15 Settembre, 2002
PD, le liste dei generosi (di Bruno Manghi da L'Avvenire)
La partecipazione alle primarie è andata oltre le più rosee aspettative - In allegato gli eletti lombardi nell'Assemblea nazionale
La partecipazione alle primarie è andata oltre le più rosee aspettative.
Mi piace sottolineare che prima ancora che per aprire qualcosa, questa partecipazione è per chiudere un dissidio che ha avuto un grande significato storico ma che è finito da decenni, penso ai vari partiti e alle loro tradizioni.
È un modo per dire: ci possiamo
mettere insieme senza grandi problemi, i nostri pantheon devono
essere luoghi del ricordo ma non di culto.
Malgrado gli aspetti francamente non esaltanti della formazione
delle liste - non c'erano le preferenze, era presente un certo tasso
di nomenclatura - credo sia stata molto importante la quantità dei
candidati.
Alla fine, nelle province il novanta per cento delle liste era
costituito da persone senza ruoli amministrativi o di partito.
Gente "normale" che ci ha messo la faccia senza aspettarsi
tornaconti se non quello di esserci e lasciare un segno, che si è
candidata per amicizia o per convinzione e che non avrà un futuro da
professionista della politica.
Moltissime persone si sono messe in gioco per così dire
gratuitamente. E credo che il rispetto di questa gratuità sia la
cosa più preziosa che gli eletti dovranno praticare: devono sapere
che senza costoro saranno soli e conservare l'alone di simpatia e
partecipazione dei votanti certo, ma prima ancora dei candidati. È
una importante carica di volontarietà che il nuovo partito deve
saper rispettare e che accresce le responsabilità di chi lo guida. I
nocchieri del resto devono sapere anche che, malgrado il 14 ottobre,
in una parte importante dell'Italia il vento non è a favore e non
basta la mobilitazione dei generosi a cambiare. Non devono chiudersi
e non devono mettersi a dividere un tesoro che non c'è ancora, e mi
riferisco al consenso potenziale che incarnano gli oltre tre milioni
di votanti.
Il che non vuol dire abbandonare la discussione: bisogna avere
opinioni diverse e quel tanto di pluralismo che c'è stato è stato
anche motivante.
Per le primarie si sono dunque mobilitate moltissime persone.
Ricordiamoci che come dice De Rita, agli italiani piace molto
esserci anche se talvolta nelle situazioni più diverse. Pensiamo a
Peppone e Don Camillo: noi siamo conviviali, usciamo di casa per
votare, ma non solo. Il grosso di chi ha votato domenica è
costituito da persone che vogliono essere un'opinione pubblica
attiva e non da militanti di partito: sono attente, se le chiami per
qualcosa di interessante si mobilitano, si illudono e si
disilludono. Ma non si trovano una volta alla settimana per far
politica. La piazza di Grillo e le file ai seggi del 14 ottobre sono
vasi comunicanti, perché magari chi è deluso va al V-day, ma le
platee sono diverse. Al V-day prevale il fastidio, chi vota alle
primarie non ha quel sentimento prevalente anche se chiede una
politica migliore.
Ci crede ma non a scatola chiusa. Non è fideist e se si delude
magari si sposta. Ricordiamoci però che l'antipolitica finisce per
invocare una risposta politica, cristallizza il fastidio per ciò che
c'è, invoca qualcosa anche se non si sa bene cosa. Le due cose
convivono: l'antipolitica ha dentro un cuore politico. C'è chi legge
in questo senso i fischi a Mirafiori. Quando facevo il sindacalista,
la nostra tragedia non era essere fischiati, ma andare in un posto
dove la gente non veniva più. Chi ti fischia in realtà ti parla.
Ciò che può veramente distruggere è il silenzio, non lo sfottò o la
critica anche feroce. E del resto l'antipolitica esiste in tutto il
mondo occidentale: negli Usa è molto presente anche se poi le
primarie sono un fenomeno molto partecipato.
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In allegato tutti gli eletti in Lombardia nell'Assemblea Costituente nazionale 
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