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15 Settembre, 2002
Dagli all'untore!
Pare che sparare sul pedagogista stia diventando uno sport nazionale, quando si affrontano le difficoltà che il nostro Sistema di istruzione sta attraversando. Lo ha fatto anche La Sette ieri, ospitando Giorgio Israel

Pare che sparare sul pedagogista stia diventando uno sport nazionale, quando si affrontano le difficoltà che il nostro Sistema di istruzione sta attraversando. Anche ieri sera ad Otto e mezzo, programma serale de La Sette, Giorgio Israel, che ha recentemente pubblicato per le Edizioni Lindau Chi sono i nemici della scienza? Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza, non ha esitato ad affermare che tale disastro dipende, appunto, dal fatto che la pedagogia da troppi anni si è abbattuta come uno tsunami sulla nostra scuola, facendo fuori concetti e contenuti, lavagne e cancellini, predicando obiettivi e competenze nonché – udite, udite – anche la metodologia dell’autoapprendimento!

Chi sono, allora, i nemici della scuola e della scienza, quella vera? I pedagogisti, che da anni barattano come scienza le loro fumisterie, si sono impadroniti del Ministero PI, hanno imposto la cancellazione dei Programmi, nonché delle tabelline e dell’analisi grammaticale! Hanno turlupinato migliaia di insegnanti con gli specchietti di curricoli, metodologie, didattiche ed altre diavolerie, tutte finalizzate a distruggere la scuola, anche se i loro ispiratori, Illich. Goodman e Reimer non erano pedagogisti in senso stretto… ma questo non conta!

Non c’è molto da scherzare di fronte a posizioni di questo genere di cui certa stampa e certi autori si fanno paladini. Il rischio è che, se discorsi di questo tipo passano, il danno non ricade sulla pedagogia e sui pedagogisti che continueranno a esistere e a ricercare come fanno i loro colleghi su altri versanti del sapere, ma sullo stesso Sistema di istruzione. Infatti, se si spara sulla ricerca educativa, sulla pedagogia, sulla didattica, sulla docimologia, si corre il grosso rischio di non vedere quali sono le vere ragioni del “disastro educativo e culturale” in cui verserebbe la nostra scuola. Ed il pedagogista le sa e le dice, ma chi lo ascolta? Tanto i nuovi Don Ferrante hanno sempre un povero untorello con cui prendersela!

La cosa che più mi ha sorpreso nelle divagazioni di Israel è l’assoluta disinformazione sulle innovazioni – ammesso che per lui siano tali – che sono in atto nel nostro Sistema di istruzione. Il richiamo ai Programmi ministeriali, alla scuola di Gentile, alla “severità” di un tempo non permette di comprendere le trasformazioni profonde che si sono verificate negli ultimi decenni nella scuola come riflesso, per altro, di quelle modifiche che si sono verificate nell’assetto socioeconomico e culturale, nel costume, nei modi stessi di apprendere e conoscere. Non una parola sulle Indicazioni per il curricolo o sulla sfida del nuovo obbligo di istruzione! L’autonomia, poi, viene letta come un processo mirato soltanto a sgretolare le istituzioni scolastiche. Il fatto che a queste non si dettino più dall’alto programmi preconfezionati e necessari soltanto a selezionare – anche Don Milani era un pedagogista? – ma Indicazioni e traguardi perché, in forza della metodologia del curricolo, siano loro stesse, nella loro autonomia, appunto, a rendere più flessibili gli insegnamenti per rispondere ai reali bisogni formativi di ciascuno, nessuno escluso, non esiste affatto nella visione del detrattore di turno.

Il fatto che nelle classi si lavori per conoscenze che, quando non sono nozioni da memorizzare, prendono corpo e ragion d’essere in competenze, non viene minimamente né riconosciuto né recepito. Le competenze sarebbero una nuova diavoleria… e il pedagogista, secondo il detrattore di turno, intenderebbe pure misurarle! Non è cos! Il pedagogista dice, invece, che la competenza è tale non solo se risolve una situazione problematica, ma anche quando c’è l’apporto personale ed originale del soggetto. Il concetto di misurazione è altra cosa rispetto all’accertamento ed alla certificazione! In questa direzione va anche la Raccomandazione europea – chissà quale sarà stato il contributo dei pedagogisti! – che raccomanda, appunto, a tutti i Paesi dell’Unione di adoperarsi perché tutti i giovani europei escano dai diversi livelli di istruzione e formazione avendo, però, acquisito quelle competenze culturali e di cittadinanza che permettano loro di accedere vincenti ad una società ed ad un mercato del lavoro che si fanno sempre più difficili. E tra queste competenze – guarda un po’ – c’è anche quella dell’imparare ad imparare! Che uno impari ad apprendere, per il nostro detrattore sarebbe solo un diabolico trucco per sottrarre il nostro eterno “alunno” all’unico eterno maestro possibile, lo scienziato, ovviamente quello vero! Perché la scienza è solo di pochi eletti!

I problemi che oggi il Sistema di istruzione ha – e non solo nel nostro Paese – vanno ben oltre certe grossolane analisi che, oltre a far torto all’intelligenza di ricercatori come Ausubel, Bandura, Bateson, Bruner, Bauman, Changeux, Chomsky, De Bono, De Kerckhove, Edelman, Feyerabend, Luhmann, Lyotard, Morin, Rifkin, Rorty, Tourain, Fodor, Gardner, Goleman, Goldberg, Guilford, Restak, Rorty, Schon, Suchodolski… – in rigoroso ordine alfabetico, ma quanti sono, per non dire poi dei ricercatori di casa nostra – impediscono di vedere dove sono le reali difficoltà dell’educazione oggi in questa società così difficile, complicata, anzi complessa! Molti anni fa alcuni pedagogisti di casa nostra avvertirono che lo stesso termine di pedagogia è riduttivo rispetto ai problemi dell’educazione, dell’istruzione e della formazione – che sono tre ambiti di intervento diversi pur se interrelati – e proposero un termine più ampio, quello di scienze dell’educazione, all’insegna di quella necessità pluridisciplinare oggi quanto mai necessaria alla ricerca scientifica. E non è un caso che nessuno dei ricercatori sopra citati sia ascrivibile alla pedagogia in senso stretto. Quindi, i nostri detrattori, da Citati a Pirani ad Israel, parlano di un qualcosa che è più nelle loro teste che nella realtà della ricerca educativa.

Che poi tanti libri di testo siano fatti male è altro conto! Il fatto è che molti disciplinaristi orecchiano soltanto i suggerimenti che la ricerca avanza sui processi di apprendimento e sulla formazione delle conoscenze nell’età evolutiva e costruiscono apparati didattici e valutativi assolutamente risibili! E sono proprio quei disciplinaristi che ritengono che la pedagogia, a cui non credono e che non conoscono, sia un espediente buono soltanto a semplificare il difficile e… a far cassetta! In conclusione, sparare sul pedagogista è un gioco inutile, perché il pedagogista in senso stretto non esiste! Ed è pericoloso perché induce a distorcere l’attenzione dai problemi reali che riguardano i sistemi di istruzione di tutti i Paesi ad alto sviluppo, e soprattutto dai problemi dell’infanzia, della preadolescenza e dell’adolescenza oggi, problemi che non sono provocati affatto dalla pedagogia, ma da ragioni ben più complesse. Ed allora i nostri pistoleri studino e ricerchino veramente ed a fondo, e non se la prendano con ombre prodotte dalla loro presunzione di sapere tutto e discettare su tutto!

Roma, 8 giugno 2008

Maurizio Tiriticco

 


       



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