15 Settembre, 2002
Dall'euro alla politica - Diamo all'Europa una voce sola
Carlo Azeglio Ciampi da Il Messaggero del 28 febbraio 2008
Per fortuna, c'è l'euro. Altrimenti l'Italia avrebbe corso il serio
rischio di rimanere il Paese inflazionistico a due cifre che abbiamo
amaramente conosciuto. Per fortuna, va ricordato, soprattutto ora
che riemergono odiose spinte al rialzo della cosiddetta spesa
quotidiana che tanto pesa sui bilanci delle nostre famiglie. Perchè
è solo grazie all'euro che l'inflazione nel senso di una volta non
c'è più, proprio perchè siamo entrati nel novero dei Paesi stabili.
Ci siamo impegnati molto perchè l'Italia fosse in prima fila, e dal
primo momento, nell'euro. E sono contento di constatare che molti
osservatori internazionali oggi sottolineano che la sua identità non
è solo mitteleuropea quanto piuttosto euro-mediterranea proprio
grazie allo sforzo che fummo in grado di compiere all'epoca.
Ricordo i colloqui con Helmut Kohl, l'espressione del volto, le
parole sulle quali ci trovammo subito d'accordo: l'euro è un punto
di non ritorno sulla strada della riunificazione europea. E mi viene
in mente quello che alcuni grandi spiriti avevano previsto con
luingimiranza addirittura mezzo secolo fa. Fin dal 1944 Luigi
Einaudi riteneva necessaria non solo la costruzione in Europa di un
unico spazio dogananale ma anche la nascita di una moneta unica
battuta da una sola Zecca o Banca centrale «con impronte diverse per
ogni stato ma con determinazione, peso e titoli uniformi». Dando
vita all'euro, attuando con mezzo secolo di ritardo l'intuizione
profetica di Einaudi, abbiamo eliminato le crisi monetarie che
periodicamente ci ferivano e ci umiliavano, le svalutazioni forzate
della lira che davano nuova spinta all'inflazione e colpivano i
bilanci delle nostre famiglie facendo schizzare i prezzi in modo
davvero esorbitante. Gli italiani oggi hanno un problema reale di
potere d'acquisto, al quale va dato una risposta forte, produttiva e
puntuale, ma non possono non ricordare bene quale fosse la
situazione negli anni dell'inflazione galoppanete italiana prima
dell'avvento dell'euro.
Eppure, oggi si avverte l'esigenza di qualcosa di più, un'istanza
quasi inderogabile, il bisogno di dare sostanza politica alla moneta
per riaffermare a tutto campo, dallo Stato all'economia fino ai temi
etici, l'identità europea e accrescerne la forza competitiva sullo
scacchiere mondiale.
La nostra epoca vede un pericoloso riaccendersi di forme di
radicalismo religioso: in nome della fede si scatenano violenze
alimentate da odio feroce, negatore di ogni sentimento
autenticamente religioso. In questo contesto, il problema religioso
può ripresentarsi in Europa, seppure in termini diversi, in
connessione con il fenomeno migratorio, per le dimensioni che esso è
venuto assumendo. Perché questi processi demografici possano
sprigionare appieno l'intrinseca spinta propulsiva, apportatrice di
progresso, è indispensabile agire, contemporaneamente e
unitariamente, su tre fronti: il rispetto dei valori contenuti nella
Carta europea dei diritti fondamentali; l'accettazione delle
diversità che devono vivere e alimentarsi nel confronto e nel
rispetto reciproco; l'attuazione di politiche d'accoglienza
tempestive e lungimiranti.
Il tema della libertà religiosa resta centrale per tracciare il
discrimine tra un sistema democratico e un regime illiberale; lo
considero tuttora materia viva per le nostre coscienze di uomini del
XXI secolo, poiché "la pace tra le religioni è considerata
propedeutica alla pace nel mondo".
Voglio ricordare i Padri fondatori: Adenauer, De Gasperi, Monnet,
Spaak, Schuman. Erano tutti consapevoli che l'Europa aveva rischiato
di inabissarsi nel baratro della sua follia - si sono proposti di
allontanare per esempio lo spettro di conflitti intra-europei.
Sapevano che l'ideale europeo era radicato in molte coscienze; aveva
preso forma nel progetto di unione federale formulato da Aristide
Briand nel 1929; aveva infiammato l'animo di un giovane
aristocratico di origine austro-ungarica, il conte Kalergi, che
all'inizio degli anni venti si spendeva con generosità per la
diffusione del suo disegno pan-europeo.
Questo era il senso di un'unione sempre più stretta di popoli e di
Stati, perseguita dai Fondatori attraverso un modello federale. Loro
grande merito fu di aver tracciato le linee dell'Europa unita e
individuato il modo di superare la dicotomia fra sovranazionalità e
cooperazione intergovernativa: il metodo della sovranità condivisa.
Questo metodo, cardine di tutti i successivi passaggi
dell'integrazione, ha consentito la creazione di istituzioni
efficaci a tutela di fondamentali interessi comuni, l'elezione a
suffragio universale del Parlamento Europeo e il graduale
ampliamento delle sue attribuzioni, la progressiva realizzazione del
mercato unico, la creazione di un comune spazio di libertà,
sicurezza, giustizia; la moneta unica.
Voglio soffermarmi sulla moneta unica, perché ha rappresentato il
momento culminante di un grande processo unitario e svolge oggi un
essenziale ruolo catalizzatore. Il cammino verso l'unificazione
monetaria ha coinciso con molte tappe del mio impegno professionale.
Governatore della Banca d'Italia dal 1979, anno di nascita del
Sistema Monetario Europeo, ho vissuto le alterne vicende delle
monete nazionali, periodicamente investite da tempeste valutarie.
Nel Comitato Delors, istituito nel 1988 dal Consiglio Europeo di
Hannover, nonostante le difficoltà tecniche e le forti resistenze
nazionali, riuscimmo a presentare unanimemente un ambizioso progetto
di unione monetaria: le sue risultanze sono state largamente riprese
nel Trattato di Maastricht che ha portato alla nascita dell'euro.
Eravamo consapevoli di giocare una partita fondamentale per il
nostro continente; che la moneta unica era un punto di non ritorno,
non solo economico, verso il grande traguardo. Abbiamo colto nel
segno. Nei suoi primi cinque anni di vita l'euro è divenuto la
moneta dell'Europa unita; saggiamente gestito dalla BCE, si sta
progressivamente affermando sui mercati mondiali sia come moneta di
riserva sia come mezzo di scambio. Garantisce la stabilità
all'interno dell'Eurozona e la protegge dalle incertezze
dell'economia globalizzata; è divenuto elemento di equilibrio
nell'economia mondiale.
Proprio questo successo della politica monetaria comune, sul fronte
della stabilità, sottolinea la necessità di un maggiore
coordinamento delle politiche economiche ai fini della crescita,
attualmente svolto in modo informale dall'Eurogruppo. Stabilità
senza sviluppo, così come sviluppo senza stabilità sono finalità che
nel lungo termine si contraddicono.
La moneta unica ha vinto la sua sfida. Al di là della funzione
monetaria essa esprime, oggi più che mai, la volontà di coesione di
una comunità legata da fondamentali valori di civiltà; costituisce
un rilevante punto di forza nella continuità, nella coerenza e
nell'avanzamento della realizzazione dell'ideale unitario.
Dopo tanti successi - in particolare, l'ingresso nell'Unione dei
Paesi dell'Europa dell'Est, ritornati alla democrazia dopo gli
eventi del 1989 - il progetto di integrazione ha dovuto affrontare
una inattesa battuta d'arresto, per la mancanza ratificata del
Trattato di Roma. Oggi il Trattato di Lisbona - concordato grazie
alla visione ed alla tenacia negoziale del Cancelliere Merkel -
offre all'Europa l'occasione di riprendere il cammino; non possiamo
mancarla.
Prima, ineludibile condizione è che il Trattato venga ratificato da
tutti. Una decisione congiunta da parte di alcuni Paesi membri di
chiedere la ratifica ai rispettivi Parlamenti a una stessa data
sarebbe di grande significato: segno della comune volontà di
stabilire principi, regole, indirizzi di fondo che legano circa 500
milioni di cittadini.
I dibattiti nelle varie sedi istituzionali, in primo luogo nei
Parlamenti nazionali e in quello europeo, devono essere l'occasione
per radicare il convincimento che l'Europa si identifica con un
sistema originale dei valori, maturato nel volgere dei secoli
attraverso l'intreccio della pluralità di culture dei suoi popoli e
imperniato sulla centralità della persona, sulle libertà
individuali, sul rispetto reciproco, sul principio di solidarietà
dei confronti dei più deboli, sulla primazia del diritto.
La condivisione di questi valori è la ragione fondante dell'Unione
Europea, Forte di questo sistema di valori e di cultura, oggi
l'Europa si confronta con una realtà internazionale dominata da
sfide planetarie e da tumultuose trasformazioni: il nostro
continente può giocare un ruolo fondamentale nello scenario
mondiale. Di fatto, ha già iniziato a svolgerlo. Lo testimoniano gli
sforzi dispiegati nella protezione del clima; i progressi compiuti
nella messa a punto del progetto Galileo; i successi conseguiti
nella difesa della competitività e nel completamento del mercato
interno.
Nessuno Stato europeo, da solo, sarebbe stato in grado di
raggiungere siffatti risultati; essi sono però lungi dall'essere
soddisfacenti. La rapidità e la complessività dei mutamenti
internazionali ci impongono di accelerare il cammino. Chi ha avuto
responsabilità istituzionali e di governo da anni avverte l'esigenza
che l'Europa parli con una voce sola. Che cosa aspettiamo, mi
domando, a operare di conseguenza?
 
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