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15 Settembre, 2002
La partita a poker all’origine del Partito democratico
di Marco D'Egidio, APD Cremona - In questo momento la politica italiana sta giocando una partita a poker. C’è innanzitutto una pluralità di partecipanti: l’esito è incerto e avvincente. Oppure avvilente.

In questo momento la politica italiana sta giocando una partita a poker. C’è innanzitutto una pluralità di partecipanti: l’esito è incerto e avvincente. Oppure avvilente. Ci sono molti bluffatori, che parlano e lanciano segnali in ogni direzione per alzare la posta o solo per protagonismo velleitario. C’è infine, come in tutti i giochi, il senso di smarrimento per cui da un momento all’altro si può sbancare il tavolo oppure perdere tutto.

Questo schema è ricorrente in diversi ambiti della scena pubblica italiana e internazionale, ma a noi spettatori coinvolti nel progetto del Partito democratico interessa soprattutto la partita che si sta giocando all’interno dei democratici di sinistra, con interferenze esterne da parte dei partner d’onore liberal-democratici.

All’interno del maggior partito della sinistra si presenta un dedalo di posizioni personalistiche, un labirinto di opinioni ondivaghe sulla nascita del Partito democratico che molti hanno interpretato come il redde rationem che sempre era mancato sin dalla caduta del muro di Berlino.

Diversi autorevoli osservatori non hanno tralasciato di sottolineare le ambiguità di un partito ex comunista che si propone oggi come forza trainante del riformismo di sinistra. Contraddizioni che hanno potuto sopravvivere grazie ad una serie di fattori concomitanti, dal berlusconismo ai sistemi elettorali che hanno favorito un bipolarismo senza esperienza e senza memoria.

Oggi che si pone il problema di come cambiare definitivamente il sistema dei partiti e garantire un’alternanza reale che garantisca governabilità e stabilità, ora che si deve fare il salto definitivo verso un vero bipolarismo, le contraddizioni incubate in quasi vent’anni e comunque digerite con poche difficoltà esplodono e rischiano di mandare in frantumi ogni progetto innovatore.

Chi sono i bluffatori e chi i giocatori che più sudano freddo in questo confronto anomalo, perché hanno tutto da perdere? Fassino si è imbarcato con entusiasmo nel progetto per il Partito democratico, mettendo in gioco tutta la sua credibilità e il suo nome. Altri autorevoli esponenti, come l’ex presidente diessino D’Alema, vivono la transizione, com’è naturale data la diversità d’incarichi, un po’ più trafelati, ma non senza la stessa carica di ottimismo e progettualità. Insomma, chi si è impegnato con serietà e generosità ha tutto da perdere, quindi è probabile che stia sudando freddo. Sicuramente non ha ragione di bluffare.

All’opposto ci sono gli avversari del Pd: Mussi è la personalità di primo piano del gruppo. Non vogliono contaminazioni dell’identità socialdemocratica né derive centriste che dal Pd, secondo loro, potrebbero nascere. Sono il nocciolo duro che non vuole cambiare identità, la sinistra dei diesse.

Ma che possibilità avrebbero, se il Pd nascesse e loro non ne facessero parte? Fondare nuovi partiti? Improbabile. Aderire ai partiti della sinistra massimalista ? Difficile, dato che le distanze le hanno già prese, banalmente, entrando nei Ds. Ritirarsi a vita privata? Impossibile. E’ quindi probabile che stiano bluffando, non avendo niente da perdere.

Posizioni più marginali perché meno inconciliabili hanno chi è favorevole al Pd purchè rientri nel Pse e il fronte liberal, quantomeno perché la porta è aperta e la tendenza è quella di usarla per uscire (la vicenda di Nicola Rossi è esemplare).

Sono giocatori con carte nella norma, che dicono check e passano la parola a chi il gioco vuole e deve condurlo. Esistono infine contrapposizioni più trasversali e più complicate, come quelle che dividono laici e non laici, centristi in odore di Grande Centro e centristi convinti della necessità del bipolarismo, il “partito dei governatori”, più liberi per la posizione che ricoprono e quindi meno ortodossi nelle loro dichiarazioni e nei loro intenti, e altro ancora, di cui i giornali ci comunicano quasi quotidianamente.

Il mio istinto di pokerista mi suggerisce che partite come queste devono essere condotte con sicurezza e polso. I bluffatori devono essere smascherati almeno per due motivi: perché il Pd non può nascere da fusioni a freddo e senza un’identità ben definita e coerente, quindi perdere pezzi (non troppi, ammesso che davvero li si perdano) non solo potrebbe essere necessario ma pure salutare; perché sarebbe assurdo che il Pd, auspicato come antidoto al massimalismo ricattatore di gruppetti sparuti, naufragasse ancora prima di salpare proprio perché si concede potere di ricatto a chi il Pd non lo vuole.

 


       



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