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15 Settembre, 2002
Intervista a Luisa Morgantini
Parlamentare Europea e Donne in Nero rilasciata al giornale NOI DONNE, febbraio 2003

Intervista a Luisa Morgantini
Parlamentare Europea e Donne in Nero
rilasciata al giornale NOI DONNE,
febbraio 2003

Come ha accolto la riconferma di Sharon a capo degli israeliani? (In considerazione anche dei possibili conflitti che si stanno delineando in tutta l'area orientale) .
Una tragedia per il popolo palestinese e per il popolo israeliano. Sharon va al passo con la follia militarista di Bush e conduce una danza macabra insieme ai fondamentalisti di Hamas e della Jihad. Si alimentano a vicenda, con una differenza sostanziale: Sharon occupa militarmente la Palestina, possiede armi sofisticate con uno degli eserciti più attrezzati del mondo e punisce collettivamente ogni palestinese, Hamas e Jihad fabbricano rudimentali strumenti di morte ed usano i corpi e le menti di giovani disperati, che non hanno mai avuto un momento di libertà, cresciuti sotto l'occupazione militare israeliana. Sharon è padre dei coloni, fanatici che considerano la terra di quell'aerea data per diritto divino agli ebrei. Rabin, un laico aveva capito che per avere pace e sicurezza era necessario riconoscere uno stato palestinese e ritirarsi dai territori occupati. E' stato ucciso da un fanatico ebreo israeliano. Con il suo assassinio e l'infelice scelta di Peres di un governo di unità nazionale è cominciato a morire il processo di Oslo. Sharon come purtroppo molti leader politici alimentano le paure e distruggono le speranze di una possibile pace. Il suo piano è chiaro, è stato contrario fin dal principio all'accordo di Oslo ed è disposto a resitituire ai palestinesi solo il 42% dei territori occupati nel 67 e questo risibile pezzo di terra viene diviso in tre parti riducendo i palestinesi a vivere in bantustan visto che secondo il suo piano non vi saranno confini, il ponte Allenby che confina con la Giordania e il confine di Rafah che confina con l'Egitto resteranno saldamente in mano agli israeliani. In questi due anni la presenza di coloni nei territori occupati e la conseguente confisce delle terre insieme alla demolizione di case palestinesi, allo sradicamento di olivi, palme, aranceti, vigneti è crescviuta a dismisura. L'ascesa di Sharon iniziata con la "passeggiata" alla spianata delle moschea di Gerusalemme il 28 settembre 2000, ha visto la repressione più brutale della popolazione palestinese, sono stati uccisi più di 2300 palestinesi e più di 700 israeliani. I palestinesi sono prigionieri all'interno dei villaggi, gli ammalati muoiono ai posti di blocco militari, la disoccupazione ha raggiunto quote del 72%, centri di città storiche come Nablus, Hebron, sono state distrutti dai bombardamenti e dai buldozer.

Nei suoi frequenti sopralluoghi in Palestina e Israele, come ha percepito la posizione dei terroristi all'interno della società palestinese? Sono a suo parere sostenuti o isolati? E in questo, senza però arrivare ad inutili generalizzazioni, si può evidenziare un diverso atteggiamento delle donne e degli uomini a riguardo?
La popolazione palestinese è divisa a questo riguardo, sono pero' molti, direi la maggioranza; i palestinesi che rifiutano la lotta armata o l'attacco suicida alla popolazione civile israeliana, e nelle loro motivazione non c'è soltanto il rifiuto di uccidere civili ma anche la preoccupazione per il futuro delle loro generazioni e del loro paese. Nelle conversazioni quelli che rifiutano le azioni dei kamikaze dicono: "non dobbiamo diventare come i nostri persecutori, non possiamo perdere la nostra umanità". Devo dire che ogni volta che vado in Palestina sono meravigliata dalla resistenza alla sofferenza, alle umiliazioni. Mi chiedo come non impazziscano tutti. La violenza è cresciuta molto nella società palestinese ma ancora molto poco visto le angherie e i soprusi che sono costretti a sopportare da parte delle forze di occupazione israeliane. Anche le donne sono divise, ho sentito donne di fronte alla demolizione della loro case, al figlio ucciso, al marito incarcerato, urlare alla vendetta, ma ho udito tante donne che si chiedono perchè, perchè non c'è giustizia. Le donne in questa seconda Intifadah sono rimaste escluse, anche perchè la rivolta ha avuto momenti di scontro armati, e ogni volta che esiste una situazione di questo tipo la popolazione civile rimane esclusa e in primo luogo le donne.

Quali sono le condizioni dei gruppi di donne, sia palestinesi che israeliane, e con quali ha potuto portare avanti una più proficua collaborazione?
In questa seconda Intifadah la collaborazione tra donne palestinesi ed israeliane è resa più complicata dalla chiusura dei territori palestinesi. Le donne che vivono a Ramallah non possono andare a Gerusaleme, né a Gaza, né a Hebron e tantomeno a Tel Aviv e viceversa. Tutto cio' rende difficile azioni comuni per la pace che avvenivano invece nella prima Intifadah. Vi sono gruppi di donne israeliane , per esempio le Donne in Nero, la coalizione delle Donne per la Pace, New profile che sono molto attive e insime alle donne palestinesi del Jerusalem Center for women sostengono che l'occupazione militare uccide tutti e tutti che bisogna porre termine all'occupazione militare per avere la pace. Sono donne che riconoscono il diritto di ciascuna a vivere con dignità nel riconoscimento del diritto reciproco ad uno stato. Le donne israeliane sono ovviamente osteggiate all'interno delle propria comunità e sopratutto in questri umltimi tempi vengono considerate delle "traditrici". Ma loro continuano a manifestare contro il governo di Sharon, contro l'occupazione militare. Sono donne fantastiche con le quali dal 1988 operiamo insieme per una soluzione che veda due popoli e due stati coesistere in pace. E' dalle donne israeliane che nasce la pratica delle Donne in Nero oggi divenute una rete internazionale contro le guerre e la violenza. In questo periodo donne palestinesi e israeliane stanno conducendo una campagna di pressione verso i governi europei, per fare conoscere le posizioni comuni che hanno raggiunto sulla pace e per chiedere un intervento attivo della Comunità Europea ed Internazionale che ponga fine all'occupazione militare israeliana e alla violenza che colpisce la popolazione civile sia essa palestinese che israeliana.

E' a conoscenza di iniziative unitarie da parte di gruppi israeliani e palestinesi per la promozione della pace, al di là dei proclami governativi ufficiali? Quali secondo lei sono le più degne di nota?
Ho già detto delle donne e di alcune delle loro attività. All'interno della società israeliana vi sono pero' altre voci che dissentono dalla politica di Sharon ma anche di quella che è stata la politica di Barak o di Peres, sono i gruppi pacifisti di Gush Shalom, che chiedono all'Unione Eurpea di sospendere l'accordo di associazione con Israele per violazione dell'articolo 2 sul rispetto dei diritti umani. L' associazione per la difesa dei diritti umani come Betselem o i Medici contro la tortura. Vi è poi un gruppo di giovani ebrei e palestinesi israeliani che si chiama Tay'ush (insieme) i quali oltre a manifestare vanno nei villaggi dove sono rinchiusi i palesitinesi e cercano di fare arrivare aiuti e viveri. Ma il fenomeno molto importante è quello dei giovani soldati e ufficiali che si sono rifiutati di andare a combattere nei territori occupati. Molti sono stati incarcerati a più riprese, ma il movimento ha superato i 500 soldati. Vi sono gruppi palestinesi, israeliani e internazionali che hanno formato l'ISM, il movimento per la protezione della popolazione civile palestinese, in centinaia di italiani ci siamo recati in Palestina e Israele per mostrare e fare cio' che le Nazioni Unite dovrebbero fare e non fanno, proteggere la popolazione palestinese dagli attacchi dei soldati e dei coloni. Vi sono poi gruppi più istituzionali, per esempio la coalizione per la pace fondata da Yasser Abed Rabbo ministro dela Cultura Palestinese e Yossi Beilin, ex ministro israeliano nel governo di Barak. E' l'altra Israele quelle che non ha ucciso la speranza e sopratutto riconosce agli altri gli stessi diritti. Ma sono tantissime le iniziative, purtroppo nessuno da voce a queste che sono le forze dalle quali puo' venire una pace giusta.

Pubblicammo tempo fa una sua denuncia riguardo le condizioni dei bambini palestinesi in carcere, cosa può dirci ancora oggi al riguardo?
Continuano ad esserci molti minori incarcerati e torturati per avere informazioni su terroristi o presunti tali. Arrestati e tenuti per giorni e giorni senza processo, picchiati e affamati. Durante l'operazione chiamata "Defensive Shield" a Ramallah ho assistito io stessa ai rastrellamenti di giovani, denudati, bendati, legate le mani con lacci di plestica,colpevoli di essere giovani e potenziali ribelli. Sono trasferiti,a dispetto delle Convenzione di Ginevra che ne fa divieto, nelle carceri israeliene. Non ricevono da mesi e mesi visite di famigliari. Ahmed un ragazzo di sedici anni di Ramallah è staot rilasciato dopo 8 giorni ad aveva tutti polsi tagliati e gonfi per lacci.

Ma c'è una soluzione e la comunità internazionale di cosa è responsabile?
La soluzione sembrerebbe facile, l'esercito israeliano si ritiri dai territori palestinesi occupati nel 67, in fondo si tratterebbe solo di far rispettare ad Israele la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite, ma la comunità internazionale usa due pesi e due misure. Il ripristino della legalità internazionale, la fine dell'occupazione militare israeliana e almeno un po' di giustizia per i palestinesi fermerebbe le azioni suicide ed omicide e darebbe forza a tutti coloro che credono nella possibilità della pace. Anche l' Europa è responsabile della tragedia che si consuma ogni giorno in Palestina e Israele, anzi l' Europa è doppiamente responsabile visto che dice che il rispetto dei diritti umani è al di sopra di ogni cosa ed è il valore fondante dell'Unione. Palestinesi e israeliani per la pace chiedono una presenza di forze internazionali per la protezione della popolazione civile. Se non ci sarà un intervento della comunità internazionale dolore e morte, insieme alla politica coloniale del governo israeliano, continueranno a scandire il tempo in Palestina e Israele.

 


       



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