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 Attualità

15 Settembre, 2002
LA NEWSLETTER DI RASSEGNA
Le ultime notizie di Rassegna Online

LA NEWSLETTER DI RASSEGNA
Le ultime notizie di Rassegna Online

Brasile / Intervista a Lula
Il mio contratto sociale
di Andrea Lanzi
Luiz Inácio “Lula” Da Silva, candidato alle elezioni presidenziali in Brasile, ha sfiorato la vittoria al primo turno, con il 47 per cento dei voti. Ora lo attende il ballottaggio con il candidato di governo José Serra. Quella che segue è un’intervista che Andrea Lanzi, nostro collaboratore e direttore della rivista italo-brasiliana Forum Democratico, dell’Associazione Anita e Giuseppe Garibaldi, ha realizzato con il leader del Pt (Partido dos Trabalhadores) e tradotto per Rassegna.
Alle elezioni presidenziali del 1989 il presidente dell’Associazione imprenditori di San Paolo, Mario Amato, minacciò la fuga di 800 mila imprenditori nell’eventualità di una vittoria di Lula. Oggi un imprenditore, José Alencar, è il suo candidato a vice presidente. Chi è cambiato di più, Lula e il Pt oppure gli imprenditori?
Lula: Una parte non piccola degli 800 mila che secondo Amato avrebbero abbandonato il Brasile se avessi vinto le elezioni del 1989 sono falliti negli ultimi anni come risultato della politica economica del governo di Fernando Henrique Cardoso. Oggi l’imprenditoria brasiliana è cambiata. Dopo il processo di privatizzazione le vecchie imprese familiari non hanno più l’influenza che avevano nella politica nazionale. Le imprese multinazionali possono anche non avere simpatia per il Pt, ma i loro dirigenti hanno esperienze in paesi – come Spagna, Italia e Germania – dove i contrasti sono molto più forti che da noi. La classe imprenditoriale si è evoluta, ha conquistato una visione sociale, ha maggiore attenzione nei confronti del consumatore. Francamente è un onore avere un uomo come José Alencar come mio vice. Non è soltanto un grande imprenditore, è un grande uomo, che intende dare il suo contributo per costruire un Brasile più giusto.

Fiat Auto / 8100 lavoratori in esubero
Chiesto lo stato di crisi
a cura di Davide Orecchio
La Fiat ha confermato che nei prossimi giorni chiederà l'apertura dello stato di crisi per Fiat Auto e per alcuni stabilimenti di Comau e Magneti Marelli. E' quanto si legge nel piano anticrisi presentato ai sindacati oggi a Roma. In totale saranno 8100, i lavoratori colpiti dalla ristrutturazione, collocati in cassa integrazione straordinaria a zero anni o in mobilità. Si tratta del 21% della forza lavoro della Fiat Auto. Il piano prevede la cigs a zero ore per un anno, a partire dal mese di dicembre 2002, di circa 5.000 lavoratori di Fiat Auto e di 600 lavoratori della componentistica. Altri 2.000 saranno collocati in Cigs da luglio 2003 in relazione alla cessazione della produzione della Panda. Per altre societa' del gruppo si fara' ricorso alla mobilita' per i lavoratori che in tale periodo potranno accedere alla pensione. Il provvedimento interessera' 300 addetti alla componentistica e 200 delle societa' dei servizi e di capogruppo. Dei 500 totali 300 saranno presenti nell'area torinese. Come ha spiegato al termine dell'incontro il segretario nazionale della Cgil, Gianni Rinaldini, "Abbiamo chiesto ai rappresentanti dell' azienda se e' garantito il rientro dei lavoratori che sono in cigs a zero ore. Ma chiaramente il rientro non e' garantito".Tutti gli stabilimenti Fiat sono coinvolti nel piano con la sola eccezione di Melfi.

Finanziaria 2003 / L'analisi della Cgil

Tutti gli effetti settore per settore
di Beniamino Lapadula
Coordinatore Dipartimento Politiche economiche Cgil

La finanziaria del 2003 è l’emblema del fallimento di oltre cinquecento giorni di politica economica. Il governo ha sostenuto per mesi che il miracolo economico era alle porte: sarebbe bastata la promessa di una gigantesca riduzione della pressione fiscale, un faraonico piano di opere pubbliche e un colpo in testa al sindacato. Si trattava di un linea nel contempo irrealistica e pericolosa, e i fatti lo hanno dimostrato. Il governo, anche dopo l’11 settembre, ha nascosto al paese la verità. Ha continuato a formulare obiettivi fantasiosi di crescita, di inflazione, di disavanzo sul pil, minando così la credibilità di ogni previsione futura. Ma ha fatto di peggio: ha provocato una fortissima conflittualità sociale e ha messo in discussione la coerenza con i princìpi europei. Così, non solo non ha difeso le condizioni di relativa certezza indispensabili per le scelte degli operatori economici, ma ha assestato un colpo alla crescita economica e alla credibilità europea. A causa del suo dna populista, il centro destra ha lasciato andare i conti pubblici alla deriva, nella speranza che le difficoltà che attraversano Francia e Germania potessero dar luogo a un abbandono dei vincoli europei. La proposta Prodi-Solbes di spostare il pareggio i bilancio al 2006 è stata letta frettolosamente come il semaforo verde alla finanza morbida. Tremonti ha così impostato una manovra di finanza pubblica totalmente priva di credibilità.
Gli effetti sul settore pubblico: http://www.rassegna.it/2002/attualita/articoli/finanziaria/pubblico.htm
Effetti su ambiente, previdenza, mercato del lavoro, welfare: http://www.rassegna.it/2002/attualita/articoli/finanziaria/ambiente.htm
Mezzogiorno: http://www.rassegna.it/2002/attualita/articoli/finanziaria/sud.htm
Sanità: http://www.rassegna.it/2002/attualita/articoli/finanziaria/sanita.htm
Il testo integrale della Finanziaria: http://www.rassegna.it/2002/attualita/documenti/finanziaria-bozza.htm

Conflitto in Iraq

Il no del sindacato inglese
di Vittorio Longhi

Nel pomeriggio dell’11 settembre 2001 la notizia dell’attacco alle Torri gemelle sopraggiunse improvvisamente durante il congresso della centrale sindacale britannica, Trade union congress, e ne provocò l’interruzione. Quest’anno a inaugurare il congresso annuale delle unions e a condurre il filo delle discussioni è stato il tema della guerra in Iraq. La maggior parte dei leader sindacali, al pari di molti parlamentari laburisti, si sono espressi contro la politica filo-americana del premier, Tony Blair, il quale si dimostra sempre più determinato a procedere nell’operazione militare in Iraq. In realtà non si è trattato di un voto unanime. Mentre all’unanimità è stata votata una mozione a favore della creazione di uno Stato palestinese e per la cessazione immediata dell’occupazione nei territori, è stata la maggioranza dei delegati a deliberare per il no alla guerra a Saddam senza il sostegno del Consiglio di sicurezza dell’Onu, e a chiedere che vengano preliminarmente accertate la presenza e la preparazione di armi chimiche in Iraq. Una minoranza di delegati, guidati dal segretario generale del Rail Maritime and Transport union, Bob Crow, si è dichiarata invece contraria in ogni caso al conflitto. “Blair farebbe un gran favore all’umanità se convincesse il presidente americano a desistere dai suoi piani di attacco – ha detto Crow –, e dovrebbe anche chiarire che l’utilizzo di basi militari inglesi per l’aggressione all’Iraq sarebbe inaccettabile”. Nel suo discorso a Blackpool, accolto con scarso entusiasmo, Blair ha replicato: “Si tratta di una minoranza che propone una retorica auto-indulgente e che appartiene, francamente, ai libri di storia”.

Il sindacato europeo e la guerra / Parla Emilio Gabaglio
Il diritto internazionale dev'essere garantito
di Nicoletta Villani



“Essere contrari alla guerra non deve indurre a sospetti di compiacenza verso il regime di Saddam Hussein, che non merita credito alcuno, né scuse per i comportamenti verso il suo stesso popolo e per la pericolosità che rappresenta per l’intera regione e per tutto il mondo”. Ci tiene a questa puntualizzazione il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, Emilio Gabaglio, per il quale la prospettiva di una guerra va evitata a ogni costo. “Non si può accettare la logica dell’attacco preventivo al di fuori del diritto internazionale – argomenta Gabaglio –. Tutto va rimesso nelle mani dell’Onu, che può e deve imporre il disarmo al regime irakeno. Ispettori internazionali dovranno giudicare la realtà degli armamenti in Iraq. Spetterà poi all’Onu chiedere lo smantellamento delle armi di distruzione di massa presenti con ogni probabilità nel paese. Solo in questo ambito la comunità internazionale può fare pressione con gli strumenti politici e diplomatici a disposizione”. Secondo Gabaglio le risoluzioni Onu devono essere rispettate, e ad esse Saddam deve piegarsi. Ma questo “deve valere per tutti”, anche nel caso del conflitto israelo-palestinese. “Non si possono avere due pesi e due misure – ammonisce Gabaglio –: l’Onu deve guadagnare autorevolezza per preservare la pace e la sicurezza in tutto il Medio Oriente”.


Campagna Cgil / Uno studio della Camera del lavoro di Bologna

Il popolo delle firme

di Alessandro Ravizza

“Che ci fosse qualcosa di nuovo, da prima è stata solo una sensazione, sempre più palpabile man mano che i dati sulla raccolta delle firme arrivavano dai primi banchetti predisposti in agosto. Dopo aver superato le prime 10.000 firme, abbiamo pensato alla banca dati degli iscritti Cgil: incrociando le informazioni sui nostri tesserati con quelle che arrivavano dalla raccolta delle firme, potevamo dar luogo a uno studio statistico, che su un campione sempre più largo, ci parlasse di ciò che la nostra iniziativa evidenzia nel rapporto tra iscritti e non iscritti, entrambi distinti per fasce d’età e per appartenenza di genere. Insomma: un check-up del popolo che va a firmare a Bologna la raccolta dei due no e dei due sì”. Chi parla è Stefano Sabbiuni, coordinatore della segreteria e responsabile organizzativo della Camera del lavoro di Bologna. “Oggi – dice – il campione indagato coinvolge 42.920 delle oltre 140.000 firme già raccolte a Bologna. È evidentemente nostro intendimento sottoporre all’indagine tutto il complesso dei firmatari e quindi, a rigore, tutti i 210.000 (oltre il 20 per cento in più rispetto ai 176.000 iscritti alla Cgil di Bologna, ndr) che ci siamo posti come obiettivo da raggiungere al momento dello sciopero generale e a cui contiamo, realisticamente, di arrivare. Al momento, però, quello che emerge principalmente è che le tendenze confermano le sensazioni dei primi dati emersi da un precedente campione che comprendeva i primi 16.000 e, successivamente, da un campione più allargato di 36.000 firmatari”.


Welfare e cooperazione / Una stima della Legacoop
Nei servizi alla persona 500 mila posti di lavoro
di Marco Togna
Mezzo milione di posti di lavoro. Non è una promessa elettorale, ma un obiettivo concreto, raggiungibile. A tanto si arriverebbe, infatti, se riuscissimo a spendere in politiche sociali almeno quanto gli altri paesi europei. La stima, sicuramente interessante, è stata presentata in occasione di un convegno nazionale (“La cooperazione sociale per un Welfare di cittadinanza”), organizzato a Roma lo scorso 20 settembre dalla Legacoop. “Tanta nuova occupazione e tutta “sicura” – spiega Sergio D’angelo, presidente del Drom, il Consorzio nazionale della cooperazione sociale –, visto che i servizi alla persona possono essere forniti solo da uomini e donne reali, non sostituibili da macchine o da nuove tecnologie”. Le attuali tendenze, invece, sembrano indicare tutt’altra direzione: “Questo governo – prosegue D’angelo – sta operando scelte che pongono una precisa linea di discontinuità rispetto alle decisioni del passato. Le Finanziarie sono deboli e disattente a queste politiche, mentre sembra interrotto il rilancio iniziato con la legge 328 del 2000. Una situazione particolarmente grave per il Mezzogiorno, che avrebbe seriamente bisogno di questo percorso virtuoso: creare occupazione per intervenire sul disagio diffuso, la cui prima causa è proprio la mancanza di lavoro”.

Germania / La riforma del mercato del lavoro
Al via le "agenzie di personal service"
di Roberto Goldin


E’ stato il ministro del Lavoro in persona, Walter Riester, a inaugurare a Duisburg, una settimana prima delle elezioni, il primo modello di “Agenzia di Personal Service” (entro l’anno ne sono previste una cinquantina), secondo le indicazioni della commissione Hartz. L’intenzione è di collegare a ognuno dei 181 Uffici del lavoro sparsi nel paese un’agenzia di lavoro interinale allo scopo di “parcheggiarvi” i disoccupati per il minor tempo possibile. L’accordo sottoscritto tra l’Ufficio del lavoro di Duisburg e la società privata di lavoro temporaneo Start (fondata nel 1995 su iniziativa del governo regionale, dei sindacati e delle organizzazioni padronali), prevede che l’ente pubblico invii disoccupati alla Start pagando un contributo salariale decrescente a seconda del tipo di senza lavoro. In caso di collocamento successivo stabile, Start otterrà un premio supplementare fino a un massimo di 2.500 euro a persona. Spiega il direttore dell’Ufficio del Lavoro di Duisburg, Norbert Maul: “Mentre in precedenza le agenzie di lavoro temporaneo ingaggiavano personale orientandosi secondo l’offerta di posti sul mercato, ora l’orientamento è dato dal profilo dei candidati”.


Rassegna sindacale, è uscito il nuovo numero (37, 15 ottobre 2002)
www.rassegnasindacale.it

 


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