15 Settembre, 2002
Sorpresa, rinasce negli Stati Uniti il movimento pacifista
Cresce l’opposizione a una nuova guerra in Iraq e contro i piani dell’amministrazione Bush
Sorpresa, rinasce negli Stati Uniti il movimento pacifista
di Roberto Rezzo
NEW YORK Rinasce il movimento pacifista negli Stati Uniti: con i preparativi del Pentagono cresce l’opposizione a una nuova guerra in Iraq e contro i piani dell’amministrazione Bush si apre un fronte che inaspettatamente unisce sindacati e destra religiosa, associazioni di minoranze e gruppi per la difesa dei diritti civili.
Il presidente ha deto segni di impazienza mentre gli ispettori dell’Onu sono appena all’inizio del lavoro e minacciano ancora Saddam Hussein: “Gli ispettori non sono là per giocare a nascondino e i primi segnali che arrivano non sono incoraggianti”. Bush ha ricordato che domenica prossima scade il termine entro cui il regime di Baghdad deve presentare l’elenco di tutte le armi chimico batteriologice i suo possesso o in fase di sviluppo. “Questa sarà l’ultima prova per Saddam Huissein”, ha dichiarato Bush. La fretta del presidente a muovere l’esercito non sembra però condivisa dalla pur vasta maggioranza che lo sostiene sul tema della sicurezza. “Sta nascendo un vero e proprio movimento contro la guerra – afferma Karen Dolan dell’Institute for Policy Studies di Washington – se guardiamo alle manifestazioni che si sono svolte sinora, la prima cosa che balza agli occhi è a presenza di intere famiglie, di anziani, di tutta la classe media americana”.
Dopo le marce dello scorso 26 ottobre a San Francisco e nella capitale, il prossimo appuntamento è per il 10 dicembre, giornata mondiale per i diritti umani. Centinaia di gruppi stanno organizzando manifestazioni e atti di disobbedienza civile per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, sit-in sono in programma a Lafayette Park, proprio di fronte alla Casa Bianca, come davanti ai centri di reclutamento dell’esercito. Una data importante anche perché quel giorno l’ex presidente Jimmy Carter riceverà il Premio Nobel per la Pace.
Il coordinamento sinora ha proceduto in sordina, contando più su Internet che sui mass media. Il sito Web United for Peace , nato per commemorare la tragedia dell’11 settembre, è stato trasformato in un network nazionale che raccoglie oltre 70 gruppi impegnati a evitare un conflitto nel Golfo. “Siamo diventati il punto d’incontro per le organizzazioni più disparate, unite dall’obiettivo di costruire una forte campagna contro la guerra - ha dichiarato Andrea Buffa, uno dei responsabili del sito - Hanno dato la propria adesione il Consiglio nazionale delle chiese come l’Internazionale socialista”.
Il Washington Post ha provato a fare qualche conto e subito balza agli occhi che la campagna può contare su un movimento di massa: l’organizzazione sindacale Afl-Cio ha 13 milioni di iscritti, il Consiglio nazionale delle chiese 50 milioni di aderenti, la Conferenza nazionale dei vescovi cattolici conta su una base di 65 milioni di fedeli. Sono contro la guerra i reduci del Vietnam e quelli della prima guerra del Golfo, organizzazioni di volontariato e del tempo libero.
“Tutte le madri dovrebbero essere automaticamente contro ogni forma di guerra - ha dichiarato Daphne Reed, fondatrice di Mothers Against War, un’associazione nata in Massachusetts – la violenza è l’esatto contrario dell’atto naturale di procreare”. La signora Reed, un’insegnante di recitazione in pensione, quando ha sentito parlare di questo nuovo conflitto ha subito pensato al nipote di 25 anni, che ha servito due anni nella Guardia costiera, ed è rimasta inorridita di fronte alla possibilità che possa essere richiamato per combattere in Iraq.
Ben Cohen, fondatore della società che produce i gelati Ben&Gerry, una marca che si è identificata da sempre con l’impegno sociale e la difesa dell’ambiente, ha fatto sapere che parteciperà ad azioni di disobbedienza civile a New York e che è disposto a farsi arrestare: “Non ho mai fatto nulla di così estremo prima d’ora, ma credo che sia il minimo per gridare il mio sdegno di fronte a questo piano di guerra preventiva. Se un altro paese decidesse di bombardare gli Stati Uniti solo perché un giorno potremmo essere noi ad attaccare, questo sarebbe considerato un crimine di guerra”.
La minoranza afro-americana si sta organizzando per scendere in piazza tra il 18 e il 19 gennaio, nella ricorrenza dedicata a Martin Luther King: “Prima di essere assassinato nel 1968, Martin Luther King parlò apertamente contro il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam – ha dichiarato Damu Smith, responsabile di Black Voices for Peace - Fu molto chiaro nel dire che tutti i soldi spesi per le bombe sarebbero stati sottratti alla lotta contro la povertà”.
da www.unita.it
 
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