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15 Settembre, 2002
Governo, politica fiscale - *Meglio documentarsi*
Vincenzo Visco in audizione alla Commissione Bilancio della Camera - Il testo della relazione e del dibattito

Della politica finanziaria e fiscale del Governo occorrerebbe discutere civilmente, senza incorrere, come capita spesso, in cadute demagogiche o estremistiche.
Per fare ciò é necessario documentarsi e non basarsi sulla opinione pubblica corrente, che spesso ripete "a paperetta" luoghi comuni e banalità.
Il 25 luglio scorso vi è stata un'esemplare audizione del sottosegretario Vincenzo Visco della Commisione Bilancio della Camera.
A quanto risulta dagli atti, Visco ha fornito parecchi dati e si è dimostrato particolarmente competente in una materia molto complessa, mostrando anche i numerosi vincoli oggettivi che condizionano la politica del governo.
Ha dichiarato anche che si opporrà all'aumento della pressione fiscale che va invece ridotta progressivamente.

Il tono del dibattito è stato più che civile e l'opposizione ha riconosciuto che la relazione era pregevole e che Visco, visto da vicino, era "fin simpatico" contrariamente alla opinione corrente.
Di seguito forniamo il testo della relazione ed il resoconto del dibattito. Il testo é particolarmente lungo, per questo la seconda parte va letta cliccando sull'allegato


***

COMMISSIONE V - BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE
Seduta di mercoledì 25 luglio 2007

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LINO DUILIO ( L' ULIVO )

La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. ( L' ULIVO )
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del viceministro dell'economia e delle finanze Vincenzo Visco.

PRESIDENTE. ( L' ULIVO )
L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del viceministro dell'economia e delle finanze, Vincenzo Visco.
Ringrazio il viceministro Visco per aver tempestivamente accolto la richiesta di audizione, sollecitata da tutti i gruppi della Commissione, in occasione dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 81 del 2007.
Ricordo che il presupposto per l'adozione del decreto è costituito dal conseguimento di un maggiore gettito rispetto a quello preventivato, come peraltro risulta dal disegno di legge di assestamento, attualmente all'esame del Senato. Il positivo andamento del gettito tributario si è dimostrato un fattore decisivo per la tenuta dei conti pubblici e per il conseguimento degli obiettivi stabiliti in materia.
Peraltro, penso di poter dire che, essendo trascorso un anno di lavoro dall'inizio dell'attività di Governo, questa sia una buona occasione per cercare di esaminare i dati, dopo un arco di tempo abbastanza significativo che ci consente di indagare più in profondità sul dato dell'aumento delle entrate, anche per cercare di avere più chiarezza sulla dimensione strutturale delle entrate e dell'incremento, o sulla dimensione congiunturale, essendo evidentemente questa una distinzione non accademica, ma che comporta riflessi significativi per quanto riguarda la destinazione delle stesse entrate.
Stiamo parlando di maggiori introiti che peraltro hanno permesso di provvedere, proprio attraverso il decreto-legge n. 81, anche all'attenuazione degli effetti correttivi di alcune disposizioni della legge finanziaria per l'anno in corso: mi riferisco agli accantonamenti ex comma 507 della finanziaria, quindi in particolare, rispetto a quanto è stato fatto con il decreto n. 81, al disaccantonamento di una parte consistente di quelle risorse, al rifinanziamento di alcune autorizzazioni di spesa e all'assegnazione di maggiori risorse per la realizzazione di infrastrutture.
Questo fenomeno positivo, al di là della genesi e del fondamento, che potranno avere valutazioni diverse - ma anche su questo punto il ministro potrà intervenire - sembra assumere, almeno per una parte consistente, un carattere strutturale.
Personalmente, mi sento di poter dire esplicitamente, come mia opinione personale, che sia doveroso dare atto al viceministro Visco e all'amministrazione finanziaria, di una coerente ed efficace azione che ha contribuito a recuperare parte del gettito precedentemente evaso.
Sappiamo tutti, per esperienza concreta, che nel nostro Paese sono ancora largamente diffusi comportamenti di infedeltà fiscale, favoriti - quasi sicuramente - da una normativa eccessivamente complessa e da un insufficiente livello di controllo, oltre che da abitudini consolidate, tutti comportamenti che vanno, peraltro, a danno della maggioranza dei cittadini che si comportano correttamente nei confronti dell'erario. L'azione realizzata in questo primo anno ha assicurato risultati che credo siano importanti, anche se in questo modo non si esaurisce lo sforzo che deve essere compiuto per una più equa ripartizione del carico tributario e per un abbassamento della pressione fiscale. La politica fiscale costituisce, infatti, il baricentro delle politiche economiche e finanziarie, soprattutto a livello europeo, considerati i vincoli imposti dall'adozione della moneta unica. Ovviamente, il discorso sulle entrate va affrontato tenendo presente quello, analogamente importante, riguardante la sfera delle spese. Mi auguro che comportamenti analoghi, anche in sede ministeriale, declinando il concetto della riduzione della spesa primaria, possano portare a conseguire, in termini di efficienza ed efficacia, risultati apprezzabili e quantificabili da mettere in bilancio, in modo tale da non contare esclusivamente sull'aumento delle entrate, ma - spero già a partire dalla prossima finanziaria - anche sulla riduzione delle spese, in particolare di quella primaria della pubblica amministrazione, in sostanza della spesa corrente. Concludo precisando che, dopo aver dato atto al viceministro Visco di questo merito, almeno per una parte significativa del recupero di gettito - che dovrebbe risultare confortante per tutti noi, maggioranza e opposizione -, occorrerebbe porsi anche il problema degli interventi, come ho già detto, per una complessiva attenuazione della pressione fiscale da realizzare assumendo gli obiettivi della massima equità e della valorizzazione degli strumenti per la promozione delle attività produttive.
Nel rinnovare il nostro ringraziamento al viceministro Visco, lo invito a illustrarci la relazione e a fornirci più puntuali elementi di chiarimento sul positivo andamento delle entrate tributarie e sulle linee di indirizzo a cui si ispirerà la politica del Governo, per quanto riguarda la riduzione della pressione fiscale.

VINCENZO VISCO, Viceministro dell'economia e delle finanze.
Signor presidente, ringrazio lei e i commissari per l'invito che mi è stato rivolto. La ringrazio, signor presidente, anche per le sue parole introduttive.
Come è diventata ormai abitudine, per l'illustrazione mi servirò di alcune slide, che sfoglieremo insieme. Partirei da pagina 5, dal momento che quelle precedenti riguardano essenzialmente l'indice, dove sono riportati i dati di sintesi della finanza pubblica nell'ultimo decennio, che ci forniscono delle informazioni rilevanti.
Come potete vedere, in ordine al livello di indebitamento netto abbiamo registrato una riduzione progressiva fino al 2000, poi una ripresa che ha portato nel 2005 a un disavanzo pari al 4,1 per cento e infine nel 2006 siamo tornati sotto la soglia del 3 per cento, e precisamente ci siamo attestati al 2,4 per cento, segnando un recupero molto importante.
Per quanto riguarda le entrate, la pressione fiscale raggiunge un picco nel 1997 in relazione all'ingresso in Europa (l'eurotassa e quant'altro), e in seguito si attesta più meno intorno al 41,5-42 per cento fino al 2001. Dopodiché, scende e si recupera nel 2006. La discesa tra il 2001 e il 2005, in realtà, non deriva da scelte di politica economica, in quanto la riduzione delle imposte, decisa nella passata legislatura, risulta esattamente compensata da un aumento di altre imposte. Quindi, c'è stata una riduzione attribuibile a due moduli dell'IRPEF compensata da aumenti di bolli, accise, concessioni e via elencando (come risulta anche da elaborazioni a suo tempo effettuate dall'Ufficio studi della Camera, gli ammontari sono identici).
In realtà abbiamo avuto una forte riduzione di adempimento spontaneo, il tax compliance, che potete vedere nella penultima riga, dove risulta che la pressione tributaria in senso stretto si colloca intorno al 29 per cento nel periodo 1996-2001, anche se in realtà sembra dal 1998, anno in cui vengono fiscalizzati i contributi sociali e introdotta l'IRAP, per cui si verifica un contestuale aumento della pressione tributaria e una riduzione dei contributi. Sostanzialmente, però, quell'operazione era a parità di gettito, quindi la pressione tributaria rimane costante fino al 2001 per poi scendere, mentre i contributi sociali, negli ultimi cinque anni, sono aumentati di circa mezzo punto, compensando la riduzione delle imposte.
Nel complesso, comunque, siamo su una pressione fiscale pari circa al 42 per cento del prodotto interno lordo, che ci posiziona, più o meno, in media europea, a un livello leggermente superiore. Tale quota percentuale è data da un 29 per cento di entrate tributarie e da un 13 per cento di contributi.
L'aumento delle entrate tributarie, fra il 2005 e il 2006, è estremamente rilevante, perché si passa dal 27,6 per cento al 29,3 per cento.
Contemporaneamente, però, dobbiamo vedere che cosa accade alla spesa, che rimane costante fino al 2001 (intorno al 37-37,5 per cento); in seguito comincia una crescita che ci porta al 40 per cento. Quindi, tra il 2001 e il 2005 abbiamo una crescita di oltre due punti di PIL di spesa corrente primaria che, unita alla riduzione della pressione tributaria, porta il disavanzo al di sopra del 4 per cento.
Ebbene, quello che noi abbiamo fatto è, dal lato delle entrate, ripristinare la situazione del periodo 1996-2001. Viceversa, dal lato della spesa, abbiamo avuto esclusivamente un blocco della tendenza a crescere.
Questa è un'analisi importante che ci fa comprendere alcune questioni che hanno a che vedere anche con la polemica politica corrente. Poiché il bilancio si compone di due elementi, le entrate e la spesa, se dobbiamo puntare a un bilancio tendenzialmente in pareggio e comunque nei limiti previsti dai trattati internazionali, non possiamo che operare su una delle due o su entrambe le variabili. Quindi, quando si parla di pressione tributaria eccessiva - che potrebbe essere anche un'affermazione condivisibile - bisogna vedere contemporaneamente che cosa succede e che cosa si può fare dal lato della spesa, e viceversa.
La composizione della spesa pubblica in Italia anche in questo caso, a parità di incidenza media complessiva, rispetto al resto dei Paesi europei è molto diversa, e lo è essenzialmente per due voci: gli interessi passivi sul debito pubblico, che sono circa il doppio di quelli degli altri Paesi, il che significa più di due punti di PIL, e la spesa per le pensioni passate, che è più alta della media degli altri Paesi europei di due o tre punti di PIL.
Quindi, sostanzialmente, abbiamo cinque punti di PIL che rappresentano pagamenti di debiti contratti nel passato. Essenzialmente questo debito si accumula negli anni '80: all'inizio il debito pubblico era il 57 per cento del PIL, mentre nel 1994 arrivava al 124 per cento, rischiando anche il default finanziario.
Oggi, quindi, i nostri margini sono abbastanza stretti, perché abbiamo una spesa molto rigida, con una tendenza a crescere (e cresce la spesa peggiore, ossia la spesa corrente).
Tenete presente che fra il 2001 e il 2005 si verifica anche una forte riduzione degli interessi, che noi, invece di portare a beneficio della finanza pubblica, abbiamo usato per compensare la spesa corrente, cresciuta di due punti e mezzo circa.
Ebbene, quanto detto serve a maggioranza e opposizione per riflettere. Personalmente ritengo che l'equilibrio che esisteva fino al 2001, con una spesa primaria intorno al 37-37,5 era di gran lunga preferibile a quello che si è verificato successivamente. Tuttavia, come è stato precisato, adesso non possiamo facilmente «rimettere il dentifricio nel tubetto». Quello che, probabilmente, si potrebbe fare è smettere di continuare a spremere il tubetto, provando nel giro di qualche anno a ridimensionare l'ammontare di spesa corrente. A quel punto, potremmo avere gli spazi per una riduzione di imposta sicuramente utile e importante, e che comunque noi pensiamo di iniziare a partire dalla prossima legge finanziaria.
Nella slide successiva è riportata una tabella che ci mostra la situazione di un anno fa. Si può vedere la relazione trimestrale di cassa di aprile, presentata dal Governo Berlusconi, che prevedeva un disavanzo del 3,8 per cento, mentre il DPEF prevedeva un disavanzo del 4 per cento. Sostanzialmente, non vi è una grande differenza rispetto alle previsioni. Nelle DPEF dell'anno scorso vi era già la presa d'atto di un aumento di entrate, attribuibile alla sottostima sella relazione trimestrale di cassa dell'aprile precedente.
Ciò detto, potremmo incominciare ad esaminare qualche dato sull'evasione fiscale, rispetto alla quale si sa praticamente tutto: in Italia l'evasione supera quella dei Paesi avanzati, infatti è quasi doppia rispetto a quella di Francia, Germania e Regno Unito, fino a quattro volte superiore a quella di Austria, Irlanda e Olanda. Rispetto ai Paesi OCSE, l'Italia sembra avere un sommerso di circa il 60 per cento più elevato rispetto alla media: sono dati sicuramente peculiari e inquietanti. Il sommerso è stato valutato dall'Istat nel 17-18 per cento del PIL, circa 230-245 miliardi, anche se l'evasione è superiore (abbiamo condotto degli studi confrontando il valore aggiunto in contabilità nazionale con la base imponibile dell'IRAP, che rappresenta appunto il valore aggiunto, appurando che l'evasione risulta superiore del 20 per cento).
Alcuni studi relativi alla base imponibile dell'IVA, sempre condotti dall'Agenzia delle entrate e dal dipartimento della politica fiscale, ci comunicano che l'IVA è evasa fino al 33 per cento. L'evasione, peraltro, in Italia è pandemica, ossia non è un comportamento circoscrivibile solo ad alcune categorie, ma riguarda un po' tutti, dal lavoratore dipendente che svolge un secondo lavoro, al pensionato d'anzianità che fa il lavoratore dipendente in nero, all'imprenditore piccolo, medio e grande, alle società di capitale. Si evade al nord, così come al sud. Si evade di più nel settore servizi e in tutti i settori legati alla domanda finale per beni e consumi, e nelle imprese piccole e medie rispetto a quelle più grandi. La cartina geografica a colori di pagina 10 riporta un disegno a macchia di leopardo, dove l'evasione bassa è individuata dalle figure bianche, mentre quella molto alta è in colore verde scuro (tra le due tipologie, sono compresi colori intermedi). Come potete notare si tratta di un problema abbastanza distribuito.
Nella slide successiva prendiamo visione di una valutazione dell'entità dell'economia sommersa, che non coincide con l'evasione, considerato che quest'ultima è ancora maggiore. Possiamo notare che il settore dei servizi è quello dove si registra una maggiore evasione, a seguire vi sono l'industria, l'agricoltura e via elencando. Il disegno successivo riguarda l'intensità dell'evasione, ovvero il rapporto tra l'entità dell'economia sommersa e la base imponibile di riferimento, che conferma il dato, qualificandolo. Tenete presente che per quanto riguarda l'industria questa figura è solo parzialmente esatta, nel senso che contiene sia l'industria in senso stretto, che le costruzioni, che non è possibile disaggregare in base ai dati che abbiamo. In realtà, altri dati riferiscono che l'evasione nell'industria in senso stretto è molto più ridotta, quindi quell'11 per cento è una media ponderata tra il 5 per cento dell'industria e oltre il 20 per cento dell'edilizia.
Abbiamo, poi, un'altra slide molto interessante, anche in relazione alle recenti polemiche in materia di studi di settore. In essa sono riportati i dati dichiarati dalle imprese soggette a studi di settore (solo le imprese, senza i professionisti). Si tratta di circa 2,5 milioni di soggetti che possiamo dividerle in tre gruppi. Nel primo gruppo (individuabile nella parte sinistra della slide) vi sono i soggetti congrui e coerenti, che rispondono anche agli indici di normalità economica. Come potete vedere, questi soggetti dichiarano più di 45 mila euro come reddito di impresa e circa 35 mila euro come reddito medio personale. In più, sono individuabili i dati che riguardano la spesa per il lavoratore dipendente e la spesa per l'apprendista.
Il secondo gruppo, ugualmente numeroso, è statisticamente identico al primo, in assoluto, in termini di localizzazione geografica, struttura aziendale, settore di attività, e via elencando: i numeri sono identici, così come le caratteristiche. Come potete vedere, il reddito di impresa crolla a 10 mila euro e il reddito personale si colloca sotto i 10 mila euro. Viceversa, le spese per lavoratori dipendenti ed apprendisti non sono molto diverse da quelle del settore che si comporta «bene», ma sono più basse, il che probabilmente indica che esiste un po' di lavoro nero. L'aspetto importante è che in questo secondo gruppo non è credibile la dichiarazione per quanto riguarda il reddito di impresa e il reddito personale che, essendo identici, dichiarano un quarto rispetto ad altri che dichiarano di più, i quali, peraltro, non è detto che non evadano, poiché gli studi di settore sono strumenti statistici, indicativi.
Anche in questo senso c'è un elemento di chiarimento importante: nella convinzione, e anche nei comportamenti, gli studi di settore vengono interpretati come qualcosa di diverso rispetto a quanto la legge prevede e a quello che gli uffici hanno il mandato di applicare. In altre parole, gli studi di settore rappresentano uno strumento di ausilio all'accertamento e di indicazione al contribuente di quello che mediamente altri nella sua condizione fanno. Non si tratta quindi né di una catastizzazione del reddito, né di una minimum tax: il mandato è quello di verificare l'esistenza di motivi validi di scostamento. È vero, poi, che c'è una tendenza - che riguarda sia professionisti che parti dell'amministrazione - ad applicarlo in maniera non del tutto rispondente a quel che stabilisce la norma. Tuttavia, il mandato esplicito e ribadito è esattamente questo. Quindi, se deviazioni ci sono state in passato, non dovrebbero più essercene in futuro. Potete notare un robusto drappello di marginali, ossia quelli che statisticamente sono fuori dalla validità della stima statistica, in quanto rappresentano effettivamente attività di sussistenza che a questi studi di settore non si applicano.
Come potete vedere, però, marginali e marginali non congrui hanno livelli di redditi dichiarati abbastanza simili, se non più bassi, in alcuni casi (come quello dei non congrui). Questo è un ulteriore elemento che ci mostra come qui ci sia un problema vero, non inventato. Nell'ambito della popolazione soggetta a studi di settore c'è chi si comporta bene e chi non si comporta bene, a parità di ogni altra circostanza: questo è un elemento di cui bisogna tener conto.
L'evasione valutata come prima - anche questo è noto - vale circa sette punti percentuali di PIL di minor gettito, quindi 100 miliardi di euro l'anno, il che vuol dire che, se scomparisse - cosa impossibile - o fosse ridotta in modo consistente, potremmo ridurre il carico fiscale del 15-20 per cento, eliminare la concorrenza sleale tra imprese e rendere il sistema più efficiente e più competitivo. Questo rappresenta un elemento importante di azione di politica economica.
Peraltro, l'evasione è uno dei motivi - lo si riscontra semplicemente andando in giro e parlando con la gente - di polemica nei rapporti tra fisco e contribuente, poiché esiste un senso di ingiustizia molto diffuso proprio tra appartenenti ad una stessa categoria, e non soltanto tra lavoratori dipendenti e altri. Ad esempio, si segnala il contrasto al commercio non in regola. Pertanto, nella nostra strategia abbiamo cercato, e cerchiamo tuttora, di far fronte alla situazione: un compito oggettivamente estremamente difficile e - come i colleghi sanno - pressoché impossibile politicamente.
Come ha precisato un nostro autorevole collega, il problema dell'Italia non è quello di aumentare le tasse, ma di farle pagare. Se i dati registrano un'evasione così robusta e così diffusa, ciò significa che il problema riguarda alcuni milioni di persone. Questa situazione, chiaramente, determina dei contraccolpi sul piano strettamente politico. Allo stesso tempo, se c'è un periodo di tempo sufficiente per poter vedere i risultati e per poterli usare, è automatico che si cominci a redistribuire il carico fiscale; la pressione fiscale sui contribuenti onesti si riduce e, quindi, anche le difficoltà politiche si trasformano in possibile consenso politico.
Tuttavia, voglio riprendere il problema di fondo, poiché dobbiamo riuscire - la Commissione bilancio è parte primaria in causa, in questa possibile attività - a contenere la spesa pubblica.
L'andamento della spesa è indicato nei grafici 1 e 2 che trovate nelle pagine 17 e 18. Vorrei concentrarmi in particolare sul grafico di pagina 18, dove si apprende qualcosa di particolarmente interessante: la spesa è disaggregata per componenti. Abbiamo la spesa delle Amministrazioni centrali, che - come potete vedere - è in riduzione sistematica, e che in seguito più meno si stabilizza. Questo riflette il fatto che vi è stato un trasferimento di spesa dal centro alla periferia, che spiega, perlomeno in parte, l'andamento verticale degli altri indicatori. Inoltre, potete notare la crescita della spesa previdenziale. Tuttavia, l'elemento importante è rappresentato dalla spesa totale. Difatti, nonostante la spesa statale centrale si riduca, quella totale aumenta, il che significa che la responsabilità statistica dei dati commentati a pagina 5 va ricercata in un aumento delle spese a livello sub-centrale. Prestando maggiore attenzione sarebbe possibile notare una responsabilità minore per i comuni e maggiore per gli altri enti. Infine, la spesa previdenziale ha un andamento ancora crescente e, quindi, va stabilizzata.
Nel grafico successivo potete prendere visione dell'andamento delle entrate rispetto alle spese, che evidenzia come nella situazione italiana il surplus primario sia legato alle prime.
In questa situazione, come ci siamo comportati un anno fa? Abbiamo cambiato completamente la strategia nella politica fiscale, considerando il contrasto all'evasione come l'unica possibilità che il Paese aveva per riequilibrare i conti pubblici senza aumentare le tasse. Ebbene, di fatto corrisponde a quanto abbiamo realizzato. Innanzitutto, abbiamo posto fine alla fase dei condoni, il che ha provocato un cambio radicale di aspettative; abbiamo riorganizzato la macchina dei controlli; abbiamo introdotto alcune misure di chiusura dei canali più evidenti di evasione fiscale. Questo ha riguardato soprattutto gli immobili e alcune importazioni intracomunitarie in particolare di auto, dove si verificavano frodi molto rilevanti. Inoltre abbiamo studiato modifiche inerenti gli studi di settore, a valere dall'anno successivo (ossia l'anno corrente).
Alcuni risultati sono segnalati all'interno della tavola 21, ma è meglio prendere in considerazione direttamente la tavola 22 che mostra la scomposizione delle cause di aumento del gettito fra il 2005 e il 2006. Si è trattato di 35,8 miliardi di euro, di cui 10,8 sono inerziali per crescita del reddito (in altre parole, la crescita è risultata superiore a quella prevista).
Guardando nuovamente pagina 6, vi renderete conto che, nella relazione trimestrale di cassa di aprile del 2006, il tasso di variazione del PIL nominale previsto del 3,3 per cento, a consuntivo è stato del 4,1 per cento (RUEF di quest'anno). La stima della tavola 22 è fatta su quest'ultimo dato: abbiamo riassorbito, nella crescita del PIL, anche l'extra crescita. Quindi 10,8 miliardi di euro dei 35,8 rappresentano la crescita.
Ci sono, inoltre, altre due voci - questa è una voce tra quelle una tantum previste dalla finanziaria del Governo precedente, risultate superiori alla previsione (circa il doppio) - e anche le manovre permanenti introdotte in quella finanziaria, di 8 e 5 miliardi. Inoltre, vi è un residuo di 12 miliardi di euro, una parte del quale è spiegato dalle misure antievasione del luglio scorso e la parte rimanente, di 9,6 miliardi di euro, si spiega come emersione. Sono tasse che prima non c'erano, non spiegate da null'altro che da un fortissimo miglioramento di tax compliance.
A differenza di altri Paesi, dove si è realizzato un aumento particolare che ha riguardato essenzialmente l'imposta sulle società, nel nostro Paese vi è stato un aumento dell'imposta sulle società, ma soprattutto un aumento del gettito IVA del 9,3 per cento (mi riferisco al contenuto di pagina 23), mentre la crescita economica, ossia dei consumi, si attestava al 4,6 per cento. Dopodiché, si sono registrati una riduzione modesta derivata dalla finanziaria precedente e un aumento residuo di ben 5 miliardi di euro, di cui 4,2 dovuti alla forte riduzione dell'evasione, come risulta dagli studi che, continuamente, l'Agenzia delle entrate e il dipartimento svolgono, resi accessibili tramite Internet.
Questo è uno dei principali risultati, riscontrabile nei singoli settori. Se prendiamo, ad esempio, il settore delle costruzioni o dei servizi immobiliari, notiamo che la crescita nominale nell'anno passato è stata del 6 per cento, mentre il gettito IVA è cresciuto del 13-15 per cento.
Avendo aumentato gli accertamenti sui contribuenti con crediti IVA, o che compensano, del 10 per cento, abbiamo ottenuto come risultato una riduzione di evasione nel settore del 33 per cento rispetto al 2005. Allo stesso modo, avendo cambiato alcune regole per la valutazione dei beni di importazione in dogana - mi riferisco, in particolare, al dumping praticato da alcuni Paesi nei confronti del nostro - l'aumento del valore è stato altissimo, tra l'8 e il 12 per cento. Sia pure per segmenti, questi sono dei risultati specifici di contrasto all'evasione.
A questo punto, vorrei fare una digressione. Quando si parla di rimborsi IVA, in particolare di compensazioni, è opportuno sottoporre al Parlamento un problema serio. In un mondo dove c'è molta evasione, ad esempio c'è sottofatturazione o sovrafatturazione di costi, lo strumento - peraltro utilissimo e molto importante - dei rimborsi automatici, compensazioni e quant'altro, rischia, se non viene monitorato con attenzione, di diventare una sorta di bancomat tramite il quale le imprese che evadono si autofinanziano, compensando non solo l'imposta dovuta, ma anche i contributi sociali e le altre imposte.
Questo è un punto delicato. D'altra parte, la compensazione automatica è un fatto di civiltà a cui è bene non rinunciare. Tuttavia, problemi di selettività in quel campo sicuramente esistono.
A consuntivo abbiamo avuto nel 2007 una riduzione del disavanzo, cioè dell'indebitamento di 1,7 punti del PIL, di cui 1,6 punti derivano dalle entrate tributarie. Siamo, così, scesi dal 4,1 per cento di disavanzo previsto nel 2001 al 2,4 per cento, mentre la spesa è rimasta invariata.
Abbiamo concentrato gli accertamenti soprattutto sulle grandi imprese e sulle società di capitali, sulle frodi IVA e sulle indagini fiscali, piuttosto che sui meccanismi di tipo forfettario, sull'utilizzo delle indagini finanziarie per accertamenti e sul controllo dell'emissione degli scontrini. Qui riportiamo i risultati ottenuti nel primo semestre 2007 rispetto al precedente semestre del 2006: le riscossioni diverse dai ruoli sono aumentate del 23 per cento; le verifiche nei confronti delle grandi imprese sono aumentate del 21 per cento, con una crescita dell'imposta accertata del 200 per cento; gli accertamenti nei confronti delle società di capitale sono aumentate del 7,4 per cento, con una maggiore imposta del 41 per cento. Ci sono, poi, dei dati quantitativi più analitici. Tenete presente che la grande maggioranza di questi accertamenti termina con una adesione, quindi stiamo parlando di gettito. Su questa strada, ovviamente, continuiamo anche nel corso del secondo semestre.
L'efficienza della riscossione sta aumentando: mi riferisco alla riscossione precedente, esercitata non attraverso i ruoli. Quella attraverso i ruoli, invece, è aumentata del 90 per cento nel primo semestre, così come le procedure di esecuzione, aumentate del 47 per cento.
L'attività della Guardia di finanza è strettamente connessa a quella dell'Agenzia delle entrate e sta offrendo risultati molto rilevanti. Sottolineo che, come si vede a pagina 31, i dati statistici indicano come indirizzo quello di orientarsi sui contribuenti di maggiori dimensioni, ossia quelli che percepiscono redditi superiori ai 25 milioni di euro. Come vedete, sono quelli gli accertamenti che aumentano. Non parlo del catasto; si tratta di aspetti importanti soprattutto nell'evoluzione futura e nella possibilità che offriamo ai comuni di utilizzare direttamente le banche-dati, sia per l'aggiornamento sia per i controlli. I risultati del demanio, invece, sono importantissimi in termini di redditività del portafoglio immobiliare e di riscossione di canoni, per quanto riguarda il completamento del censimento, che durava da una decina d'anni, e la gestione dei beni confiscati alla criminalità o dei veicoli confiscati. Sono in corso anche le valorizzazioni dei beni dismessi dal Ministero della difesa, con convenzioni con i comuni, operazioni che saranno in grado, nel giro di qualche anno, di cambiare l'aspetto delle principali città italiane e di realizzare una crescita economica diretta e indiretta rilevante, in quanto le caserme dismesse sono concentrate nei centri storici delle più importanti città italiane.
In futuro passeremo alla razionalizzazione dei canoni passivi dell'amministrazione, ambito nel quale si possono realizzare risparmi estremamente rilevanti. Per l'anno in corso la pressione tributaria rimane costante, mentre nel documento trovate una crescita di mezzo punto, interamente attribuibile ai contributi sociali e alla diversa contabilizzazione del TFR dopo l'«operazione cuneo».
Viceversa, a pagina 37 trovate una tabella ricavata dal bollettino della Banca d'Italia, dove si evidenzia che, in realtà, la vulgata per la quale ci sarebbe stato un fortissimo aumento di entrate forse non corrisponde alla verità. Difatti, prendendo in considerazione gli aumenti diversi dalla lotta all'evasione - quindi praticamente nulla, perché le tasse automobilistiche sono servite a finanziare gli incentivi ecologici, quelle su successioni e donazioni sono trascurabili, e le altre entrate tributarie aggiuntive sono minori - trovate, dal lato delle riduzioni, oltre 5 miliardi di euro tra IRAP, IRPEF, proroga di agevolazioni, effetti indotti dall'aumento delle aliquote contributive, e via elencando.
Quindi, sostanzialmente la stabilizzazione del gettito 2006, laddove vi erano da recuperare tutte le una tantum del Governo precedente, avviene essenzialmente con il recupero di evasione fiscale, che sta continuando in maniera evidente.
Nel primo semestre del 2007 abbiamo avuto una crescita delle entrate erariali - già acquisita - del 6 per cento, mentre la crescita nominale del PIL è stata del 4 per cento. Quindi, si è verificato un extragettito.
L'autoliquidazione procede bene, pur tuttavia non siamo in grado di fornire dati definitivi, poiché abbiamo la proroga dei termini dei versamenti per coloro i quali sono soggetti a studi di settore; una parte rilevante - 500-700 mila soggetti - provvederà ai versamenti in data 9 agosto, con l'aumento dello 0,4 per cento. I dati definitivi saranno disponibili solo verso la fine del prossimo mese. Inoltre, abbiamo introdotto la possibilità di compensare anche l'ICI nell'F24. In altre parole, sono in corso calcoli per poter avere un quadro completo. I primi risultati prospettano per quest'anno un maggior gettito rispetto alla previsione ultima, ossia quella del DPEF, a sua volta superiore a quella della RUEF, a sua volta superiore a quella dei documenti precedenti. Si parla di un maggior gettito di almeno 2 miliardi di euro, il che significa oltre 5 miliardi di euro in più rispetto a quanto indicato nella RUEF di marzo e circa 11 miliardi di euro in più rispetto all'obiettivo fissato dalla legge finanziaria. In realtà, se si tiene conto che nella legge finanziaria c'era un gettito collegato alle deleghe fiscali che è venuto meno, la previsione rispetto alla legge finanziaria supera i 12 miliardi di euro, di cui una parte è dovuta ad una maggiore crescita attesa del PIL nominale, rispetto alla legge finanziaria, ma anche ad un recupero di evasione nettamente superiore a quello previsto, che non era irrilevante, in quanto si trattava di 15 miliardi di euro. Spero che a consuntivo queste cifre possano crescere.
Ad ogni modo, ci troviamo ancora in una fase di consolidamento e di stabilizzazione dei risultati dell'anno passato. Però, il processo di emersione continua, il che significa che può proseguire mantenendo l'approccio di politica fiscale finora seguito anche negli anni successivi.
Giunti a questo punto, bisogna cominciare a ridurre qualche tributo. Questo rappresenta il problema delle prossime finanziarie. Tuttavia, rimando a quello che ho detto all'inizio, commentando la tavola a pagina 5: si fa presto a dire «riducete le spese», quando poi la spesa è così rigida. Non è possibile che il Parlamento o l'opinione pubblica ci chiedano di ridurre le tasse e aumentare la spesa contemporaneamente.
Penso che si possa arrivare ad un livello di spesa primaria come quella del 2001, ossia del 37,5 per cento al posto del 40 per cento. Per raggiungere questo risultato sono necessari, anche in questo caso, tempo e consapevolezza. In altre parole, bisogna cambiare i meccanismi di spesa, ma non procedendo con i tagli indistinti. Difatti, nella misura in cui noi abbiamo una riduzione di spese primarie che si autofinanzia, tutto l'eventuale extragettito può essere dedicato a riduzione di imposte. A pagina 41 ho riportato anche la tabella che voi avete visto nel DPEF. Il compito è abbastanza impegnativo, però il risultato che meno vorrei raggiungere - perché a quel punto effettivamente sorgerebbe qualche problema - è che le eventuali maggiori entrate venissero destinate a copertura di maggiori spese. Questa è una situazione che va bene quando si risana, come scelta di impatto, anche perché non abbiamo fatto altro, l'anno passato, che riportare la tassazione al livello precedente alla stagione dei condoni.
Badate che anche altri Paesi hanno seguito l'opzione di aumentare le tasse fino ad un livello utile per tenere il bilancio, ma non credo che la struttura dell'economia italiana sia idonea a una terapia di questo tipo. In altre parole, penso che la pressione fiscale attuale possa solo diminuire, e comunque non dovrebbe aumentare. Se vogliamo ridurre le imposte dobbiamo, però, riuscire gradualmente a ridurre anche le spese. Inoltre, signor presidente, nel documento sono indicate le priorità che sono già previste nella legge finanziaria.
L'ultima precisazione che vorrei fare - accennata anche nella legge finanziaria - è che noi stiamo lavorando per operare due importanti modifiche - oltre quella a favore della famiglia o in tema di ICI - la cui attuazione è condizionata ovviamente alla disponibilità di risorse: sono priorità indicate, ma non sono decisioni acquisite (e questo lo vedremo). Quello che probabilmente si potrà realizzare è, invece, un'operazione sull'imposta sulle società a parità di gettito, di dimensioni analoghe alla riforma tedesca: una forte riduzione può arrivare anche a cinque punti dell'imposta, più una riduzione dell'IRAP collegata a un allargamento di base imponibile e a una diversa destinazione di alcuni incentivi alle imprese, come più volte è stato anche chiesto dal Presidente di Confindustria.
Sicuramente, in un contesto di concorrenza fiscale, dove il livello delle aliquote formali è importante, questa rappresenta una misura che, se sarà possibile vararla, risulterà sicuramente positiva.
L'altra misura consiste nel cominciare a semplificare, ossia prendere atto che nel mondo IVA ci sono centinaia di migliaia di contribuenti assolutamente marginali che bisogna mettere nelle condizioni di poter fare a meno praticamente di tutti gli adempimenti, con forme di forfettizzazione, che adesso stiamo discutendo con Bruxelles, ma che in altri Paesi sono all'ordine del giorno. Ebbene, anche questo potrebbe rappresentare la ripresa di un processo di semplificazione, che raffigura sempre l'altra faccia della medaglia rispetto ai controlli.
Alla lotta all'evasione si procede sempre con due strumenti: il primo è rappresentato dai controlli - e quindi la «mano dura» del fisco - il secondo, però, è quello rivolto alla cura attenta del contribuente. Difatti, tutto ciò che è stato realizzato dieci anni fa con il fisco telematico, la compensazione automatica dei gettiti, la dichiarazione unica, va nella direzione di una semplificazione che ha comportato gettito. Tuttavia, era una fase diversa, successiva ad un eccesso di adempimenti che furono, infatti, molto limitati. In questo momento siamo in grado di riprendere un processo come quello di dieci anni fa. L'amministrazione finanziaria ha, oggi, a disposizione tutti gli strumenti di cui ha bisogno, tutti i dati, tutti i numeri, tutte le possibilità di incrocio; direi che forse ce ne sono anche in eccesso. Stiamo cercando anche di capire come ripulire adempimenti o invii di dati, informazioni già esistenti che, quindi, è bene non replicare. Comincerà, così, una fase di assestamento di questa parte del rapporto tra amministrazione e contribuenti.
In questo contesto rientra anche il tentativo di risolvere l'annoso problema dello stock dei rimborsi, che noi dimezzammo con il precedente Governo di centrosinistra, ma che abbiamo ritrovato allo stesso livello in cui l'avevamo lasciato, laddove andrebbe ripreso un processo di smaltimento. Tali rimborsi sono quelli accumulati molti anni addietro. Signor presidente, mi scuso se mi sono dilungato forse un po' troppo, ma ho ritenuto di dover fornire alla Commissione una serie di informazioni.

PRESIDENTE. ( L' ULIVO )
La ringrazio molto, signor viceministro. Abbiamo impiegato circa tre quarti d'ora, ma la messe di dati che ci ha fornito credo che abbia giustificato il tempo impiegato, peraltro su una questione di grande rilevanza. La dovizia di particolari contribuisce anche a qualificare le posizioni fisiologicamente dialettiche, con riferimento a elementi che sono espliciti da parte del viceministro.
Alcune troupe televisive ci hanno chiesto di effettuare delle brevi riprese. Nel frattempo, approfitto per fare una considerazione di carattere generale, riservandomi di porre delle domande al termine degli interventi dei colleghi. Poiché siamo alla vigilia dell'esame, prima in Commissione e in seguito in Assemblea, del documento di programmazione economica e finanziaria, voglio richiamare l'attenzione di tutti i colleghi su alcuni elementi che il viceministro Visco ci ha offerto e che ritengo di assoluta importanza. Mi riferisco, in particolare, alla sottolineatura che è stata operata circa l'esigenza, a partire dal prossimo anno, che gli obiettivi stabiliti, per ciò che riguarda i saldi di finanza pubblica, vengano perseguiti agendo sul versante della spesa, non confidando esclusivamente sulla leva fiscale, quindi sul versante delle entrate.
Questo è un principio acquisito da più parti, ripetuto più volte, ma che - come ho precisato già in precedenza - ha bisogno di una declinazione con strumenti e voci che poi portino ad un'adeguata contabilizzazione nel bilancio dello Stato.
Su questo punto credo che sia indispensabile che il Governo - mi rivolgo al viceministro Visco, consapevole della dimensione di collegialità dell'azione dello stesso - e il Ministro dell'economia agiscano con la massima tempestività per assicurare risultati concreti, utilizzando al meglio tutti gli strumenti a disposizione, compresa la riclassificazione del bilancio (che abbiamo introdotto a partire da quest'anno), l'esplicitazione della sua effettiva incidenza sul complesso della spesa statale del cosiddetto «fattore legislativo», ossia una ricognizione delle leggi che comportano, in modo inerziale, delle spese che devono essere eliminate agendo alla fonte, e la spending review, molto evocata, ma che non abbiamo ancora visto produrre effetti.
Mi auguro, quindi, che anche sul versante della spesa si inizino a riscontrare dei risultati, così come è accaduto su quello delle entrate.
Ovviamente, le considerazioni del viceministro, che in parte credo si possano attribuire all'orgoglio, condivisibile alla luce dei risultati che ci ha fornito, di chi ha concorso - mi sembra, infatti, che abbia riconosciuto anche i meriti del precedente Governo - al recupero di gettito precedentemente evaso, segnando una netta inversione di tendenza rispetto alla cosiddetta tax compliance, non si devono intendere (e il viceministro l'ha sottolineato) nel senso che non si potranno prefigurare interventi correttivi e migliorativi nella legislazione fiscale. Mi riferisco, in particolare, al discorso relativo a tutti i dati che oggi si posseggono e che consentono di migliorare il rapporto con il contribuente. A questo riguardo mi riservo di rivolgere una domanda successivamente.
Mi auguro, pertanto, che questo avvenga al più presto affinché si possa determinare una più equa e meno ingiusta ripartizione del carico tributario e si adottino sistemi di tassazione più semplici ed efficaci, ai fini del sostegno della ripresa.
Dico ciò, soprattutto, per il fatto che, dovendo approvare la risoluzione sul DPEF, credo sia opportuno valutare questi elementi affinché nella risoluzione del DPEF - sia di maggioranza che di opposizione - vengano ripresi.
Do quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUIGI CASERO. ( FORZA ITALIA )
Rivolgo un ringraziamento al viceministro Visco per la lunga e dettagliata relazione ben fornita di dati. Devo ammettere che siamo un po' delusi e perplessi, non tanto per le considerazioni, che in realtà ha appena sintetizzato il presidente, sul principio secondo cui bisogna intervenire molto sui tagli della spesa, oltre che sulle entrate - ha presentato una intera relazione dedicata alle entrate, da vero Ministro delle finanze, quale è lei in questo Governo e quale è stato in questi anni - quanto perché ci aspettavamo una relazione dettagliata, ma con una serie di analisi critiche e di proposte sul futuro, a nostro parere, fondamentali in questa fase della politica economica italiana. Come dicevo, lei è il vero Ministro delle finanze di questo Governo, e comunque ha ricoperto tale ruolo in questo Paese...

VINCENZO VISCO, Viceministro dell'economia e delle finanze.
Dal 1996 al 2000.

LUIGI CASERO. ( FORZA ITALIA )
Dal 1996 al 2000, così come dal 2006 al 2007.
Ebbene, in questi anni, l'azione di contrasto all'evasione fiscale, uno dei grandi problemi della finanza di questo Paese, come lei ha precisato, non ha portato a grandi risultati. Difatti, a distanza di dieci anni, in questo Paese si rilevano ancora dati relativi all'evasione completamente abnormi nei confronti dell'Europa, che rischiano di collocarci al di fuori della competizione degli altri Paesi europei.
Riconoscendo che l'introduzione della telematica, durante il suo primo mandato, è stata una iniziativa sicuramente positiva per la gestione delle finanze del Paese - che oggi è il più avanzato dal punto di vista dell'invio telematico delle dichiarazioni -, i dati di cui parlo ci portano a pensare che sia necessaria, in questo momento, un'azione critica e di proposta su ciò che si vuol fare per cercare di combattere l'evasione.
Mi sembra che un'azione che porti solamente a maggiori controlli e maggiori semplificazioni, senza uno sforzo diverso, rischi di continuare a percorrere la strada intrapresa nel corso degli anni passati, senza portare a risultati concreti. Su questo punto, cito dei casi specifici.
Mi sembra che tra le azioni di contrasto si sia molto insistito sul discorso degli studi di settore. Come lei ha detto, l'interpretazione che viene data dalle categorie e dal Paese - quindi da professionisti, contribuenti - che si occupano di studi di settore è che questi ormai in Italia vengono visti come una minimum tax e non come uno strumento di azione nel caso in cui non vengano rispettati i limiti stabiliti dagli stessi studi di settore.
La preoccupazione è che questa interpretazione venga adottata anche da buona parte dall'amministrazione finanziaria.
Nella sua qualità di viceministro, che indirizza il comportamento e guida l'amministrazione finanziaria, le pongo una domanda: cosa si può fare e cosa state facendo per modificare questo dato?
In secondo luogo, vorrei chiederle in che modo ritenga di intervenire sull'Agenzia delle entrate per ottimizzarne l'azione, rispetto a comportamenti legati a un aumento degli accertamenti, svolti in modo non preciso ed indirizzato, spesso a pioggia, e ai quali corrisponde un riscosso che non è pari all'accertato.
Anche in questo caso, lei ha detto «cercheremo di indirizzarci molto di più sui grandi contribuenti, quelli di grandi dimensioni», ma sappiamo benissimo che spesso l'evasione in questo Paese non riguarda solo i grandi contribuenti, ma piuttosto i piccoli. Lei stesso ha precisato che il settore dei servizi è spesso caratterizzato da piccole imprese: mi sembra che anche quello sia un campo fondamentale su cui cercare di indirizzare la lotta all'evasione; limitarla al semplice uso dello studio di settore in questi campi mi sembra che non porti a risultati.
Ci aspettiamo, dunque, alcune proposte concrete, da questo punto di vista, ed anche alcune proposte sulla linea futura (ho notato che sono state presentate nel documento che ha depositato agli atti). Devo dire che durante l'esame della scorsa legge finanziaria era stato riferito dal Ministro Padoa Schioppa, ma anche da lei, che il maggior gettito sarebbe servito o per ridurre il debito o per ridurre le imposte. Mi sembra che il provvedimento di questi giorni non vada su questa strada.
So che all'interno del Governo non c'era un indirizzo unanime su questo punto e che, forse, i ministri economici non hanno condiviso le ultime scelte assunte, ma voi rappresentate il Governo nella sua unità, ragion per cui mi chiedo come pensiate di mantenere in futuro una serie di orientamenti di principio che vi siete prefissati, non ultimo quello da lei oggi comunicato, che mi sembra molto importante e che, però, vorrei vedere concretamente realizzato.
Nel corso di quest'anno spesso ho assistito a dibattiti, televisivi e pubblici, imperniati su certe linee e ad un'azione concreta legislativa, spesso orientata su una linea diversa in merito alla riduzione dei contributi a pioggia e alla riduzione dell'IRES, peraltro fondamentale, in considerazione di quanto sta avvenendo in Germania e negli altri Paesi europei.
Noi riteniamo che la proposta di Confindustria sia utile e intelligente. Ebbene, vorrei sapere se prenderete e utilizzerete questa proposta, o se invece resterà nell'ambito del dibattito, senza mai concretizzarsi.

ALBERTO GIORGETTI. ( ALLEANZA NAZIONALE )
Signor presidente, anch'io desidero ringraziare il viceministro Visco per il documento che ci ha lasciato e che offre una serie di dati. Mi riservo, ovviamente, in sede di DPEF, in sede di dibattito sui futuri documenti di bilancio, di poter meglio approfondire i dati che ci ha fornito (dall'illustrazione del viceministro Visco, alcuni elementi si possono evincere immediatamente, mentre altri andrebbero approfonditi).
La prima considerazione è, ovviamente, di ordine politico. Ho apprezzato l'intervento del presidente Duilio relativo al tema della collegialità del Governo in relazione a questi dati. Tuttavia, come ha precisato giustamente il collega Casero, emerge con chiarezza, dalla determinazione dell'impostazione data dal viceministro Visco, che le linee guida fondamentali di politica fiscale e - mi permetto di dire - più in generale legate al tema dei conti pubblici sono, in questo momento, dettate dallo stesso viceministro.
Mi permetta questa battuta, viceministro Visco, naturalmente fatta con simpatia e senza particolare enfasi: c'è una certa vocazione al martirio sul tema della lotta all'evasione fiscale?

PRESIDENTE. ( L' ULIVO )
Il martirio degli altri o il suo?

ALBERTO GIORGETTI. ( ALLEANZA NAZIONALE )
Mi riferisco al suo martirio, poiché lei dimostra una coerenza straordinaria da questo punto di vista, dal momento che emerge con chiarezza come all'interno dei due pilastri di azione delle politiche di Governo sia compreso il tema del controllo della spesa e quello del controllo delle entrate.
Il presidente Duilio ha precisato che dobbiamo lavorare soprattutto sul tema della spesa. L'impressione - sulla base della relazione e dei dati forniti dal viceministro Visco - è che ci sia una maggiore propensione a mantenere un particolare significato al tema delle entrate.
Anche nella tabella allegata, sul tema del DPEF, si ribadisce definitivamente che vi sono 21 miliardi di euro da reperire comunque per le politiche del Governo, tema connesso alle considerazioni espresse dal viceministro Visco, relativamente alla «pandemia» drammatica legata all'evasione fiscale, che credo meriterebbe qualche elemento di approfondimento in più in particolare sui metodi seguiti dal Ministero per stabilire i dati forniti. È sicuramente importante riferirsi a dati Istat, però ritengo che voi abbiate a disposizione strumenti aggiuntivi per poter svolgere queste valutazioni con tale determinazione.
Ho fatto riferimento ad una vocazione al martirio, in quanto la tabella - a mio parere sintomatica - che riporta i dati relativi all'evasione IRAP negli anni 1998-2002, addirittura ripartiti provincia per provincia, non so se sia verosimile. Francamente mi sembra un po' lontana dall'economia reale e dalle vere dinamiche che si sviluppano sul territorio. Non mi esprimo in questi termini per impostare una difesa d'ufficio di alcune aree territoriali rispetto ad altre. Difatti, sono d'accordo sul fatto che l'evasione - se il problema esiste - sia giustamente da impostare e da riconoscere su un quadro nazionale.
Tuttavia, è evidente la nostra intenzione di capire che cosa vi sia dietro questo tipo di valutazione: vi sono solo le relazioni dell'Agenzia delle entrate? Sarebbe interessante capire quanti accertamenti siano stati svolti, provincia per provincia, e come siano intervenute le Agenzie delle entrate nelle varie province. Vogliamo capire se si tratti solo dell'accertato o se siamo già arrivati alla definizione dei contenziosi. In altre parole, è nostra intenzione capire se questi dati siano certi in assoluto o - come spesso è capitato, in un lungo percorso che lei ha illustrato, cui faceva riferimento anche il collega Casero, con strumenti, dinamiche e approcci diversi dei vari Governi che si sono succeduti - se si tratti di un risultato parziale legato al tema del controllo e del contrasto all'evasione.
Un'ultima valutazione è legata alle considerazioni finali, che però non sono secondarie. Oggi noi assistiamo a un'audizione che offre delle linee guida generali sull'andamento delle entrate e ribadisce una politica da parte del Governo che, a nostro modo di vedere, non tiene minimamente in considerazione le valutazioni che sono state svolte, anche recentemente, nei confronti delle categorie produttive, al di là dell'intervento parziale e non risolutivo sul «decreto tesoretto». Tuttavia, l'audizione offre anche una serie di indicazioni abbastanza precise su quelle che dovranno essere linee guida utili per alleggerire la pressione fiscale. A tal proposito - mi rivolgo ai colleghi - non vorrei che questo elemento diventasse un'ulteriore questione che da domani potremmo ritrovare sui giornali, con un effetto annuncio da parte del Governo su una serie di interventi che dovranno essere concretizzati - se ce ne saranno le condizioni e con tutte le caratteristiche di aleatorietà esposte dal viceministro Visco - nella legge finanziaria 2008.
Ricordo a me stesso che per quanto riguarda la legge finanziaria 2007, in questa sede ripresa e denunciata, abbiamo acclarato più volte che oltre il 70 per cento delle norme inserite fino ad oggi non sono state applicate.
Ebbene, signor presidente e signor viceministro, è mia intenzione capire - al di là delle considerazioni politiche che, ovviamente, credo sia opportuno fare - come si identifichino gli aggregati e, sostanzialmente, come sia stata svolta l'indagine che ha portato ai dati forniti, in particolar modo in materia di evasione.

ETTORE PERETTI. ( UDC )
Signor presidente, intervengo molto brevemente dal momento che le considerazioni politiche le affronteremo nelle sedi opportune, a partire dall'esame del DPEF. Vorrei procedere con una considerazione e due richieste di chiarimento.
La considerazione è la seguente: prendendo visione dei risultati della politica fiscale contenuti nelle pagine 22 e 23, rilevo come singolarità il fatto che a pagina 23 si usi una tabella di un sito autorevole, ma privato, che non appartiene all'amministrazione finanziaria, per mostrare i risultati della politica fiscale. Facendo un rapporto tra i risultati contenuti nelle pagine 22 e 23 e il livello di evasione fiscale accertato dall'Istat, si può considerare come una dichiarazione di impotenza della lotta all'evasione fiscale. Sostanzialmente, quindi, la lotta all'evasione fiscale è una partita persa, così come la affrontiamo noi.
Qualcosa non funziona - è evidente - se il risultato della lotta all'evasione fiscale ha il costo politico da lei sottolineato: la grande difficoltà del Governo Prodi è relativa all'essere in sintonia con l'opinione pubblica, proprio a partire dalle iniziative di misura fiscale.
Credo, quindi, che da questo punto di vista, ciò rappresenti uno degli aspetti della crisi di sistema che stiamo vivendo, che forse ci deve portare a considerare la necessità di ricontrattazione del patto di cittadinanza e del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione.
Mi chiedo se non vi sia anche la necessità di pensare all'introduzione di un contrasto di interessi che renda il cittadino maggiormente protagonista e non, come accade oggi, l'amministrazione, seppur efficiente e in grado di recuperare elementi di efficienza, in contrasto con il cittadino. Tale considerazione, comunque, la svilupperemo in un'altra sede.
Lei ha parlato di entrate calanti, o stazionarie, dal punto di vista contributivo, giustificando tale situazione con la fiscalizzazione dei contributi. Mi chiedo se ciò sia sufficiente a spiegare l'andamento delle entrate contributive, dal momento che, in questi anni, si è registrata anche una riduzione del tasso di disoccupazione e un conseguente aumento dell'occupazione.
Infine, riprendo l'annoso problema della differenza tra l'accertato e l'effettivamente riscosso, una differenza molto ampia. Vorrei capire se essa dipenda da difetti nella giustizia fiscale, oppure di carattere legislativo.
Spesso parliamo di accertato, laddove quello che ci interessa è il riscosso. Difatti, è quest'ultimo che riveste aspetti politici. Le chiedo se questa differenza possa essere in qualche misura colmata.

GASPARE GIUDICE. ( FORZA ITALIA )
Signor presidente, innanzitutto mi associo ai colleghi nel ringraziare il viceministro Visco per la relazione. Sarò veramente breve, anche perché alcuni aspetti che volevo sottolineare sono comuni agli interventi dei colleghi.
Chiedo al viceministro Visco di precisare la compatibilità del suo puntuale intervento con il documento di programmazione economica e finanziaria che, nei prossimi giorni, analizzeremo e voteremo. Il DPEF rinvia di un anno, spostandolo dal 2010 al 2011, l'obiettivo per il raggiungimento del saldo di bilancio; precisa, di fatto, che affronteremo una finanziaria a saldo zero; comunica che per il raggiungimento degli obiettivi 2008 del Governo sono necessari circa 21 miliardi di euro, demandando al Parlamento e ai ministri la possibilità di reperire questi importi.
Il DPEF stabilisce tutto questo e tace completamente sulle iniziative di riduzione della spesa, così come sulla possibilità di reperire risorse destinate alla riduzione delle imposte e sul recente accordo relativo alle risorse destinate alla riforma pensionistica. Questo silenzio lascia pensare che 21 miliardi di euro non possono che essere reperiti attraverso ulteriori tasse.
Ho condiviso alcuni dei suoi passaggi, viceministro, in particolare laddove lei ha sostenuto che le maggiori entrate non devono essere utilizzate per le spese correnti. Questo punto viene contraddetto dal provvedimento che questa mattina abbiamo votato, un decreto che comporta un peggioramento dell'indebitamento netto pari a 6,685 miliardi di euro, ossia lo 0,4 per cento del PIL.
Le chiedo, quindi, una coerenza tra il suo intervento e l'azione del Governo.

PRESIDENTE. ( L' ULIVO )
Do la parola al viceministro Visco per una replica a questa prima serie di interventi.

VINCENZO VISCO, Viceministro dell'economia e delle finanze.
Signor presidente, rispondo alle domande nell'ordine in cui sono state poste. Il problema della riduzione della spesa è assolutamente quello più importante. Non vorrei che si dimenticassero i dati storici: dal 2001 al 2005 la spesa corrente primaria è cresciuta di 2,5 punti (2,3-2,6).
Credo - come ho precisato - che sia il caso di prendere il dentifricio e rimetterlo nel tubetto. È un compito difficile, tanto più che il problema non è rappresentato dai ministri, come dimostra la tabella delle spese totali, poiché il dato più importante sembra essere rappresentato dalle spese che si trovano fuori dal controllo del Governo centrale, il quale, insieme al Parlamento, deve assumere un impegno. Il nostro compito è questo.
Chiaramente, per poter mantenere gli equilibri di bilancio con spesa pubblica e tassazione, l'equilibrio deve dipendere dal combinato disposto delle due voci.
Per chi ha la sfortuna di occuparsi di entrate è assolutamente evidente la necessità di ridurre la spesa, non foss'altro per un senso di autoconservazione. Di fatto, però, tutti si danno da fare per inventare nuovi programmi di spesa a livello centrale, periferico, e via elencando.
Ritengo, quindi, necessario che ognuno di noi - sia i convenuti, sia gli assenti - si faccia una ragione, cerchi di non essere schizofrenico, ma coerente. Tagliare le tasse è un compito facile, basta approvare una legge, mentre tagliare la spesa è un po' più complicato. Tuttavia bisogna fare entrambe le cose, questo è il punto rilevante: si può decidere di tagliare più da una parte e meno da un'altra.
Quanto all'evasione, rispondo all'onorevole Casero: sono stato Ministro dell'economia e delle finanze per quattro anni e l'evasione non si è ridotta. Ebbene, in quel periodo, a partire dal 1998 in poi, non c'è stato nessun aumento di tasse, ma robuste riduzioni e soppressioni delle medesime. La pressione fiscale è rimasta stabile, il che significa che emergeva base imponibile e tassazione, esattamente come sta succedendo adesso.
L'ammontare stimato di quel quadriennio era di 4,5 punti di PIL, che non rappresenta la soluzione del problema, dal momento che abbiamo da recuperare 10 o 15 punti, ma è chiaro che se si prosegue su linee di consapevolezza e di non tolleranza rispetto a comportamenti illegittimi, i risultati si ottengono.
A questo punto, ne approfitto per rispondere anche all'onorevole Peretti, il quale ha detto che se i dati sono questi la lotta è persa in partenza. Non è così: sono già miracolosi questi dati. Invito chiunque a provare ad ottenere risultati del genere, al di là di false modestie.
Il punto è che questo è un processo lento, così come il recupero di evasione e il taglio delle spese: va fatto giorno dopo giorno, affinando strumenti, curando il rapporto con i contribuenti, evitando errori normativi, che purtroppo sono stati commessi e di cui mi assumo la responsabilità, pur non essendo materialmente io a scrivere le norme. Bisogna creare un clima di consenso, perché se la polemica politica si solleva sul tema che evadere è giusto, bello e legittimo - anche se nessuno lo dice esplicitamente -, chiaramente non si va molto lontano.
Altro punto posto dall'onorevole Casero - con il quale mi trovo d'accordo - riguarda gli studi di settore, uno degli strumenti di contrasto all'evasione, non lo strumento principale. Rammento che essi nacquero, per iniziativa bipartisan, tanto tempo fa, con degli equivoci. Io stesso ho sempre sostenuto che non avrebbero dovuto essere forme di catastizzazione del reddito, mentre altri sostenevano l'esatto contrario. Vennero, comunque, introdotti per rendere più civile e trasparente il comportamento dell'amministrazione e dei contribuenti. Essenzialmente, rappresentavano più una tutela dei contribuenti, che non dell'amministrazione. La speranza era che l'esempio della metà virtuosa avesse un effetto positivo sull'altra metà. Dopodiché, è evidente che, man mano che l'amministrazione finanziaria si rafforza, si modernizza e si specializza, diventano uno strumento come gli altri.
Non credo che - e mi riallaccio nuovamente alle considerazioni del collega Peretti - sulla lotta all'evasione si possano ottenere risultati eclatanti in tempi reali. Forse ci si aspettava un'emersione di massa, ma la lotta all'evasione è un lavoro estremamente faticoso. In realtà, in un primo momento vi sono stati dei risultati, ma poi vi è stato un regresso. A fine agosto vedremo lo stato della situazione: in apparenza sembra che vada bene, ma chiaramente non è un meccanismo risolutivo né esaustivo.
Con riferimento agli accertamenti, mi preme rilevare che in tutto il mondo essi rappresentano frazioni numeriche in percentuale molto ridotte rispetto alle dichiarazioni: poiché in un fisco di massa ci sono decine di milioni di contribuenti, è illusorio controllarli tutti. Ebbene, il problema è usare al massimo l'effetto deterrente degli accertamenti, perché chi decide di evadere fa un calcolo economico tra guadagno e rischio. Bisogna, quindi, portare il rischio a livelli tali che la spinta a non rischiare sia sufficiente, e ciò significa selezionare gli accertamenti.
Gli accertamenti che stanno effettuando gli uffici, in particolare quelli che ho illustrato, sono accertamenti con riscossione, non accertamenti che danno un ruolo. Quindi, sono accertamenti che si concludono con un'adesione e con il versamento immediato delle somme. Il livello di adeguamento è molto alto e il gettito recuperato è superiore al 60 per cento di que 


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