15 Settembre, 2002
Il sistema di welfare per anziani nella provincia di Cremona di Gian Carlo Storti
Uno dei pilastri del sistema di welfare locale sono le 28 RSA della Provincia di Cremona.
Il sistema di welfare per anziani nella provincia
di Cremona di Gian Carlo Storti
La risorsa delle RSA (Residenze Sanitarie
Assistenziali).
Uno dei pilastri del sistema di welfare locale
sono le 28 RSA della Provincia di Cremona.
I posti letto a disposizione sull’intero
territorio provinciale sono circa 3500 di
cui circa 2500 a disposizione dei residenti
nella provincia e 1000 fuori provincia.
E’ questa la rete finale della residenzialità
che soddisfa il bisogno di coloro che non
sono piuù in grado di rimanere nel proprio
domicilio anche con il sostegno delle badanti.
In questi ultimi anni sono stati compiuti
moltissimi investimenti strutturali tesi
a mettere a norma i posti letto ed a migliorare
la qualità dei servizi erogati agli anziani
erogati.
Gli stessi comuni hanno investito moltissimo
sui servizi domiciliari tesi a garantire
che l’anziano possa rimanere nella sua abitazione,
nel suo ambiente di vita il più a lungo possibile.
Il sistema rischia però di implodere su se
stesso.
Infatti queste RSA , siano pubbliche o private,
sono da anni coinvolti in una crisi di sistema
che vede l’incremento dei costi superiore
di 3-4 punti percentuali rispetto all’incremento
dei ricavi.
Infatti crescente e costante è la divaricazione
della forbice costi/ricavi - nel triennio
05/07 i ricavi sono cresciuti del 7%, i costi
dell’11%
Ora l’incremento dei costi è derivato da
normali fattori inflattivi ( personale,bene
e servizi ecc.)
I ricavi delle RSA hanno due componenti:
-le rette a carico delle famiglie;
-il contributo della Regione Lombardia sui
costi sanitari.
I costi di gestione per una giornata di ricovero
nelle strutture RSA è pari circa a 90 euro.
Le rette a carico delle famiglie sono ormai
giunte al limite dei livelli di sostenibilità
sociale.
Infatti esse ormai sono attestate sui 45-46
euro al giorno ( circa 1500 euro al mese
di fronte ad una media delle pensioni di
circa 1300).
Il contributo della Regione Lombardia , che
per legge dovrebbe essere pari al 50% dei
costi, ovvero sui 45 euro giornalieri, è
invece di circa 41-42 euro giornalieri.
Risulta evidente quindi il divario incolmabile
con un ulteriore incremento delle rette.
Del resto i comuni, con grandi sacrifici,
già intervengono a sostegno delle famiglie
che con riesco a pagare le rette. Il solo
comune di Cremona interviene con circa 2
milioni di euro.
Che fare dunque?
I tentativi vari delle RSA di riqualificarsi,
di diminuire i costi ( anche con operazioni
di privatizzazione dei rapporti di lavoro)
in questi anni non sta dando i risultati
sperati.
Del resto questi tentativi di razionalizzazione
hanno talvolta inciso sulla qualità dei servizi
erogati. O meglio i parenti degli ospiti
hanno percepito questo ed in più occasioni
hanno contestato i diversi Consigli di Amministrazione
, anche di colore politico diverso.
Ora le teorie che si confrontano sono due.
La prima è quella che vede puntare su un
ulteriore incremento delle rette a carico
della famiglie. Questa linea tende a giustificare
la posizione politica della Giunta Formigoni
che in questi anni non ha voluto o saputo
aumentare il suo contributo per ciò che attiene
ai costi sanitari.
La seconda, che in qualche modo si collega
allo schieramento di centro-sinistra, invece
sottolinea la necessità di aumentare le risorse
pubbliche alle RSA.
Le due linee sottointendono scenari diversi.
I primo scenario ( quello di aumentare le
rette) stressa la famiglia ed obbligherà
le più povere a rivolgersi ancor di più ai
comuni a chiedere “ caritatevoli” sostegni.
Il secondo invece ribadisce la necessità
di un ruolo dello Stato e del sistema degli
Enti Locali a sostegno delle politiche di
welfare. In questa seconda ipotesi le famiglie
non sono lasciate solo, in una di giungla
del “ fai da te” ma collocate al centro di
una rete silidale.
Il nodo quindi è uno solo. Come recuperare
risorse aggiuntive.
Le ipotesi su cui ragionare sul come recuperare
sono molteplici.
Fondamentale è il ruolo della Regione Lombardia.
Essa infatti può intervenire su tre livelli:
-il primo aumentando direttamente il suo
contributo per la parte sanitaria che, come
visto, è oggi inferiore di di 3-4 euro al
giorno;
-il secondo è quello di intervenire per alleggerire
la pressione fiscale ( IPRAP) a carico di
quelle strutture a cui oggi questo beneficio
non è riconosciuto ( aziende speciali ecc.);
-il terzo è quello di costituire un fondo
per la non autosufficienza utilizzando la
fiscalità generale ( non è indispensabile
aumentare le pressione fiscale ma razionalizzare
i costi generali della Regione Lombardia).
Anche gli enti locali ( comuni e Provincia)
possono e debbono ragionare su due livelli:
- il primo è quello di applicare l’ISEE alle
rette in modo tale che le famiglie che possono
pagare di più lo facciano;
- il secondo è quello di contribuire con
un fondo per la non autosufficienza a livello
territoriale.
Infine vi è una ulteriore frontiera, difficile
ma emblematica.
Il sistema politico e culturale dovrebbe
lavorare per stimolare le donazioni a favore
delle Fondazioni ed Aziende che governano
queste strutture.
Le donazioni si sono molto rarefatte e questo
è ,credo, il segnale di una società sempre
meno solidale e più improntata a rinchiudersi
su se stessa con una diminuita capacità di
esprimere solidarietà.
Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it
 
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