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15 Settembre, 2002
RIPRENDIAMOCI LA PAROLA.
Lettera aperta dei docenti del Liceo Scientifico “Aselli” alle famiglie e agli studenti.

RIPRENDIAMOCI LA PAROLA.
Lettera aperta dei docenti del Liceo Scientifico “Aselli”alle famiglie e agli studenti.

Con la riforma della scuola secondaria superiore arriva davvero al primo giro di boa la riforma della scuola statale italiana avviata nel 2008 con le leggi 133 e 137 del DPEF per il 2009.
Fin da allora il Collegio dei docenti del liceo Aselli a larghissima maggioranza espresse la sua viva preoccupazione di fronte alla prospettata riforma del sistema dell’istruzione: in essa prevaleva l’obiettivo del MEF di ridurre risorse e investimenti nella scuola pubblica attraverso “economie lorde di spesa non inferiori a 456 milioni di € per l’anno 2009, a 1650 milioni di € per l’anno 2010, a 2538 milioni di € per l’anno 2011 e a 3188 milioni di € a decorrere dall’anno 2012” ( l. 133/2008, art. 64); in essa si puntava ad ottenere le prioritarie “economie lorde di spesa” attraverso la razionalizzazione delle classi di concorso, dei piani di studio e dei loro quadri orari, degli organici del personale docente ed ATA, la ridefinizione dei criteri di formazione delle classi, la rimodulazione dell’organizzazione didattica della scuola primaria, il ridimensionamento della rete scolastica etc.
Eravamo e siamo anche noi convinti che la riduzione della spesa pubblica, cresciuta negli anni con una progressione preoccupante per il buon funzionamento del sistema Italia, sia in sé inevitabile, tuttavia,anche se ritenevamo e riteniamo ineludibile una riforma complessiva che ridia alla scuola coerenza ed efficacia nella sua azione formativa, non possiamo condividere che ciò avvenga a danno stesso del sistema dell’istruzione.
Convinzione nostra e di chiunque creda nei valori della società democratica, costruita sul riconoscimento dei diritti di ciascuno, è che l’istruzione sia un bene comune, da difendere e promuovere prioritariamente, come segno di un Paese civile e moderno che, attraverso la sua classe politica, in modo saggio e lungimirante, investe, anche economicamente, risorse nella scuola e nell’istruzione come scommessa sul futuro, come risparmio a venire su generazioni più competenti, più avanzate nella conoscenza e nei processi della conoscenza, così come più responsabili nelle decisioni. Si sta invece disgregando senza reale discussione un paradigma scolastico venuto da lontano come lotta all’analfabetismo, come scolarizzazione delle masse, come occasione per poter cambiare le proprie condizioni sociali, come condizione per poter partecipare alla vita politica. Cade, purtroppo senza fare molto rumore, il Welfare educativo e con esso l’idea di uguaglianza, di pari opportunità, di emancipazione umana attraverso l’istruzione pubblica.
I dati statistici del sistema nazionale resi noti dal MIUR mostrano che nella valutazione infraquadrimestrale del marzo 2009 tre studenti delle superiori su quattro presentavano insufficienze in almeno una disciplina. Chi come noi lavora ogni giorno nelle aule scolastiche vede spesso giovani annoiati, “distratti, refrattari, pieni di vuoto iperattivo”,come sostiene il pedagogista D’Amico, che mostrano serie difficoltà d’apprendimento, pur essendo dotati di intelligenza e curiosità. Dunque, crediamo che gli insuccessi siano da attribuire a cause plurime, legate alla complessa e frammentata “società globale”, che evidenzia stili di relazione, fenomeni di costume, criteri di scelta da interpretare con una lettura adeguata, ai fini della acquisizione di strumenti idonei ad operare in una società complessa. Educare, formare con pazienza, tenacia e competenza le giovani generazioni richiede l’elaborazione di un modello culturale che indichi quali conoscenze e processi oggi siano fondamentali per la costruzione dell’identità personale, quindi la collaborazione responsabile di tutte le forze sociali e politiche alla definizione comune e condivisa di priorità su cui concentrare le risorse finanziarie.
La cosiddetta riforma Gelmini si è invece tradotta sostanzialmente –come temuto- in una razionalizzazione finanziaria, ispirata da un modello culturale privatistico-aziendale, inadeguato a rispondere ai bisogni formativi della persona umana: né il sapere né l’adolescente in formazione possono essere ridotti a merce per cui valgono esclusivamente i criteri del mercato, che puntano a coniugare l’efficienza con l’utile, bandendo il principio della singolarità della persona umana, con i suoi tempi e le sue delicate strategie di maturazione.( segue)

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