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 Il Punto

15 Settembre, 2002
Cresce la filiera del latte ogm-free
Coldiretti Cremona: agricoltori e consumatori uniti a tutela del Made in Italy

Cresce la filiera del latte ogm-free
Coldiretti Cremona: agricoltori e consumatori uniti a tutela del Made in Italy
“La filiera ogm-free del latte sta, passo dopo passo, diventando una realtà: un numero sempre maggiore di aziende italiane stanno operando all’interno di filiere – in particolare legate al latte fresco e al latte a lunga conservazione ma anche al formaggio grana – che garantiscono al cento per cento l’assenza di elementi ogm. Questo permette agli allevatori di ottenere una remunerazione più alta: circa 1,5 o 2 centesimi in più al litro”. A parlare è Pietro Scolari, Responsabile provinciale dell’Ufficio Economico di Coldiretti Cremona, che evidenzia un altro argomento a sostegno della scelta economica di produrre alimenti ogm-free.
“La filiera del latte ogm-free prevede che ogni passaggio, dal campo all’allevamento alla tavola, sia garantito libero da biotech. Tutte le materie prime utilizzate per l’alimentazione delle bovine sono dunque sicure: ciò significa che il mais sarà senza dubbio di produzione nazionale, dacché in Italia non vi è la possibilità di produrre ogm in campo. Anche la soia, sempre utilizzata per l’allevamento degli animali, sarà sicuramente nazionale, così come frumento o orzo – prosegue Scolari –. Parliamo di filiere alle quali è garantito un grandissimo valore aggiunto: il legame, così stretto e totalmente certificato, con il nostro territorio”.
Fra le realtà lattiero-casearie che hanno intrapreso questa strada ci sono, ad esempio, Padania, Latte Milano, Trentingrana.
Produrre ogm-free prevede per l’allevatore oneri superiori? “E’ chiaro che è più impegnativo l’approvvigionamento di mais, soia, frumento, in generale di ogni materia prima totalmente italiana, in quanto siamo deficitari di cereali e di soia. D’altra parte, molte materie prime in arrivo dall’estero, prodotte chissà dove e soprattutto chissà in quali condizioni, non danno le stesse garanzie di salubrità e sanità che troviamo in quelle prodotte e stoccate nel nostro Paese – spiega Scolari –. Vi è inoltre una serie di precisi adempimenti, anche burocratici, cui l’azienda agricola si deve attenere: questo proprio perché, lungo tutti i passaggi della filiera, il prodotto deve essere certificato. D’altro canto, il fatto che le aziende siano disposte a seguire questo più impegnativo percorso, e il fatto che l’industria lattiero-casearia riconosca tale sforzo con una remunerazione superiore, ci portano a trarre una inequivocabile conclusione: tutto questo si fa perché il mercato chiede, con sempre maggiore forza, dei prodotti liberi da Ogm”.
“Secondo i dati della recente indagine Coldiretti-Swg, ben il 72 per cento dei cittadini italiani non vuole ogm nel piatto: ecco allora che produrre ogm-free appare per quello che è, cioè una chiara scelta economica che va a vantaggio di allevatori e consumatori – conclude Scolari –. Ci aspettiamo che la filiera ogm-free del latte, del grana, come di tanti altri prodotti, prenda sempre più piede: sarebbe un fatto fondamentale per tutta la nostra agricoltura, a partire dalla cerealicoltura. Come già chiarito, tale scelta si tradurrebbe nell’impegno ad utilizzare per l’alimentazione delle bovine esclusivamente cereali italiani. Pensiamo al ritorno, in termini di remunerazione del prodotto, che ne avrebbero le nostre aziende cerealicole, oggi letteralmente schiacciate dalla concorrenza sleale di cereali in arrivo dall’estero, prodotti certamente senza le nostre garanzie, ma appetibili dacché venduti a prezzi che per le aziende italiane non bastano nemmeno a coprire i costi di produzione”.
“Proprio mentre si rafforza la richiesta dei consumatori di avere prodotti sicuri, tipici, autenticamente made in Italy, liberi da Ogm, sembra assurdo che qualcuno torni ad invocare l’introduzione degli ogm in agricoltura – sottolinea Assuero Zampini, Direttore di Coldiretti Cremona –. Va ribadito che l’autorizzazione al mais transgenico in Italia, di cui tanto si parla in questi giorni, andrebbe a scontrarsi con il diritto degli imprenditori agricoli a mantenere le proprie coltivazioni ogm-free. E non si può ignorare il fatto che la grandissima maggioranza degli italiani non si fida dei prodotti biotech e non li vuole nel piatto”.
“Torno ad evidenziare che il nostro no agli ogm in agricoltura nasce, in primo luogo, da ragioni economiche – argomenta Zampini –. Il made in Italy agro-alimentare ha la sua forza nella tipicità, nell’unicità, nello stretto legame con il territorio. Chi acquista un prodotto italiano, acquista con esso la storia, la cultura, il lavoro, i colori e i sentimenti dell’agricoltura italiana. Ciò che ci distingue dagli altri – in termini di qualità, gusto, salubrità, tradizione – è ciò che rende il nostro prodotto appetibile. Sul versante opposto si colloca il modello produttivo che punta sugli organismi geneticamente modificati, che portano con sé l’omologazione del prodotto, la standardizzazione delle produzioni, dunque la rinuncia alla tipicità e alla biodiversità”.
“Certo, se qualcuno è così desideroso di mangiare la polenta ogm, lo faccia pure, ma senza imporlo a tutti gli italiani. Perché la domanda che tutti dovrebbero porsi è la seguente: se gli ogm fossero introdotti in campo aperto, come eviteremmo poi la contaminazione delle colture vicine?” prosegue il Direttore di Coldiretti Cremona. “Il vero approccio ideologico alla questione è rappresentato da coloro che vogliono forzare la coltivazione anche quando nessuno la vuole o è considerata persino pericolosa. C’è da chiedersi chi ci guadagna da questa grande truffa ai danni degli agricoltori e dei consumatori, alla quale ci opporremo con una serie di iniziative tra le quali il referendum previsto dalla legislazione”.
“D’altra parte – è la conclusione – il fatto che la superficie coltivata a mais transgenico in Europa rappresenti meno dell’uno per cento di quella totale, nonostante siano passati dodici anni dal suo arrivo nei campi dell’Ue, conferma che questo tipo di coltura non ha gli effetti miracolosi che gli vengono attribuiti dai favorevoli al transgenico”.

 


       



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