15 Settembre, 2002
Imprese e accesso al credito. Preoccupa l’ “exit strategy” della UE ( di G.C.Storti)
In questa fase di crisi globale il ruolo della maggior parte degli stati si è orientato verso politiche kennesiane
Imprese e accesso al credito. Preoccupa l’
“exit strategy” della UE dagli aiuti di Stato
alle imprese.
In questa fase di crisi globale il ruolo
della maggior parte degli stati si è orientato
verso politiche kennesiane. Il liberismo,
studiato sui libri di scuola, non appare,
non è la ricetta giusta per uscire dalla
crisi.
L’uscita dalla crisi sarà lunga e due sono
le ricette che le nuove politiche kennesiane
cercano di attuare. Da un lato misure di
sostegno ai consumi e dall’altro la messa
a punto di modalità che facilitino l’accesso
al credito alle imprese, in modo particolare
le pmi ( piccole medie imprese).
Fondamentale è l’area territoriale su cui
il regime di facilitazione e giustamente
le associazioni di rappresentanza delle pmi
hanno puntato sulla dimensione europea.
In Europa il regime di facilitazione dell'accesso
al credito per le imprese all'inizio della
crisi e' scattato nel dicembre 2008. Gli
stati hanno potuto concedere senza notifica
a Bruxelles prestiti facilitati, garanzie
a premio ridotto, capitale di rischio per
pmi e aiuti diretti fino a 500mila euro per
impresa per i successivi due anni. Le misure
erano rivolte anche alle imprese nel settore
'verde'. L'aiuto per il capitale di rischio
fino a 2,5 milioni di euro era previsto per
le piccole e medie imprese all'anno, invece
del normale limite a 1,5 milioni, nei casi
in cui almeno il 30% (invece del 50%) del
costo dell'investimento provenisse da investitori
privati.
La 'facility' scade alla fine di quest'anno.
Il problema è il futuro in quanto è necessario
capire le valutazioni del mercato e dei governi
sull'evoluzione del credito all'economia
reale.
La difficoltà sta nel valutare in tempo quali
saranno le condizioni future del credito
in Europa.
In tale contesto in un apposito questionario
l'Antitrust chiede una valutazione dell'attuale
fase nel tentativo di individuare chiaramente
le strozzature nei vari settori, le difficoltà'
delle piccole e medie imprese e non solo
delle grandi, i problemi di finanziamento
a breve e a lungo termine delle imprese,
i costi del capitale ecc.
Il problema che le pmi pongono ai governi
nazionali è quello di estendere le possibilità
di accesso al credito.
Il governo Berlusconi, in tale contesto,
può essere assunto come esempio negativo
in quanto, da più parti, si ritiene che le
politiche del governo siano di galleggiamento
e non di intervento strutturale sulla crisi.
Le critiche delle associazioni datoriali
e quelle dei lavoratori sono convergenti
ovviamente con diverse sfumature.
Da un lato le associazioni del lavoratori
rivendicano forti politiche di sostegno ai
consumi che non possono non passare dal sostegno
al credito alle pmi che oggi sono in difficoltà
a produrre.
Le associazioni datoriali insistono sulle
stesso versante: è necessario allargare l’accesso
al credito per garantire produzione, lavoro
e quindi e sostegno ai consumi.
Insomma sono forti le preoccupazioni sia
da parte delle imprese che delle associazioni
dei lavoratori che vedrebbe l’Europa ed i
governi nazionali impegnati in una anticipata
“exit strategy”
dagli aiuti di Stato alle imprese .
La politica di “exit strategy” della UE è
supportata dalla valutazione che la ripresa
comincia a dare ossigeno e che le imprese
tornano a respirare.
L’onda lunga della crisi ha determinato però
ovunque una maggiore difficoltà di accesso
al credito da parte delle imprese, in particolare
le più piccole, ma specialmente nell’ultimo
anno, il costo dei finanziamenti alle PMI
si è decisamente ridotto e sembrano emergere
nuovi segnali incoraggianti. Recentemente,
infatti, la Banca d’Italia ha constatato
come nel 2009 l’accesso al credito alle imprese
sia diventato meno problematico rispetto
al 2008, e si sia, inoltre, più che dimezzato
il costo dei finanziamenti, con i tassi d’interesse
scesi dal 4,5% di fine 2008 al 2,2% dello
stesso periodo del 2009 .
Si tratta di una importante boccata d’ossigeno
per le imprese che, in questo modo, possono
programmare con maggiore serenità la loro
attività, e riprendere il loro ruolo decisivo
per la ripresa dell’economia che nei mesi
scorsi appariva ancora molto lontana.
In conclusione si scontrato però due opzioni.
La prima è appunto quella che poiché si comincia
ad intravedere la ripresa, anche se timida,
è necessaria una strategia di uscita dagli
aiuti dello Stato alle pmi. La seconda è
che in questa fase di debole ripresa sarebbe
un errore sospendere gli aiuti che permettono
alle pmi l’accesso al credito. Operare in
questa direzione vorrebbe dire non stimolare
l’occupazione e quindi non aiutare una ripresa
dei consumi ecc.
Insomma il dibattito è aperto.
Gian Carlo Storti
storti@welfareitalia.it
 
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