15 Settembre, 2002
Paolo Bodini: perché mi sono astenuto
Dopo la convulsa giornata al Senato di ieri, alcune precisazioni del senatore di Cremona
Egregio Direttore,
dopo la convulsa e certamente non positiva (per la maggioranza di governo) giornata di ieri al Senato, e alla luce di alcuni commenti sul mio operato che reputo quantomeno affrettati e forse non corredati da sufficienti informazioni, credo sia utile fornire alcune precisazioni sul mio voto e sulla mia posizione politica.
E' necessario per questo tenere ben distinti i due aspetti: quello appunto politico e quello di tattica e/o strategia parlamentare; per far questo bisogna conoscere a fondo alcuni meccanismi regolamentari nei quali non potrò addentrarmi troppo per problemi di spazio.
Partiamo comunque dal primo: io credo che il governo abbia sbagliato nella impostazione del problema dell'ampliamento della base di Vicenza. La richiesta americana (a meno che non esistessero impegni scritti ed inequivocabile del precedente governo - cosa che ad oggi non risulta) doveva essere l'occasione per ridiscutere nella sua globalità il problema delle basi americane in Italia a 60 e più anni dalla fine della guerra e a 17 anni dalla caduta del muro di Berlino. Precedenti quali quelli della tragedia del Cermis non possono non far riflettere sulla necessità di rivedere certi accordi che ci vedono in condizioni non paritetiche (per usare un eufemismo) e che sono figli di un rapporto liberatori-liberati non più attuale. Ritengo che l'alleanza atlantica nel suo complesso abbia ancora un ruolo ma che anche questo vada profondamente ridiscusso alla luce di un nuovo equilibrio tra Europa e America. Mi sento amico degli USA in quanto nazione (e con profondi legami di amicizia e ora anche famigliari) ma sono estremamente critico con la politica estera di
questa amministrazione che ha dimostrato di non capire quali sono i reali problemi negli equilibri mondiali, che ha pensato di poter combattere il terrorismo con una guerra convenzionale (anziché con l'intelligence e con nuove politiche di inclusione), che è stata sprezzante delle regole e delle istituzioni internazionali e che ha perfino calpestato diritti civili basilari. Oltre tutto gli USA sono ancora in fase di belligeranza in Iraq con progetti di escalation che tristemente ricordano i tempi del Vietnam, con un Congresso che finalmente sta volgendo le spalle ad uno dei peggiori presidenti che
gli USA abbiano mai avuto (e che noi per anni con il governo di centrodestra abbiamo adulato).
Anche dal punto di vista urbanistico (per gli elementi a mia disposizione) l'allargamento della base di Vicenza comporta problemi notevolissimi per la sua compenetrazione con il tessuto urbano e dunque sarebbe comunque un difficile problema da risolvere. E Vicenza non può e non deve essere lasciata sola in questo.
Detto questo veniamo alla mattinata in Senato. Al mattino erano depositati varie mozioni ed ordini del giorno, come spesso succede, variamente modulati. Dopo le comunicazioni del Ministro Parisi, che di fatto conferma il sostanziale via libera del governo al raddoppio della base, il senatore Calderoli ed altri, con abile mossa, presentano una mozione tanto semplice quando efficace nel mettere in difficoltà la maggioranza, nelle cui fila siedono forze che accettano le portanti fondamentali della politica estera (quali la permanenza nella NATO) presenti nel programma, ma
chiedono giustamente segnali di discontinuità con il passato. Al termine della discussione il ministro Parisi non era più in aula e, con mia grande sorpresa, al momento delle dichiarazioni, il governo, per bocca del vice ministro Intini, dichiara che non accoglie nessuna delle mozioni presentate dalla opposizioni e quindi nemmeno quella che approvava, con formula secca ed inequivocabile, le comunicazioni del governo stesso. Questa mozione aveva chiaramente due facce: da una parte il fatto che al centro destra andava realmente bene la decisione del governo, e dall' altra
la chiara funzione strumentale di mettere nei guai la maggioranza. La scelta di votare contro questa mozione (peraltro comunicata tardivamente, senza sufficiente coordinamento e tempo di persuasione di tutti i gruppi) è stata a mio avviso sbagliata: una maggioranza non può votare di fatto contro il proprio governo, per ragioni ovvie. L'unica via di uscita, nelle circostanze, era quella di accordarsi per un voto di astensione su quella mozione, denunciando ne in dichiarazione di voto la strumentalità e magari dopo la richiesta di una pausa nei lavori per "riordinare le fila". La
disposizione di votare contro era così "innaturale" che ha indotto alcuni senatori a non partecipare al voto. Tanto quanto l'astensione, di fatto, è un voto negativo perché sottrae numeri a chi cerca la maggioranza, altrettanto la non partecipazione abbassa il quorum e quindi favorisce chi cerca la maggioranza. Basta guardare i numeri e si capisce che se i non votanti (e presenti i aula) avessero fatto come me, la mozione non sarebbe passata.
L'astensione ha anche un duplice significato politico: dice al governo che non si è allineati sulle sue posizioni senza arrivare al voto contrario per un fatto che costituisce sì un errore, ma non un "peccato mortale".
Tutto ciò anche alla luce del fatto che era stata presentata dal centro sinistra una propia mozione (poi votata a maggioranza dalla "vera maggioranza") che, prendendo atto delle dichiarazioni del governo, chiedeva un impegno del governo stesso a convocare tutti gli organismi interessati per rivedere proprio nel suo insieme il problema delle basi militari sul nostro territorio.
Nove anni di Consiglio Comunale mi hanno insegnato, nel mio piccolo, che non si affrontano così appuntamenti a rischio.
Respingo quindi ogni accusa di superficialità o di aver deviato da alcune mie note posizioni, e sono ovviamente disposto ad ogni incontro chiarificatore.
 
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