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15 Settembre, 2002
«Giustizia e pace si abbracceranno»
Il 13 aprile al Centro Pastorale testimonianza di Stephanie Westbrook presidente di U.S. Citizens for Peace and Justice

13 aprile 2007, ore 21
presso Centro Pastorale di Cremona,
via S. Antonio del fuoco, 9a
Giustizia e pace si abbracceranno
Il movimento americano per la pace in Iraq, Afghanistan
e … ovunque vi sia guerra.
Testimonianza di STEPHANIE WESTBROOK

STEPHANIE WESTBROOK è presidente di “U.S. Citizens for Peace and Justice” (Statunitensi per la pace e la giustizia), un movimento che in America e nel mondo si oppone alla guerra e sostiene il ruolo della politica e della diplomazia internazionale nella prevenzione e soluzione dei conflitti.
Difende i diritti umani, diffonde la cultura della pace e pratica la nonviolenza.
Chiede il disarmo nucleare, anche unilaterale, l’eliminazione delle armi chimiche e di distruzione di massa.
Promuove il ruolo attivo dei cittadini nella difesa della democrazia e della giustizia sociale.
organizzano: Acli, Emergency , Pax Christi, Rete Lilliput, Centro Pastorale Diocesano

Testimonianze del movimento statunitense per la pace
di Stephanie Westrook

“Il risultato delle ultime elezioni per il rinnovo del Congresso degli Stati Uniti è anche il frutto dell’impegno delle numerose realtà che costituiscono il movimento per la pace statunitense. Un movimento che in qualche modo è rinato dopo l’11 settembre e che ha anche importanti radici in altri momenti della storia americana.

È difficile, per chi non viveva negli Stati Uniti, capire la paura paralizzante che ha colpito la maggior parte degli statunitensi dopo l’11 settembre con l’effetto di inibire qualunque pensiero critico nei confronti delle decisioni dell’amministrazione Bush. Ma proprio le persone più profondamente segnate dalla tragedia dell’attacco terroristico, cioè le famiglie delle vittime, hanno cominciato a manifestare pubblicamente la loro idea che alla violenza non si dovesse rispondere con altra violenza. All’inizio si trattava di poche persone, ma con una forte credibilità, alle quali si sono aggiunti i pacifisti storici.

Tuttavia è stata la minaccia della guerra all’Iraq che ha mobilitato un maggiore numero di persone e ha innescato la creazione di tanti nuovi gruppi nazionali e locali. Oggi la più grande rete pacifista, “United for Peace & Justice”, conta oltre 1300 gruppi in tutti i cinquanta stati, impegnati contro le guerre in Afganistan e in Iraq e l’occupazione della Palestina. Inoltre trattano vari argomenti legati alle problematiche della guerra, tra cui il reclutamento, la spesa militare, la corsa agli armamenti come anche i temi della giustizia sociale e dei diritti umani.

Il movimento nel suo insieme raccoglie varie realtà quali le donne di “Code Pink: Women for Peace”, gruppi religiosi come “Faithful America” e “Tikkun Community” e il movimento studentesco del “Campus Anti-War Network”. E ancora una volta, le persone più coinvolte direttamente sono state quelle che hanno portato una voce credibile che nessuno poteva ignorare, cioè le famiglie dei militari, i reduci delle guerre in Afghanistan e in Iraq e i militari stessi. Più recentemente e per la prima volta si sono aggiunti al movimento i militari in servizio, dei quali oltre 1700 hanno firmato l’”Appeal for Redress”, vale a dire un appello al Congresso per il ritiro dall’Iraq.

Intorno al movimento sono nati inoltre diversi Think Tank che danno un appoggio fornendo gli elementi necessari per diffondere informazioni e incidere sull’opinione pubblica. Esperti come il Colonello Ann Wright, l’ex agente della CIA Ray McGovern, lo storico Howard Zinn, il regista Robert Greenwald e la giornalista Amy Goodman partecipano attivamente alle varie iniziative del movimento.

I metodi utilizzati spaziano dalle manifestazioni di massa, alla presenza nelle scuole per contrastare il reclutamento, all’aiuto ai soldati che rifiutano di combattere, a incontri e dibattiti, ad azioni di lobbying presso il Congresso. Su quest’ultimo si concentra attualmente l’impegno del movimento per esigere dal nuovo Congresso a maggioranza democratica azioni concrete per fermare la guerra attraverso il controllo dei finanziamenti.

Cresce il numero di persone consapevoli dell’esigenza di contrastare la militarizzazione della cultura, dell’economia e della società statunitense e cresce la loro partecipazione attiva nel movimento e nella vita democratica del paese. Cresce anche il numero di persone disposte a sacrificarsi e a rischiare di più per un cambiamento profondo dell’attuale politica americana”.

in allegato l'invito che promuove l'iniziativa

 


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