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15 Settembre, 2002
Investiamo sulla pace di Mimmo Dolci
L’orrore delle cronache di queste settimane sembra non arrestarsi mai. La morte è prepotentemente entrata a far parte della nostra quotidianità. Lo fa con una continuità tale da confondersi nell’orgia comunicativa con il passaggio di Vieri al Milan ....

INVESTIAMO SULLA PACE.

L’orrore delle cronache di queste settimane sembra non arrestarsi mai. La morte è prepotentemente entrata a far parte della nostra quotidianità. Lo fa con una continuità tale da confondersi nell’orgia comunicativa con il passaggio di Vieri al Milan o le notizie sul maltempo. E’ uno dei molteplici e disgustosi effetti che produce la spirale , questa si infinita, guerra-terrorismo.
Sgretolare, piegare fino ad umiliare i più naturali sentimenti delle persone come l’orrore per la violenza o la vocazione alla pace.
Al contrario, l’emotivo che la destra (e a volte non solo, purtroppo) ritiene politicamente opportuno scatenare è quello degli istinti più abbietti, la paura del diverso da sé, la diffidenza verso identità culturali e storiche che esulano dalla cerchia “bianco/occidentale”.
Nemmeno la brutalità spaventosa dell’escalation di morte degli ultimi giorni sembra farci uscire dal paranoico circolo vizioso della guerra e del terrorismo.
Eppure l’asse di ragionamento che ha retto la strategia della guerra preventiva si è sgretolato giorno dopo giorno contribuendo solo alla crescita di un terrorismo che si nutre, come grottesco rovescio della medaglia, delle stesse paure e della stessa ottusità culturale utilizzata per giustificare ideologicamente le bombe umanitarie su migliaia di donne, uomini e bambini iracheni.
Oggi, l’indignazione di chiunque abbia minimamente a cuore i valori della pace e della libertà è di verificare che la risposta al terrore che i Paesi occidentali stanno dando è a quale livello far giungere il restringimento degli spazi democratici. Di quanto chiudere agli immigrati la porta della propria cittadella assediata.
No, non funziona.
Per quanto tempo la logica emergenziale terrà (terrà?) lontano da noi cittadini e lavoratori di altri paesi che cercano semplicemente una prospettiva di vita per sé e per le proprie famiglie?
Per quanto tempo i cittadini delle evolute democrazie occidentali tollereranno ancora la storia che bombardando villaggi di contadini saremo più al sicuro.
Fino alla prossima strage ? Fino al prossimo kamikaze?
Forse è arrivato il tempo di dire basta.

Forse è arrivato il momento di considerare i lavoratori stranieri persone detentrici di diritti e non solo produttori di reddito per altri.
Forse è arrivato il momento per il centro sinistra di dare una risposta diversa, più coraggiosa e più sganciata dalla contingenza politica .
Forse è arrivato il momento di considerare i Paesi e i popoli extracomunitari portatori di storie e culture diverse non mercati da cannibalizzare.
Forse è arrivato il momento (vero, industriali cremonesi…) di smetterla di considerare il resto del mondo un enorme contenitore di manodopera a basso prezzo e di scaricare sui lavoratori cremonesi i costi sociali dell’invasione dei prodotti di quei Paesi.
Ma forse non fa per noi, non ancora almeno , perché chi sceglie di scommettere su questi valori, mettendo in discussione anche se stesso, come i tanti e le tante volontarie delle organizzazioni non governative, è irriso (ricordate le vispe terese?!) e chi più modestamente scende in piazza per dire che questa rotta va invertita in fretta, è considerato un velleitario idealista.
E allora avanti così? Fino alla prossima commemorazione? Fino al prossimo minuto di silenzio? No, è arrivato il tempo di investire sulla pace, sul lavoro di chi costruisce con quei popoli percorsi di emancipazione, di crescita economica, di scambio interculturale.
E’ giunto il momento di scommettere forte su una Pace fatta di diritti, di equità sociale e giustizia, anche per i popoli del Medioriente.
E’ ora di togliere la terra sotto i piedi al terrorismo, producendo politiche e rapporti con i popoli del cosiddetto (volgarmente) terzo mondo che offrano prospettive di vita e non guerre infinite.

Massimiliano Dolci



Cremona, 21 luglio 2005

 


       



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