15 Settembre, 2002
Calcio, diritti.Il Sudafrica spera nei Mondiali di Riccardo Valsecchi
La Coppa aiuterà un paese dove oltre il 40% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno
Calcio, diritti.Il Sudafrica spera nei Mondiali
di Riccardo Valsecchi
La Coppa aiuterà un paese dove oltre il 40%
della popolazione vive con meno di 2 dollari
al giorno e la diffusione del virus Hiv è
la più alta del mondo? Forse no, ma in Sudafrica
lo sport ha avuto una funzione essenziale
contro apartheid e razzismo
BERLINO - La XIX Coppa del Mondo FIFA di
calcio, che prenderà il via l'11 giugno 2010
in Sudafrica, sarà la prima ad essere ospitata
da un paese africano. Mentre fervono i preparativi
e la stampa mondiale si concentra sulle probabili
formazioni delle 32 squadre che si contenderanno
il trofeo, la Fondazione Heinrich Böll di
Berlino ha organizzato una conferenza sul
significato e le prospettive dell’evento
per la nazione sudafricana.
Abolito nel 1990 l’apartheid, la politica
segregazionista attraverso la quale la minoranza
bianca aveva governato il paese dal dopoguerra
in poi, il Sudafrica ha avuto una crescita
economica costante tanto da potere essere
considerata la nazione più sviluppata del
continente africano. Nonostante ciò, sussistono
ancora oggi gravissimi problemi sociali,
determinati da una difficile integrazione
razziale, una capillare espansione della
criminalità e della povertà – oltre il 40%
della popolazione vive con meno di due dollari
al giorno -, nonché da una diffusione epidemica
del virus HIV, tanto che la Rainbow Nation
è il paese con il più alto numero di pazienti
sieropositivi al mondo.
Moltissimi sono stati i dubbi sollevati dagli
osservatori internazionali e dalle agenzie
non governative presenti sul territorio sulla
reale capacità del paese nell’organizzare
un evento di tale portata. Nonostante gli
“afro-pessimisti”, Cape Town è riuscita a
completare con successo tutti i passi richiesti
dalla FIFA: la ristrutturazione e la costruzione
dei dieci stadi che ospiteranno il torneo
è stata portata a termine, il trasporto pubblico
è stato migliorato e adeguata risulta la
disponibilità d’alloggi e di strutture richieste
per ospitare il pubblico internazionale.
Gli organizzatori e il governo sudafricano
hanno inoltre evidenziato come l’evento possa
rappresentare una significativa opportunità
di sviluppo economico, di lotta alla disoccupazione,
di promozione di un’identità e unità nazionale,
e di stigmatizzazione degli stereotipi comuni
sull'Africa e sugli africani.
"In Sud Africa", spiega (dopo la
presentazione del documentario “Have you
heard from Johannesburg: Fair Play")
Don Edkins, pluripremiato regista e produttore
sudafricano lo sport ha avuto una funzione
essenziale per combattere l'apartheid, grazie
al bando internazionale del Sudafrica da
tutte le competizioni più importanti fino
al 1990, ma anche durante il processo di
riconciliazione. "Il film racconta la
storia dei movimenti anti-apartheid che portarono
all’esclusione dai circuiti internazionali
della nazionale di rugby sudafricana, i famosissimi
e fortissimi Springboks.
"Fino al 1995, quando il Sudafrica ha
ospitato la Coppa del Mondo di rugby, gli
Springboks rappresentavano i nostri nemici”,
ricorda Luyanda Mpahlwa, architetto e membro
del Comitato Organizzatore Sudafrica 2010.
“Qualsiasi squadra affrontassero, noi tifavamo
contro gli Springboks, ma quel giorno, quando
sconfissero in finale la nazionale neozelandese,
quando il nostro presidente Nelson Mandela
alzò la coppa insieme al capitano Francois
Pienaar, per la prima volta ho pensato a
me stesso come a un sudafricano, a un tifoso
degli Springboks. Come se quel successo fosse
anche un poco mio.”
“Sinceramente non penso che il mondiale possa
portare benefici materiali”, continua Don
Edkins. “È un tema molto discusso anche in
Sudafrica, dal momento che la maggior parte
del capitale impiegato per coprire gli investimenti
proviene dalle tasse; inoltre, non bisogna
dimenticare che a tutt’oggi la cosiddetta
Rainbow Nation è probabilmente il paese con
il più elevato margine d’ineguaglianza del
mondo. Il mondiale può rappresentare però
un primo passo verso un lento e inesorabile
processo di cambiamento. L’attenzione mediatica,
il progredire delle strutture di comunicazione
e d’informazione, ancora limitate e parziali,
l’apertura verso il pubblico internazionale
sono aspetti che potrebbero concorrere a
questo obiettivo.”
“Molti sono i programmi sociali che le Ong
hanno potuto intraprendere grazie al supporto
della FIFA”, ricorda Luyanda Mpahlwa. “Certo,
la FIFA usa queste attività collaterali con
il fine ultimo di dimostrare la propria attenzione
alle tematiche sociali, senza però curarsene
più di tanto, ma è già qualcosa. A chi chiede
poi quali possano essere i benefici economici
di questa coppa del mondo, domando quali
siano stati i vantaggi di Germania 2006.
”
Esiste ancora il razzismo nello sport in
Sudafrica?
per leggere tutto l'articolo clicca qui:
http://www.rassegna.it:80/articoli/2010/06/4/63263/il-sudafrica-spera-nei-mondiali
 
|