi per principali aree di intervento: sanità,
previdenza, giustizia, istruzione, università, ordine pubblico,
difesa, e così via. Simultaneamente, il governo dovrebbe proporre un
finanziamento del totale delle spese, preferibilmente diviso per
tipologie di entrata: imposte sul reddito, imposte sul valore
aggiunto, contributi sociali, eccetera. La Finanziaria sarebbe così
un vero e proprio bilancio, come avviene oggi in Francia, corredato
da una relazione tecnica di accompagnamento.
Nel nuovo assetto della Finanziaria, la relazione tecnica gioca un
ruolo fondamentale: serve a garantire che le variazioni di spesa e di
entrate previste dal governo abbiano effettivamente un fondamento
economico e giuridico. A nostro giudizio, la relazione tecnica
dovrebbe essere elaborata dal servizio di bilancio di Camera e
Senato, anziché dalla Ragioneria generale dello Stato. Oggi la
Ragioneria ha il potere di apporre il "bollino" sulle leggi di spesa
e relative copertura. È certamente un organo di natura tecnica, ma
sotto lo stretto controllo (e quindi il potenziale forte
condizionamento) del ministero dell'Economia e delle finanze. Nella
nostra proposta, i compiti di "bollinatura" andrebbero sottratti al
governo e trasferiti al Parlamento, o, per lo meno, a un organo
tecnico controllato dal Parlamento.
Il bilancio per comparti di spesa dovrebbe essere redatto in
relazione alle previsioni di spesa e di entrata dell'anno in corso.
Rappresenterebbe un modo per rendere semplici e trasparenti gli
incrementi di spesa dei singoli comparti, così da evidenziare
immediatamente i capitoli di spesa privilegiata. E sarebbe anche un
modo per superare la costruzione del bilancio tendenziale (o a
legislazione invariata), uno degli strumenti meno trasparenti della
contabilità pubblica, come già tentato da diversi ministri, nel 2004
e nella metà degli anni Novanta.
Questa Finanziaria snella, definita per grandi comparti di spesa e di
entrata, verrebbe poi esaminata ed emendata da una commissione
congiunta di Camera e Senato. Prima di passare in Aula, il testo
dovrebbe tornare al governo, in modo da consentire all'esecutivo di
accettare o meno i cambiamenti proposti dalla commissione bicamerale.
La nuova legge arriverebbe a quel punto in Aula, strutturata in un
singolo articolo, i cui commi (una trentina al più) si riferiscono ai
diversi comparti di spesa e di entrata. Le variazioni di aliquote
fiscali e variazioni superiori ad una percentuale ben definita (ad
esempio il 5%) dovrebbero già essere indicati nei commi. In sintesi,
la legge di bilancio fisserebbe il quadro macroeconomico della
manovra, lasciando a legislazioni successive il compito di definire
in tutti i dettagli le allocazioni di spesa. Su questo singolo
articolo, con titoli-commi corrispondenti ai principali capitoli di
spesa, il governo potrebbe porre il voto di fiducia, senza bisogno di
cambiare i regolamenti parlamentari. Per gli enti locali e il resto
della pubblica amministrazione, la Finanziaria dovrebbe limitarsi a
proporre dei saldi di bilancio, così come contemplato dal nuovo Patto
di stabilità interno.
Un processo di questo tipo potrebbe completarsi in trenta giorni,
consegnando al paese una legge di bilancio comprensibile e un
calendario parlamentare di fatto più lungo. Dove potrebbero trovare
spazio la discussione di leggi specifiche ai diversi comparti di
spesa o alle grandi voci di entrata. Queste leggi dovrebbero essere
in parte collegate alla Finanziaria, e avere quindi un'approvazione
certa, ad esempio, entro il marzo dell'anno successivo a quello di
approvazione della Finanziaria. In quella sede, il governo
disporrebbe anche delle informazioni relative al bilancio consuntivo
dell'anno concluso, in modo da includere eventuali variazioni
significative di stima. Ad ogni modo, le singole leggi collegate alla
Finanziaria dovrebbero rispettare i vincoli per grandi aree di spesa
imposti dalla legge di bilancio.
Siamo consapevoli del fatto che oggi la contabilità pubblica fatica a
fornire stime di costo per grandi comparti di spesa, come previsto
dalla nostra proposta. Se si escludono la sanità e, in parte, la
previdenza, è molto difficile oggi stimare il costo di istruzione,
difesa e ordine pubblico. Ma non è impossibile. I francesi negli
ultimi quattro anni ci sono riusciti. Possiamo farcela anche noi.
 
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