INTESTAZIONE DEI GIARDINI PUBBLICI DI CREMONA A PAPA GIOVANNI PAOLO II
Gian Carlo Corada, Sindaco di Cremona – Sabato 6 maggio 2006
Prima di dare inizio alla cerimonia di intestazione dei Giardini pubblici di
Cremona a Papa Giovanni Paolo II vogliamo qui ricordare i due alpini morti ieri
in un vile attacco ad un convoglio italiano a Kabul.
In quella terra difficile e martoriata, mentre svolgevano il proprio dovere
in una missione di pace, hanno perso la vita il tenente Manuel Fiorito, 27 anni
di Verona, che apparteneva al secondo reggimento Alpini di Cuneo, ed il
maresciallo ordinario Luca Polsinelli, 29 anni, di Sora, in provincia di
Frosinone, aggregato al nono reggimento Alpini dell'Aquila.
Nel richiamare i sentimenti di cordoglio e di partecipazione che animano la
nostra intera comunità, chiedo a tutti voi di osservare un minuto di silenzio
nel loro ricordo.
*****
Eccellenze, Autorità, gentili ospiti,
la città di Cremona giunge oggi ad un appuntamento molto importante. Ci
troviamo qui, in questo primo sabato del mese di maggio, per intitolare i
Giardini pubblici di Piazza Roma alla grande e paterna figura di Papa Giovanni
Paolo II.
Il Consiglio Comunale, all’unanimità ed a nome dell’intera città, ha deciso
di promuovere questa dedica in ricordo di una persona che ha segnato con la Sua
azione ed il Suo esempio il nostro tempo.
Giovanni Paolo II ha avuto in sorte la non facile missione di accompagnare la
Chiesa e l'umanità nella problematica transizione dal secondo al terzo
millennio.
A Papa Wojtyla, nel 1978, furono consegnati un mondo e una Chiesa che nel
2005, al termine del suo pontificato, non sono più come prima.
Alla fine degli anni ‘70 il mondo era spaccato in due blocchi contrapposti;
la pace si fondava sull'equilibrio gracile e sinistro assicurato dai missili a
testata nucleare che i due schieramenti si puntavano contro a vicenda; il
comunismo dominava su una parte consistente dell'umanità mentre il fenomeno
conosciuto con il termine di ‘scristianizzazione’ ed una profonda crisi dei
valori prendevano piede anche tra le nazioni occidentali di più antica
evangelizzazione.
Una crisi mondiale che non poteva non trovare un proprio riverbero
all'interno della vita stessa della Chiesa cattolica, chiamata ad una difficile
applicazione delle riforme introdotte dal Concilio Vaticano II ed attraversata
da fenomeni di contestazione .
Papa Wojtyla decise subito la ‘cifra’ del proprio servizio apostolico, che
sarà un «pontificato itinerante». Nemmeno lui, all'inizio, avrebbe però forse
immaginato di compiere oltre 100 viaggi apostolici nel mondo e quasi 150 in
Italia, visitare le comunità ecclesiali e i popoli di 130 Paesi ed incontrare
oltre 700 Capi di Stato.
La fede incrollabile nel mandato di successore di Pietro e di messaggero del
Vangelo, la passione per l'uomo e per Cristo, su cui Giovanni Paolo II ha
fondato interamente il proprio impegno apostolico, motivano la forza con cui,
dal primo all’ultimo giorno di pontificato, egli ha sempre tenuto l'uomo al
centro del proprio interesse e della propria missione.
Difendendo l’uomo in tutte le fasi della sua vita: la famiglia, i giovani, i
diritti umani e la pace. Favorendo il dialogo tra le culture e tra le religioni
in ogni angolo del mondo, in virtù, anche, di un uso sapiente degli strumenti
della comunicazione di massa.
Ogni pontefice ha le sue caratteristiche. Giovanni Paolo II si è collocato in
una situazione storica nella quale emergeva la necessità di grandi decisioni e
lui ha saputo incarnare questo momento particolare della Chiesa e del mondo con
una carica carismatica assolutamente straordinaria.
Nel dedicare i Giardini Pubblici della nostra bella Cremona alla memoria di
Giovanni Paolo II è giusto sottolineare quanto i lunghi anni del suo pontificato
ci abbiano davvero accompagnato da un’epoca ad un’altra, oltre che in un altro
secolo ed in un nuovo millennio.
Come dicevo all’inizio é un mondo profondamente diverso quello che Papa
Wojtyla lascia nel 2005, rispetto a quello che accolse l'elezione del primo Papa
slavo nella storia del cattolicesimo, nel 1978.
Nei 27 anni del Suo pontificato conflitti, successi e insuccessi, eventi,
mutamenti profondi di scenario, si sono intrecciati in una storia che non è di
semplice lettura, non solo perché è tanto vicina a noi, ma perché complessa ed
inserita in un mondo nel quale sempre più la Chiesa si è confrontata con i
“segni dei tempi” (come diceva Papa Giovanni XXIII), con il mutare dello
“spirito del mondo”.
Penso sia reperibile proprio in questo tracciato una delle ragioni di fondo
della grandezza del messaggio di Papa Giovanni Paolo II.
Non c'è stato momento - in questo lunghissimo periodo, che ha visto conflitti
e crisi internazionali inseguirsi in ogni angolo della Terra - in cui la voce
del Pontefice non si sia levata ad invocare la Pace, ad indicare la via del
dialogo e della ragione, ad ammonire – come fece nel solenne discorso del Natale
1990 – che “la guerra è un'avventura senza ritorno”.
Una voce instancabile, che ha richiamato l'attenzione degli uomini su tutti i
conflitti, anche su quelli più lontani e dimenticati.
Una voce che è stata e continua ad essere, per questo, un punto di
riferimento per tutti, credenti e non credenti, cristiani e non cristiani.
Davvero un linguaggio compreso da tutti gli uomini, in grado di superare le
barriere degli Stati, delle culture, delle fedi. Davvero una capacità di portare
lo sguardo, e la propria concreta presenza, con i suoi viaggi, ovunque nel mondo
ci fosse sofferenza, povertà, fame, malattie.
E quando al mondo della globalizzazione Giovanni Paolo II chiese quella che
chiamò la “globalizzazione della solidarietà”, la sua posizione si dimostrò
davvero di grandissimo respiro e di straordinaria lungimiranza.
Era, e continua ad essere, un profondo realismo, che nasce dalla
consapevolezza che la povertà, inaccettabile sul piano morale, significa però
anche instabilità, tensione, conflitti.
“Nei Paesi in via di sviluppo – è scritto nell'enciclica Centesimus annus –
si profilano all'orizzonte crisi drammatiche, se non si prenderanno in tempo
misure internazionalmente coordinate”.
E che Papa Giovanni Paolo II fosse uno straordinario Uomo di Pace lo dimostra
tutta la sua vita, i suoi 27 anni di Pontificato e, tra i tanti, per esempio, il
suo discorso del 1 gennaio del 2005, il suo ultimo Capodanno.
Per quella importante occasione Giovanni Paolo II – già molto sofferente ed
in lotta contro la malattia - aveva infatti scelto come tema di riflessione un
versetto della Lettera ai Romani di San Paolo: ''Non lasciarti vincere dal male,
ma vinci con il bene il male''. (Rm 12,21).
Un inno all'amore. ''L'amore è l'unica forza capace di condurre alla
perfezione personale e sociale, l'unico dinamismo in grado di far avanzare la
storia verso il bene e la pace''. "Il male non si sconfigge con il male: su
quella strada, infatti, anziché vincere il male, ci si fa vincere dal male” -
affermava Papa Wojtyla, per poi indicare che – “la pace è un bene da promuovere
con il bene, da custodire e coltivare mediante scelte e opere di bene".
Per tutto questo, oggi, ricordando la sua sofferenza ma anche la sua fiducia,
è così naturale e istintivo ripensare con affetto e con profondo rispetto a chi
non si è mai risparmiato, a chi non si è mai preoccupato di spendere ogni sua
energia, anche fisica, per portare speranza e conforto, in ogni continente,
dall'Africa al Sud America.
E' difficile non ricordarlo com'è stato negli ultimi anni, con i segni della
sofferenza e di un dolore vissuto, secondo una antica tradizione, come “imitatio
Christi”.
Una figura tragica, e niente affatto trionfalistica, a differenza di come
spesso lo ricordano i media usualmente.
“Nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina
interiormente l'uomo a Cristo”: è un passo della Salvifici Doloris, la Lettera
apostolica che Giovanni Paolo II dedicò, nel 1984, al senso cristiano della
sofferenza. “Allorché il corpo è profondamente malato, totalmente inabile e
l'uomo è quasi incapace di vivere e di agire – si legge in quel documento -
tanto più si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza spirituale,
costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali”.
Parole profetiche, che sembrano quasi anticipare quanto Giovanni Paolo II
testimoniò al mondo negli ultimi anni del suo Pontificato. La sofferenza,
infatti, è certamente tra gli aspetti caratterizzanti della vita e del magistero
del Papa polacco.
Questo è , e rimane, il nostro ricordo. Che uniamo all'incancellabile memoria
della Sua visita nella nostra terra, alla nostra Comunità, avvenuta nel giugno
del 1992.
Giovanni Paolo II ha annunciato al mondo valori di libertà, di fede, di
giustizia sociale e pace. Ha predicato che non si possono fare guerre in nome di
Dio, che non si può usare il Suo nome per una politica d'aggressione e di
violenza.
E’ un’eredità eccezionale quella lasciata alla Chiesa da Giovanni Paolo II,
il Papa che ha saputo toccare il cuore del mondo intero, per il quale hanno
pregato, insieme, anche Ebrei e Musulmani.
Anche per questo abbiamo deciso di dedicare a Lui, al Suo ricordo, alla Sua
figura, questo grande spazio pubblico nel quale generazioni di cremonesi hanno
passato ore piacevoli e rilassate, godendo “l’amenità di piante e fiori”.
Da bambini, quando qui si viene a giocare. Da ragazzi, quando qui ci si
scambiano i primi sguardi o le prime carezze. Da anziani, quando qui – riposando
- ci si trasmettono opinioni e ricordi.
Eccellenze, Autorità, gentili ospiti,
siamo davvero felici di avere oggi questa importante opportunità: quella di
dedicare il cuore verde di Cremona al ricordo di questo grande Papa, alla
memoria di Karol Wojtyla.
Cremona, sabato 6 maggio 2006