15 Settembre, 2002
La «questione Tibet»
10 marzo 2007, 48° anniversario dell'insurrezione di Lhasa.Dalai Lama: una forma di reale autonomia che consenta la sopravvivenza del patrimonio culturale tibetano
Cari amici,
In un momento in cui l'interesse per questione tibetana sembra languire,
confinato ad un ristretto pubblico di devoti e appassionati sostenitori,
l'Associazione Italia-Tibet desidera invitarvi ad un momento di riflessione sul
significato di questo 10 marzo 2007, 48° anniversario dell'insurrezione di
Lhasa, e cercare di raggiungere e parlare, grazie al vostro aiuto, al maggior
numero possibile di persone.
Per questo chiediamo la vostra collaborazione pregandovi di girare questa
mail agli amici e conoscenti del vostro indirizzario: idealmente saremo uniti -
e speriamo in tanti - non in una piazza d'Italia o d'Europa ma nella
condivisione di un ideale universale di libertà e giustizia.
Il 10 marzo 1959 i tibetani, esasperati dai soprusi e dalle vessazioni subite ad
opera dei cinesi, entrati in Tibet, un paese allora libero e indipendente, nel
1950, la popolazione di Lhasa insorse e il risentimento dei tibetani sfociò in
un'aperta rivolta nazionale. Un imponente assembramento di popolo si riunì
intorno al Norbulinka, il Palazzo d'Estate, dove si trovava il Dalai Lama. Di
fronte alle evidenti mire colonialiste della Cina che brutalmente tacitava
qualsiasi forma di resistenza, si accaniva sulla popolazione civile e, di fatto,
esautorava lo stesso Dalai Lama da ogni potere, la gente chiese apertamente al
governo di rifiutare ogni inutile compromesso con Pechino e, con grande
determinazione, gridò ai cinesi di lasciare il Tibet. La parola d'ordine era
"Libertà e Indipendenza".
Sono passati quarantotto anni e la situazione in Tibet non è cambiata. A fronte
delle moderate richieste del Dalai Lama che dall'esilio chiede che al suo paese
sia riconosciuta almeno una forma di reale autonomia in grado di consentire la
sopravvivenza del patrimonio culturale tibetano, Pechino risponde con arroganza
e infierisce sulla popolazione con disumani metodi repressivi sia fisici sia
psicologici. Frustrati dalla mancanza di risultati concreti, un numero sempre
maggiore di tibetani è deciso a mettere in gioco la propria vita perché il Tibet
si possa salvare: come nel 1959, "Libertà e Indipendenza" sembra essere il grido
che si leva dalle fila del popolo del Tibet.
Agli eroi sconosciuti d'allora (tra il marzo e l'ottobre del 1959 morirono oltre
87.000 tibetani) si aggiungono i nomi di quelli dei nostri giorni: uomini e
donne coraggiosi che hanno affrontato il carcere, le torture e la morte per aver
pacificamente chiesto la libertà del loro paese. Tra i tanti, ricordiamo
l'artista Ngawang Choephel, la monaca Ngawang Sangdrol e le sue compagne di
cella nella prigione di Drapchi, il venerabile lama Palden Gyatso, Tenzin Delek
Rinpoche, Chadrel Rinpoche, fino ai due giovanissimi tibetani trucidati
barbaramente dalla polizia di frontiera cinese il 30 settembre 2006, al Passo
Nangpa, mentre cercavano la via dell'esilio. Ma l'elenco sarebbe lunghissimo.
Assieme a loro, non possiamo dimenticare Gedhun Choekyi Nyima, l'XI Panchen
Lama, rapito dai cinesi nel 1995, all'età di soli sei anni. Da allora non si
sono più avute sue notizie. Per tutti ci siamo battuti, abbiamo lanciato e
sottoscritto appelli, raccolto firme.
Purtroppo, né il sacrificio di tanti tibetani, né l'infaticabile ricerca di
dialogo del Dalai Lama hanno finora scalfito la protervia di Pechino e ci
domandiamo con angoscia quanti 10 marzo dovremo ancora ricordare prima che la
Terra delle Nevi possa nuovamente godere di pace e giustizia. Di fronte allo
strapotere geopolitico, economico e militare della Cina la lotta sembra
assolutamente impari e il Tibet è isolato, al di là Dell'Himalaya, fuori dai
giochi di interesse dei potenti della terra.
Proprio per questo, chiediamo a chiunque abbia a cuore la libertà, la dignità e
la cultura di un popolo di appoggiare la lotta non violenta del movimento
tibetano in nome di quei valori e di quegli ideali sui quali vorremmo fondare il
nostro domani e quello delle generazioni a venire.
A tutti il nostro "Tashi Delek"
Associazione Italia-Tibet
Via Pinturicchio 25 ~ 20133 Milano - Tel./fax 02 70638382 info@italiatibet.org
 
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