15 Settembre, 2002
Università. Basta con la campagna denigratoria.
Lettera agli allievi del prof. Giulio Ballio, Rettore del Politecnico di Milano
Università. Basta con la campagna denigratoria.
Lettera agli allievi del prof. Giulio Ballio,
Rettore del Politecnico di Milano
Cara Allieva, Caro Allievo,
In questi ultimi due anni stiamo assistendo
a una campagna denigratoria, sempre più intensa
e
aggressiva, nei riguardi dell’Università
italiana e di tutti coloro che onestamente
vi operano.
E’ una campagna che rischia di demotivare
profondamente tutti noi e soprattutto quei
giovani che vi
sono entrati da poco o che desiderano entrarvi.
E’ una campagna che può indurre legittimi
dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.
Spesso le persone che incontro mi chiedono
se è reale il quadro che viene rappresentato
dai molti
interventi riportati dai media, oppure se
stiamo assistendo, forse senza rendercene
conto, a un
attacco teso a sfiduciare le università statali.
Appare legittimo il dubbio che vi sia il
desiderio di sostituire l’ università pubblica
con un sistema
privato, devastando le aspettative di più
di un milione e mezzo di famiglie italiane.
Noi, che siamo allo stesso tempo insegnanti
e ricercatori, ci sentiamo profondamente
offesi perché
ci si vuole delegittimare proprio di fronte
alla comunità che abbiamo scelto di servire
col nostro
lavoro e con i nostri sacrifici.
Questi tentativi di delegittimazione fanno
male a tutti noi che crediamo nell’università,
che vi
lavoriamo per formare e per traghettare Voi
giovani dalla scuola secondaria al mondo
del lavoro,
per fare ricerca e servire il nostro Paese
in cui ancora crediamo. Ci fanno perdere
l’entusiasmo, ci
spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano
dalla voglia di operare in un servizio che
abbiamo scelto e in cui ancora crediamo.
Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti,
faremmo il
gioco di chi ci vuole distruggere privandoci
di quella libertà che, sola, permette di
fare ricerca e
insegnare a Voi giovani.
In questi giorni si parla di agitazioni dei
ricercatori, di richiesta di sospensione
delle lezioni, di
volontà a non tenere insegnamenti, di rivendicazioni
da parte di persone che possono sembrare
fortunate perché hanno ancora un lavoro,
ma alle quali si sta togliendo quella speranza
che li aveva
spinti a rinunciare ad attività più remunerative
per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi,
è
sempre parso il più bel lavoro del mondo:
fare ricerca e contemporaneamente insegnare
ai più
giovani.
Le aspettative di carriera dei più giovani
sono deluse. Da più di tre anni non sono
banditi concorsi
per passare da ricercatore a professore associato
e da associato a professore ordinario e non
si può
ragionevolmente prevedere il numero di anni
che dovranno ancora passare prima che questi
concorsi vengano banditi. Per non invecchiare
senza speranza molti giovani valenti stanno
vincendo
concorsi per posizioni di professore in università
straniere e coloro che vanno via non sono
sostituiti da colleghi stranieri che desiderino
venire a lavorare in Italia.
Ci viene impedito di fare ricerca con colleghi
stranieri anche se riusciamo a farci finanziare
da enti
pubblici o privati perché un nuovo dispositivo
legislativo prescrive di spendere in missioni
di lavoro
meno della metà di quanto speso nel 2009.
Ci viene impedito di continuare a offrire
una formazione finora apprezzata dal mondo
del lavoro
perché un recente decreto ministeriale impone
una riduzione di insegnamenti e corsi di
laurea,
indipendentemente dal numero di allievi iscritti.
Forse il nostro Ateneo sarà costretto a ridurre
le
immatricolazioni oppure a chiudere attività
didattiche che fino ad oggi hanno soddisfatto
le
esigenze dei territori in cui il Politecnico
è presente.
Ci viene proposto un Disegno di Legge che,
seppur necessario, presenta alcuni punti
critici:
- l’imposizione di forme di governo dell’Ateneo
molto diverse da quelle da noi adottate
nell’ultimo decennio che ci hanno permesso
di crescere nella reputazione internazionale
- l’obbligo di assumere docenti provenienti
da altre Università in un paese che fa di
tutto per
contrastare la mobilità a causa della carenza
di servizi erogati
- pesanti incertezze sul destino dei giovani
ricercatori che lavorano con noi per la mancanza
di
una programmazione nella progressione delle
loro carriere
- scarsa attrattività della carriera accademica
per le nuove generazioni poste di fronte
a una
serie di contratti a tempo determinato che
aumenta il loro senso di precarietà.
L’approvazione di una legge che non tenga
conto di queste criticità e di un programma
pluriennale
di finanziamento all’Università rischia di
produrre una situazione anche peggiore dell’attuale.
Come si fa a gestire un Ateneo o a fare una
programmazione adeguata quando ancora oggi
non si
conosce l’ammontare del finanziamento statale
del Politecnico relativo all’anno 2010?
Questa lettera nasce proprio dal desiderio
di condividere con Voi questi sentimenti,
di chiedere la
vostra comprensione, di cercare la vostra
solidarietà.
Tutti noi del Politecnico vogliamo continuare
la missione che da quasi 150 anni ci è stata
affidata,
ma non possiamo essere lasciati soli in balia
di chi sta usando una falciatrice per fare
di tutta l’erba
un fascio, incurante di tagliare in un solo
passaggio l’erba secca, quella verde e i
fiori già cresciuti.
E’ proprio la capacità di distinguere il
grano buono dalla gramigna che, insieme a
Voi,
indipendentemente da ogni fede politica,
vorremmo chiedere a questo nostro Paese.
Vogliamo che
non sia distrutto quanto di buono abbiamo,
chiediamo con forza che si investa anche
su quanto c’è
di buono per renderlo ancora migliore.
Probabilmente molti di Voi si stanno ponendo
un certo numero di interrogativi quali ad
esempio:
Cos’è l’autonomia dell’università? Le università
sono tutte uguali? Chi sostiene economicamente
le
università? Perché i docenti fanno ricerca?
Quali sono i doveri che la legge impone ai
docenti
universitari? Come si recluta un docente
universitario? La ricerca italiana è così
di basso livello
come viene dipinta? E’ vero che le nostre
università sono molto indietro nelle classifiche
internazionali? I baroni esistono ancora?
Il cosiddetto 3+2 è una iattura? Cosa vuol
dire titolo
legale?
A queste e ad altre domande, che potrete
propormi scrivendo a , comunicazione@polimi.it sarà data
una risposta sul sito Polimi nelle prossime
settimane.
Cordiali saluti
prof. Giulio Ballio, Rettore del Politecnico
di Milano
 
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