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15 Settembre, 2002
L'Ulivo di Cremona sulla controriforma Moratti della scuola
Un'analisi dettagliata sui diversi punti dell'ormai famigerato decreto

Il primo decreto della riforma Moratti, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 23 gennaio, non piace all’Ulivo e ai sindacati che ne chiedono il ritiro.

Ecco alcuni aspetti che non vengono condivisi:

IL MODELLO DI SCUOLA CHE DANNEGGIA I NOSTRI FIGLI
Il modello di scuola che il Governo vuole è incentrato sul risparmio riducendo il tempo scuola, gli organici e l’offerta formativa.
Il Governo vuole una scuola che parla alle famiglie che sono indotte a intendere la scuola come un servizio a domanda individuale, consono alle loro necessità, non sempre coincidenti con gli interessi dei bambini. Saranno così avvantaggiate le famiglie che potranno economicamente offrire la migliore offerta ai loro figli rispetto a quelle più svantaggiate che a causa dei costi non la potranno garantire. Mentre il Governo promette meno tasse, le Scuole per garantire le ore opzionali attraverso esperti assunti con prestazione d’opera e i Comuni per garantire il personale durante il tempo mensa saranno costretti a chiedere ulteriori oneri alle famiglie.
La nostra scuola rischia così di tornare classista, selettiva, a diverse velocità, assumendo un ruolo di pura assistenza, dove si perde il valore dell’uguaglianza e della socializzazione scontrandosi con il dettato costituzionale che all’art. 3 prevede che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ma il Governo non tiene conto dei principi della nostra Carta Costituzionale e per meglio assicurarsi cancella ogni riferimento alla Costituzione (art. 118 e 161 comma 2 del Testo Unico 297/1994):
“La scuola elementare, nell’ambito dell’istruzione obbligatoria, concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, sociali e culturali”.
“La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.
Importante è il ruolo dei genitori, soprattutto in questo momento, che potrebbero fare richieste alle scuole non sempre coerenti con i reali bisogni dei loro figli. Dobbiamo batterci perché tutti i figli abbiano le stesse opportunità di successo!

GENERALIZZAZIONE E TEMPO NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA
Nella scuola dell’infanzia non è prevista l’apertura di nuove sezioni e quindi ci saranno ancora lunghe liste di attesa. Manca la copertura finanziaria e in tal senso la Commissione bilancio del Senato ha espresso un parere negativo al decreto.
Così, si arresta il processo di generalizzazione del servizio che è invece uno degli obiettivi della riforma della scuola.
Col modello attualmente in vigore la scuola dell’infanzia prevede un tempo settimanale standard di 40 ore, con un orario tipo di 8 ore al giorno, oppure, un tempo di 50 ore alla settimana con una giornata di 10 ore. Questa possibilità è decisa dal consiglio di circolo su richiesta di un congruo numero di famiglie. Con il Decreto appena approvato, la scuola dell’infanzia passa da un minimo di 24,30 ore ad un massimo di 47,20.
Un modello orario di 24,30 ore corrisponde a poco meno di 5 ore al giorno; viene legittimato definitivamente il modello di funzionamento orario articolato esclusivamente sulla fascia antimeridiana.
Il modello di 47,20 corrisponde a quasi 10 ore giornaliere. Le scuole, anche su richiesta delle famiglie, potranno adottare modelli intermedi come 6 ore al giorno, 7 oppure 8 o 9.
Potrà succedere che nella stessa scuola vi siano sezioni che adotteranno modelli orari diversi e la stessa cosa potrà succedere all’interno della stessa sezione. Un tempo scuola così frammentato, con una ampia gamma di possibili scelte individuali, fra un minimo di frequenza di 5 ore giornaliere e un massimo di 10 ore, rende alquanto difficile il progetto didattico. Da anni la scuola dell’infanzia ha organizzato il proprio progetto educativo pensandolo realizzato su di un arco temporale di otto ore. Questo tempo si è visto essere ideale per la realizzazione di una giornata educativa di senso compiuto.
Con il decreto potrà verificarsi la possibilità che dopo la quinta ora, ad ogni scadenza oraria della giornata, un certo numero di bambini potrà lasciare la scuola per soddisfare le esigenze della famiglia, arrecando danni alla continuità temporale, didattica e relazionale del gruppo. Di conseguenza, si verificherà una concentrazione nelle ore mattutine del progetto educativo rischiando nelle prime ore un “accanimento cognitivo” nei confronti dei bambini, e un atteggiamento di“ badantato” assistenzialistico nelle restanti. Tutto ciò farebbe retrocedere il livello di qualità sin d’ora raggiunto dalla scuola dell’infanzia italiana, anche per la capacità pedagogica di organizzare la giornata educativa.

SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI PRIMO GRADO - CANCELLAZIONE DEL TEMPO PIENO E PROLUNGATO
Col modello attualmente in vigore la scuola elementare prevede un tempo normale di 27 ore curricolari più 3 per la lingua straniera o un tempo pieno di 35 ore curricolari più 5 per la mensa; per la scuola media un tempo normale di 30 ore curricolari o un tempo prolungato che va dalle 36 alle 40 ore di lezione più 6 o 7 ore per la mensa.
Nella scuola elementare e media è fortemente radicato il tempo pieno che incontra un ampio consenso fra le famiglie.
Con il Decreto appena approvato, la scuola elementare passa a 27 ore curricolari più 3 opzionali e fino a 10 ore per la mensa; la scuola media passa a 27 ore curricolari più 6 opzionali e 5 o 6 ore per la mensa.
Il decreto prevede l’abrogazione dei modelli attuali. Si destruttura l’orario per lasciare spazio ad un’offerta di istruzione che provoca una diminuzione di scuola per tutti.
Il tempo scuola viene diviso in tempo obbligatorio, opzionale e della mensa. L’ANCI si è battuta fortemente a difesa del tempo pieno e prolungato e per il mantenimento dell’organico dell’anno scolastico in corso, compreso quello del personale addetto all’assistenza durante il tempo mensa.
Frammentare l’attuale tempo della didattica (30 ore) in due tempi, di cui uno obbligatorio e uno opzionale, vuol dire rompere con la didattica dei tempi distesi, perché si comprime il tempo obbligatorio di 27 ore settimanali in orario solo antimeridiano.
Le attività opzionali non saranno l’estensione delle attività del mattino, ma, in totale discontinuità, potranno riguardare le attività più disparate svolte con esperti, come anche attività di doposcuola per i deboli che rischieranno l’emarginazione. Il Ministro si è dovuto arrendere consentendo la gratuità delle materie opzionali alla scuola primaria e superiore di I grado, in attesa della completa attuazione della riforma.
Il Ministero, facendo propaganda con i soldi dei cittadini, fa finta di introdurre le alfabetizzazioni di inglese e informatica che sono già presenti nei programmi dell’85 e insegnate per iniziativa delle scuole anche nelle classi prime e seconde, laddove le risorse professionali sono disponibili; tra l’altro, la lingua straniera è resa già obbligatoria dalla riforma del ’90.
Nella scuola secondaria di I grado il tempo scuola obbligatorio viene ridotto a 27 ore settimanali. In queste ore dovrà essere incluso tutto l’insegnamento delle discipline individuate dalle “Indicazioni nazionali”. Se si considera che fin dalla prima classe viene prevista una seconda lingua comunitaria, oltre l’inglese, si capisce come il tempo delle altre discipline deve ridursi per far quadrare il nuovo bilancio orario più contenuto. Italiano, storia e geografia perdono due ore alla settimana, sparisce completamente l’educazione tecnica e si introduce un’ora di “tecnologia” che ha, tra i suoi obbiettivi, il ritorno dell’economia domestica. Anche l’inglese, su cui il Presidente Berlusconi fa molta propaganda perde un’ora. Viene invece mantenuta nella quota obbligatoria, l’ora di religione, facoltativa per eccellenza.
Gli organici per i posti di tempo pieno, prolungato e per il tempo mensa, secondo quanto previsto dal Decreto in via di prima applicazione per l’anno scolastico 2004/05, saranno complessivamente confermati; i docenti che subiranno un taglio dell’orario di lezione non andranno in soprannumero, ma resteranno a disposizione della scuola. Questa è una situazione provvisoria che vale per l’anno prossimo ma non per gli anni successivi; i 12.500 tagli previsti dalla legge finanziaria però non sono stati annullati.

DOCENTE TUTOR
Il decreto introduce il docente tutor che diventa un unico riferimento e al quale è attribuita una prevalenza di presenza nella classe, con un orario rigidamente previsto che non consente alle singole scuole di scegliere il proprio modello. La figura del tutor crea una sorta di gerarchizzazione sconvolgendo la dimensione collegiale e solidale della scuola. Si punta al ritorno dell’insegnante unico, anacronistica figura di tuttologo, superata da modelli di organizzazione basati sulla condivisione della responsabilità educativa della collegialità.
Il tutor invade le prerogative delle istituzioni scolastiche autonome in materia di organizzazione didattica e le competenze della contrattazione in materia di profili professionali e orario di servizio.
Il tutor, inoltre, rappresenta un eccesso di delega che va oltre il mandato della legge 53, a cui devono attenersi i decreti attuativi, che non fa il minimo accenno alla sua introduzione.

ANTICIPO SCOLASTICO E RUOLO DEI COMUNI
Il decreto prevede che alla scuola dell’infanzia possono iscriversi i bambini che compiono i tre anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento; per la scuola primaria possono iscriversi i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto che precede l’anno scolastico di riferimento e anche i bambini che compiono i sei anni di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.
L’ANCI ha insistito sulla valenza sia educativa che sociale della scuola dell’infanzia, chiedendo apposite risorse per la sua generalizzazione. Per le modalità di attuazione dell’anticipo ha ottenuto delle preventive intese tra i Comuni e le Direzioni Regionali Scolastiche, che le iscrizioni possano avvenire solo in presenza di certificate condizioni qualitative con un ruolo di forte controllo e di sorveglianza da parte dei Comuni.
Volendo realizzare a tutti i costi l’anticipo il governo ha pensato bene di utilizzare anche i fondi destinati alle politiche sociali.
Nella scuola dell’infanzia le iscrizioni anticipate non sono accompagnate da "nuove professionalità" e dall'adeguamento delle strutture. La formazione del personale è molto importante soprattutto per le esigenze sensibilmente diverse dei bambini più piccoli.
I bambini a quell’età non hanno ancora raggiunto la propria completa autonomia, quindi risulta indispensabile mantenere la loro igiene e pulizia personale. Per questo, c’è bisogno di un numero maggiore di operatori a disposizione a cui va fornita una preparazione seria che non può avvenire con la frequenza di un “corsetto veloce”.
Pensare di rendere somigliante lo spazio di una scuola dell’infanzia a quello di un asilo-nido in pochi mesi risulta assai poco realizzabile.
Ai Comuni si volevano accollare gli oneri per l’adeguamento delle strutture e i costi della mensa, malgrado i forti tagli di risorse che stanno subendo da parte dello Stato negli ultimi anni.
Anche l’ultima finanziaria ha imposto drastiche riduzioni. Andando avanti così i Comuni non riusciranno più a garantire i servizi e a svolgere i compiti loro assegnati.
In prima elementare ci saranno bambini con differenze di età fino a 20 mesi, una variabile molto forte date le ampie differenze in quella fase dello sviluppo che si aggiunge a tutte le altre già presenti (immigrati, handicappati, svantaggio…) che la scuola dovrà affrontare in una situazione sempre più impoverita e irrigidita per i progressivi tagli agli organici.

PER L’AUTONOMIA SCOLASTICA
Con il Dpr 275/'99 si è attribuita alle istituzioni scolastiche la "autonomia didattica" (definizione dei tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività, aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari, ecc.) e l’"autonomia organizzativa" (cioè: impiego dei docenti, modalità organizzative coerenti con il piano dell'offerta formativa della scuola, ecc.). Con la riforma del Titolo Quinto della Costituzione, Legge 3/2001, l’autonomia scolastica è diventata una risorsa costituzionale.
Le scuole, negli ultimi anni, stanno subendo da parte del Ministero, mancati trasferimenti di risorse finanziarie. Con l’approvazione del decreto si riduce l’offerta formativa delle scuole e si introduce la nuova figura del tutor cercando di limitare l’autonomia organizzativa.
Il Governo cerca di limitare l’autonomia delle scuole riproponendo il vecchio schema del Ministro che dispone e la scuola che si adegua.

CIRCOLARE MINISTERIALE
La circolare ministeriale, relativa alla iscrizione dei bambini e delle bambine alla scuola dell’infanzia ed alle classi di ogni ordine e grado, non ha dettato le istruzioni sulla base della normativa vigente ma ha anticipato lo schema del Decreto, non ancora approvato al tempo della sua uscita.
I ragazzi che stanno frequentando la terza media dovranno decidere se e a quale indirizzo della scuola secondaria superiore intendono iscriversi per l’anno successivo.
Possono, purtroppo, decidere anche di non iscriversi a nessun percorso scolastico, visto che la legge 53/03, approvata nella primavera scorsa, ha cancellato l’obbligo scolastico sancito dall’art. 34 della Costituzione inserendo il “diritto – dovere all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni”.
Ciò significa che questa scelta, importante per il futuro formativo, sociale e professionale di questi ragazzi, dipenderà esclusivamente dalle condizioni culturali e sociali della famiglia di appartenenza.
Lo Stato sta a guardare, non ritenendo la formazione culturale di base dei propri cittadini un suo problema, in netta contraddizione con quanto previsto nel comma 2 dell’articolo 3 della Costituzione: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
A tredici, quattordici anni di età c’è ancora bisogno di saperi e conoscenze di base, di più tempo per conoscersi e conoscere, per poter decidere consapevolmente cosa si vuole fare da grandi.
Il sapere, nella società globale e della conoscenza, è oggi più che mai il fattore che determina l’inclusione o l’esclusione sociale delle persone. E’ grave che si chieda invece di scegliere così presto, che si lascino soli i giovani, soprattutto quelli più deboli per condizioni familiari, ad assumere una decisione così importante.

INDICAZIONI NAZIONALI E I PIANI PERSONALIZZATI ALLEGATI AL DECRETO
Gli allegati al Decreto contengono Le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati. Non si può assolutamente condividere la scelta di mettere a disposizione della scuola questi documenti in via transitoria.
Le Indicazioni Nazionali, non hanno al momento nessun fondamento normativo. Per averlo devono seguire l’iter indicato della Legge Delega e dall’art. 8 del D.P.R. 275/99 che prevede la consultazione delle Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata.

SPOT, AGENDE E OPUSCOLI
Il ministro Moratti sottrae milioni di euro alle scuole, lasciandole in perenne difficoltà, per enormi campagne pubblicitarie (spot, agende, opuscoli) spiegando le novità di una riforma senza risorse che rimarrà solo sulla carta.

SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE
La Corte Costituzionale, con sentenza n.13 del 13 gennaio 2004, ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Emilia-Romagna evidenziando le illegittime disposizioni contenute nelle leggi finanziarie 2001, 2002 e 2003 relative al taglio degli organici, individuando la programmazione della rete scolastica, in cui rientra la definizione della dotazione organica del personale docente e non docente, di competenza delle Regioni e non più dello Stato.
Se l’organizzazione del servizio è competenza della regione, confusione crea la disposizione che prevede non meno di 18 ore per i tutor, figura che, tra l’atro, non è prevista neanche dalla Legge 53 (riforma Moratti). Il Governo compie così un eccesso di delega.

IL METODO
Prima e durante l’approvazione del decreto non c’è stata una fase di consultazione con nessuno degli operatori della scuola, insegnanti, dirigenti scolastici, personale ATA.
L’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) inizialmente ha espresso forti perplessità sul provvedimento facendo diverse osservazioni e richieste.
L’Ulivo, nelle Commissioni Istruzione e Cultura della Camera e del Senato ha cercato di bloccare il provvedimento; anche l’UDC ha presentato una serie di emendamenti che ha poi dovuto ritirare per questioni interne alla maggioranza. La Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere negativo in seguito alla verifica della assenza delle necessarie risorse.
Il dissenso, che già era presente nella scuola per riforme incominciate e purtroppo mai portate a termine, sta crescendo perché si è capita l’intenzione di questo Governo, cioè smantellare la scuola, cancellando i modelli positivi che sono già presenti, come il tempo pieno e prolungato.

RISORSE FINANZIARIE
Nella scuola elementare le risorse stanziate risultano insufficienti, per la scuola dell'infanzia e la scuola media non è previsto nulla e si rinvia a . . .
Questo aspetto preoccupa perchè ad ogni legge finanziaria si riducono le risorse per la scuola pubblica, mentre aumentano quelle per la scuole private.
La Finanziaria 2004 stanzia solo 11 milioni per l’adeguamento e la messa a norma delle strutture scolastiche su un piano pluriennale straordinario di investimenti quantificato per 7,5 miliardi di euro e solo 90 milioni sul piano finanziario a sostegno della legge 53/2003 che prevede interventi per 8320 milioni di euro per il quinquennio 2004 – 2008; saranno finanziati i seguenti interventi:
- sviluppo delle tecnologie multimediali;
- interventi di orientamento contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto-dovere di istruzione e formazione;
- interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti.

QUESTI FINANZIAMENTI NON RIGUARDERANNO L’APPLICAZIONE E L’ATTUZIONE DEL DECRETO DELLA RIFORMA MORATTI APPENA APPROVATO,
infatti, rimarranno privi di risorse la generalizzazione della scuola dell'infanzia, le spese a carico degli enti locali connesse agli anticipi delle iscrizioni (con riferimento sia agli oneri di personale qualificato, sia all'esigenza di dotazione e adeguamento infrastrutturale) e l’inserimento dell'insegnamento della lingua inglese in tutte le classi della scuola primaria.

MANCATA GRADUALITA’ DEL DECRETO
Come si può vedere, diverse sono le questioni ancora aperte che hanno bisogno di riflessioni più approfondite.
Per questo l’Ulivo, in Commissione alla Camera e al Senato, ha insistito nel chiedere gradualità nell’attuazione della riforma con l’avvio dell’applicazione del Decreto a partire dall’anno 2005-2006, ma purtroppo questo non è avvenuto.

A cura di Francesco Ghelfi, Gruppo Scuola dell’Ulivo Cremonese

 


       



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