15 Settembre, 2002
Caduta Baghdad, abbattuta la dittatura, dissolto il regime, sparito Saddam Hussein
Titoli e notizie di televisioni, radio e quotidiani oscillano tra la soddisfazione e l’entusiasmo.
IL PUNTO di vista (10 aprile 2003)
Caduta Baghdad, abbattuta la dittatura, dissolto il regime, sparito Saddam Hussein…
Titoli e notizie di televisioni, radio e quotidiani oscillano tra la soddisfazione e l’entusiasmo. Editoriali e commenti suggeriscono di prendere atto che l’impresa è riuscita; che dunque chi si opponeva alla guerra sbagliava ed è tempo che lo ammetta.
La fretta nel festeggiare imbarazza, pare, anche i governi dei paesi aggressori (da oggi «liberatori») e i loro generali.
Per loro la fretta nell’essere soddisfatti è imprudente per considerazioni «tecniche», di carattere militare.
Ma la fretta nell’essere soddisfatti non dipende da malaccortezze o disinformazioni di carattere tecnico-militare.
A travolgere i più è il bisogno di archiviare la guerra, di seppellire le migliaia di morti (si saprà mai quante migliaia?) per poterli dimenticare.
C’è il bisogno di guardare altro che gli ospedali dove si sono compiuti interventi chirurgici senza anestesia, dove molti interventi chirurgici non si sono potuti compiere, trasferendo numeri dalla colonna dei feriti a quella dei morti.
C’è il tentativo, appunto, di parlare di numeri, non di persone che hanno cessato di esistere per decisione di Bush e Blair, per consenso dei loro sostenitori.
È più difficile dimenticare i molti sopravvissuti che si ritrovano con corpi deturpati e menomati, sopravvissuti le cui esistenze sono sconvolte da irreparabili perdite morali e materiali.
È difficile, e per raggiungere lo scopo si alza il volume del sollievo, a volte dell’entusiasmo, per cancellare queste voci e queste immagini di disperazione.
Archiviare la guerra aiuta a cancellare responsabilità, a cambiarle nome.
Questa rapida cancellazione dei ricordi non è la fretta di costruire il futuro, ma di cancellare il passato per sentirsi sollevati dall’aver cancellato esseri umani.
Per il futuro, questa fretta di chiudere la vicenda comporta tener aperta alla guerra la possibilità di riproporsi.
Più in generale, la stolta euforia di questi giorni sottintende un principio spaventoso: ciò che «riesce», perciò stesso che riesce e raggiunge il suo scopo, è cosa giusta.
«Quello che è stato è stato» si vien dicendo. Inutile rimestare, rivangare…
In questo modo si distrugge ogni idea di giustizia, di civile convivenza. Basterebbe, per capirlo, applicare il principio a un qualsiasi crimine, all’omicidio. E sarebbe davvero un esempio soltanto?
Non è, l’uccisione di esseri umani, ciò di cui si parla?
All’apparenza si vuole parlare di democrazia, di diritti e di pace.
In verità si tesse l’apologia della violenza, dell’illegalità, della guerra.
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Diario di guerra..
.Sono le 8.44 ora irachena.
Dalle 19.00 di ieri abbiamo iniziato a ricevere
pazienti....fino a stamattina n.13.
Ci sono violenti combattimenti sul fronte nord, in
direzione Kirkuk.
Abbiamo ricevuto 8 pazienti dal FAP di Kifrì, 4 dal
FAP di Kalar, 1 dal FAP di Penjwen (dead on arrival)
8 Bullet, 2 Mine, 3 Shelling. Tra i pazienti ci sono 3
soldati rakeni ora ricoverati in ICU.
Ho spedito il Field Supervisor a rafforzare il FAP di
Kifrì e a monitorare la situazione.
A presto, Mario
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MYRIAM
donna di 38 anni proveniente da Penjween, ferita da proiettile al collo. Morta all’arrivo in ospedle. Il fuoco proveniva dai festeggiamenti.
MUSTAFA’
uomo di 36 anni proveniente da Kifrì, ferito da mina con amputazione traumatica piede sinistro e schegge multiple su viso, con lesioni entrambi gli occhi. Sposato con una figlia, di professione spazzino, era un vecchio combattente pershmerga e per questa ragione gli era stato permesso di non andare a combattere, ma di rimanere con la sua famiglia. Ha voluto ugualmente seguire l’avanzata dei soldati ed è incappato nella mina.
ASHTY
uomo di 19 anni proveniente da Kifrì, ferito da mina con amputazione traumatica piede destro. Non sposato,agricoltore, seguiva anche lui l’avanzata dei peshmerga.
IBRAIM
uomo di 19 anni proveniente da Door, ferita da proiettile al bacino. Non sposato, combattente peshmerga.
HASSAN
uomo di 35 anni, proveniente da Kalar, ferita da proiettile alla spalla destra, sposato con 4 figli, una femmina e tre maschi. Combattente peshmergha.
FARIQ
uomo di 30 anni proveniente da Kalar, ferita da proiettile alla gamba sinistra, sposato con un figlio. Combattente peshmergha.
DILER
uomo di 26 anni proveniente da Kalar, ferita da sheggia gamba sinistra. Non sposato, combattente pershmergha.
JABBAR
uomo di 22 anni, proveniente da Jabar, ferito da mina con amputazione traumatica piede sinistro. Non sposato, seguiva l’avanzata dei peshmergha.
SUHAILA
donna di 48 anni, proveniente da Kifrì, ferita da proiettile alla spalla destra, sposata con 10 figli, 5 femmine e 5 maschi. Il fuoco proveniva dai festeggiamenti
JEGIR
uomo di 32 anni proveniente da Kalar, ferito da proiettile, non sposato, combattente peshmergha.
Di seguito i pazienti arabi:
KHALIF
uomo di 50 anni, ferito da un proiettile al torace, condizioni gravi, è ancora in sala operatoria e non è possibile raccogliere informazioni
BILAL
uomo di 51 anni proveniente da un villaggio a sud di Kifrì. Ferita da proiettile gamba destra. Sposato con due figli. Dice di essere un agricoltore e di essere stato ferito per sbaglio dai curdi.
ABDULLATHIF
uomo di 53 anni, proveniente dal villaggio di Taba-Chirmy ferita da proiettile gamba destra. Sposato con sei figlie e un figlio. Dice di essere agricoltore, ieri alcuni peshmergha sono andati da lui dicendogli di lasciare la casa. Lui li ha fatti entrare e sedere, chiedendo perchè se ne doveva andare....mentre preparava loro il tè gli hanno sparato.
Gli ultimi due pazienti, con i quali è possibile parlare mentre il primo è ancora in gravi condizioni, sono molto spaventati. Insieme a Hawar e al nostro responsabile delle guardie gli abbiamo detto che in ospedale possono stare tranquilli e verranno trattati come esseri umani. Il responsabile delle guardie gli ha portato una stecca di sigarette e Abdullathif lo ha abbracciato e baciato piangendo.
 
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