15 Settembre, 2002
Il 9 maggio 1950 nasce l’Europa unita ( di Gian Carlo Storti)
Questa data viene scelta per celebrare ogni anno la «Giornata dell’Unione europea».
Il 9 maggio 1950 nasce l’Europa unita ( di
Gian Carlo Storti)
Questa data viene scelta per celebrare ogni
anno la «Giornata dell’Unione europea».
Le grandi tappe storiche
L’Unione europea è il frutto del lavoro di
quanti, uomini e donne, si adoperano concretamente
per la costruzione di un’Europa unita. Non
esiste al mondo altra organizzazione in cui
un gruppo di paesi esercitino a tal punto,
tutti insieme, la sovranità in settori d’importanza
cruciale per i cittadini. L’UE ha creato
la moneta unica e un mercato unico dinamico
affinché persone, merci e capitali possano
circolare liberamente, e grazie al progresso
sociale e a una concorrenza leale fa in modo
che tale mercato comune vada a vantaggio
dei più.
Le fondamenta costituzionali di tale edificio
sono:
*il trattato di Parigi che istituisce la
Comunità europea del carbone e dell’acciaio
(CECA) nel 1951;
*i trattati di Roma che istituiscono la Comunità
economica europea (CEE) e la Comunità europea
dell’energia atomica (CEEA o Euratom) nel
1957.
*I trattati istitutivi sono stati poi modificati:
dall’Atto unico europeo nel 1986;
dal trattato sull’Unione europea a Maastricht
nel 1992;
dal trattato di Amsterdam nel 1997;
dal trattato di Nizza nel 2001.
I trattati hanno instaurato stretti legami
giuridici fra gli Stati membri. La legislazione
dell’Unione si applica direttamente al cittadino
europeo cui conferisce diritti specifici.
Creando un mercato comune del carbone e dell’acciaio
i sei paesi fondatori (Belgio, Repubblica
federale di Germania, Francia, Italia, Lussemburgo
e Paesi Bassi) intesero anzitutto garantire
la pace fra i vincitori e i vinti della seconda
guerra mondiale, associandoli e inducendoli
a cooperare in un quadro istituzionale comune
improntato al principio dell’uguaglianza.
I sei Stati fondatori decisero allora di
costruire una Comunità economica europea
(CEE) introducendo un mercato comune per
una vasta gamma di prodotti e servizi. I
dazi doganali furono definitivamente aboliti
il 1° luglio 1968 e già negli anni Sessanta
furono istituite le politiche comuni, prime
fra tutte la politica agricola e quella commerciale.
L’avventura fu un tale successo che Danimarca,
Irlanda e Regno Unito decisero di aderire
alla Comunità. Il primo allargamento del
1973 portò gli Stati membri da sei a nove
e introdusse nuovi compiti e politiche comuni:
la politica sociale, la politica ambientale
e quella regionale, per la cui attuazione
fu creato nel 1975 il Fondo europeo per lo
sviluppo regionale (FESR).
Agli inizi degli anni Settanta emerge la
necessità di armonizzare le singole economie
e con essa l’idea di un'unione monetaria.
Nel contempo, gli Stati Uniti decidono di
porre fine alla convertibilità del dollaro
in oro inaugurando un periodo di grande instabilità
monetaria sui mercati mondiali, aggravata
dagli shock petroliferi del 1973 e del 1979.
Con il sistema monetario europeo (SME) introdotto
nel 1979, i tassi di cambio si stabilizzano
e gli Stati membri cominciano a attuare politiche
di rigore, riuscendo così a mantenere legami
di solidarietà reciproca e a disciplinare
le loro economie.
Nel 1981 entra a far parte delle Comunità
la Grecia, seguita dalla Spagna e dal Portogallo
nel 1986. Urge allora introdurre dei programmi
strutturali, come i primi programmi integrati
mediterranei (PIM), per ridurre il divario
di sviluppo economico fra i dodici membri.
Nel frattempo la Comunità economica europea
assume un ruolo prominente sulla scena internazionale
siglando, fra il 1975 e il 1989, una serie
di convenzioni (Lomé I, II, III e IV) per
il commercio e l’aiuto allo sviluppo, con
i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico
(i cosiddetti “ACP”), culminate nell'accordo
di Cotonou del giugno 2000. È grazie a questi
strumenti che l’Europa, prima potenza commerciale
del mondo, si afferma a livello globale al
punto da mirare, in ultima analisi, all’istituzione
di una politica estera e di sicurezza comune.
Agli inizi degli anni Ottanta la recessione
mondiale alimenta in Europa una corrente
di “europessimismo”. Nel 1985 la Commissione
europea, allora presieduta da Jacques Delors,
pubblica un Libro bianco foriero di nuove
speranze. La Comunità decide infatti di completare
il mercato comune europeo entro il 1° gennaio
1993. Sancisce tale ambizioso obiettivo l’Atto
unico europeo che viene firmato nel febbraio
del 1986 ed entra in vigore il 1° luglio
1987.
L’assetto politico del continente subisce
una radicale trasformazione con la caduta
del muro di Berlino nel 1989, la riunificazione
tedesca del 3 ottobre 1990, la democratizzazione
dei paesi dell’Europa centrale e orientale
liberatisi dal controllo sovietico e l’implosione
dell’Unione sovietica nel dicembre del 1991.
Anche le Comunità europee sono in piena evoluzione.
Gli Stati membri aprono le trattative per
elaborare un nuovo trattato che il Consiglio
europeo (capi di Stato e di governo) adotterà
a Maastricht nel dicembre 1991. Il “trattato
sull’Unione europea” (TUE) entra in vigore
il 1° novembre 1993 e la CEE diventa più
semplicemente la «Comunità europea» (CE).
Integrando nel sistema comunitario un regime
di cooperazione intergovernativa per taluni
settori, il nuovo trattato crea l’Unione
europea (UE) e impartisce agli Stati membri
una serie di ambiziosi obiettivi: l’unione
monetaria entro il 1999, la cittadinanza
europea e nuove politiche comuni; la politica
estera e di sicurezza comune (PESC) e la
sicurezza interna.
Il dinamismo europeo e l’evoluzione geopolitica
del continente convincono altri tre paesi
ad aderire all’Unione. Il 1° gennaio 1995
l’Austria, la Finlandia e la Svezia diventano
parte integrante di un’Unione di quindici
membri che muove passi sinceri verso il suo
più spettacolare obiettivo: introdurre un
unico conio, l’euro, in sostituzione delle
singole monete nazionali. Dal 1° gennaio
2002 le euromonete e le eurobanconote hanno
libero corso nei dodici paesi dell’area dell’euro
(detta anche ‘zona euro’). La moneta unica
assurge così allo status di valuta internazionale
di riserva, alla stregua del dollaro.
Il mondo entra nel XXI secolo e gli europei
devono affrontare insieme le molteplici sfide
della globalizzazione. L’economia mondiale
si trasforma sotto l’impulso delle nuove
tecnologie rivoluzionarie e l’esplosione
di Internet, la società si disgrega e si
moltiplicano gli scontri fra culture diverse.
Nel marzo 2000 il Consiglio europeo decide
la cosiddetta “strategia di Lisbona”. L’obiettivo
è fare dell’economia europea un concorrente
atto a confrontarsi sui mercati globali con
colossi come gli Stati Uniti o i paesi di
recente industrializzazione. Ciò presuppone
che tutti i settori siano aperti alla concorrenza,
che sia dato ampio spazio all’innovazione
e all’investimento, e che i sistemi scolastici
ed educativi siano in grado di rispondere
alle esigenze della società dell’informazione.
Le riforme diventano tanto più urgenti quanto
più aumenta la pressione sugli Stati membri
delle spese pensionistiche e della disoccupazione.
L’opinione pubblica chiede ai governi, con
insistenza crescente, di trovare una soluzione
pratica ed equa a queste problematiche.
Siamo alla metà degli anni Novanta, l’Europa
dei Quindici si è da poco costituita che
già dodici nuovi paesi bussano alla sua porta.
Presentano domanda di adesione le ex democrazie
popolari del blocco sovietico (Bulgaria,
Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia
e Ungheria), tre stati baltici dell’ex Unione
Sovietica (Estonia, Lettonia e Lituania),
una repubblica dell’ex Iugoslavia (Slovenia)
e due paesi mediterranei (Cipro e Malta).
Spinta dal desiderio di stabilità sul continente
e dall’impulso di estendere a tali giovani
democrazie i benefici dell’unificazione europea,
l’UE si prepara a un allargamento dalle proporzioni
inaudite. I negoziati per l’adesione dei
paesi candidati iniziano a Lussemburgo nel
dicembre 1997 e a Helsinki nel dicembre 1999.
Il 13 dicembre 2002 si concludono a Copenaghen
i negoziati per dieci paesi dell’adesione,
che entreranno a far parte dell’Unione nel
maggio 2004. Nasce così l’Europa dei Venticinque,
che continuerà a crescere e a aprirsi a nuovi
paesi.
Oltre mezzo secolo di integrazione europea
ha profondamente segnato la storia del continente
e la mentalità dei suoi abitanti. I governi
degli Stati membri sanno tutti, indifferentemente,
che l'era della sovranità nazionale assoluta
è finita e che soltanto l'unione delle forze
e la concezione di un “destino oramai condiviso”
(per citare il preambolo del trattato CECA)
permetteranno alle vecchie nazioni di progredire
sul piano economico e sociale e continuare
ad influire sul destino del mondo.
Il metodo comunitario, che dosa sapientemente
interessi nazionali e interessi comunitari
nel rispetto delle diversità nazionali pur
promuovendo l’identità dell’Unione, mantiene
tutto il suo valore originario. Concepito
per sormontare gli antagonismi secolari e
scongiurare il senso di superiorità e il
ricorso alla forza nei rapporti fra gli Stati,
tale metodo ha permesso all’Europa democratica
e libertaria di restare coesa per tutto il
periodo della guerra fredda. La fine dell’antagonismo
Est/Ovest e la riunificazione politica ed
economica del continente sono una vittoria
per l’ideale europeo –un ideale di cui i
popoli d’Europa hanno più che mai bisogno.
L’Unione europea ha una risposta alla globalizzazione,
e l’attinge direttamente dall’enorme patrimonio
dei valori europei. L’Unione europea ha la
migliore “polizza assicurativa” per un futuro
di pace e di libertà.
 
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