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15 Settembre, 2002
Taty Almeida, rappresentante dell'Associazione delle donne di Plaza de Mayo a Cremona.
Tale iniziativa è proposta dal Comitato Provinciale per la difesa e lo sviluppo della Democrazia di Cremona nell'ambito del progetto “Il futuro ha una memoria

Taty Almeida, rappresentante dell'Associazione delle donne di Plaza de Mayo a Cremona.
Tale iniziativa è proposta dal Comitato Provinciale per la difesa e lo sviluppo della Democrazia di Cremona nell'ambito del  progetto “Il futuro ha una memoria
Incontro - testimonianza  della Sig.ra Taty Almeida, rappresentante dell'Associazione delle donne di Plaza de Mayo - Linea Fundadora di Buenos Aires, prevista per il giorno giovedì 13 marzo  2008, alle ore 10.00, presso l'Aula Magna dell'Istituto scolastico ITIS "J. Torriani", Via Seminario 17/19 a Cremona.

Tale iniziativa è proposta dal Comitato Provinciale per la difesa e lo sviluppo della Democrazia di Cremona nell'ambito del  progetto “Il futuro ha una memoria - Il cammino dei Diritti Umani e della Costituzione. Cefalonia 2008. La nave della memoria e della Pace".

Si precisa, inoltre,  che l'iniziativa di cui sopra si svolgerà in occasione delle celebrazioni dell'8 marzo 2008  e sarà divisa in  due momenti differenti (si vedano schede allegate alla presente), al mattino si terrà l'incontro-testimonianza della Sig.ra Taty Almeida, quale momento di formazione per gli studenti aderenti al progetto "Il futuro ha una memoria", il secondo incontro si svolgerà a partire dalle ore 20.30 dello stesso giorno, presso Sala Rodi del Centro Culturale di Santa Maria della Pietà, Piazza Giovanni XXIII, Cremona.

LA COORDINATRICE DEL COMITATO
prof.ssa Ilde Bottoli

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Conferenza di Taty Almeida, esponente di spicco e fra le fondatrici di Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora

Il 24 marzo del 1976 si instaura in Argentina la più atroce dittatura che il paese sudamericano abbia mai conosciuto, dittatura che con il pretesto di debellare il terrorismo “comunista”, organizzò una macchina del terrore clandestina che ha portato alla scomparsa di migliaia di giovani, stimati in 30 mila. Di essi erano un’esigua minoranza quelli che parteciparono attivamente alla lotta armata in atto in quegli anni, mentre la maggioranza erano giovani, operai, studenti, intellettuali che, per il loro credo politico e morale erano considerati pericolosi sovversivi. Ma la macchina del terrore messa in moto dalla dittatura era implacabile con chiunque non si allineasse alla rivoluzione morale della “Nuova Argentina”.

     

Le madri di Plaza de Mayo furono le prime a mobilitarsi, durante la dittatura che durò fino al 1983, per rivendicare la riapparizione con vita dei loro figli, arrestati, o più spesso rapiti per strada, nelle loro case, nei luoghi di lavoro, e detenuti clandestinamente.

Non si aveva una esatta percezione, in quei primi anni di dittatura, della condizione che vivevano questi giovani, per lo più fra i venti e i trenta anni, si sapeva solo che un giorno all’improvviso erano spariti nel nulla, non si sapeva niente di più, ma era forte la convinzione che vigessero ancora almeno le minime condizioni di legalità. Nessuno allora si immaginava che sarebbero diventati dei desaparecidos, ossia delle persone che non sarebbero più riapparse, date per morte, ma mai ufficialmente morte perché i loro corpi, tranne qualche caso, non sarebbero mai più stati trovati. Molti furono bruciati, altri interrati in fosse comuni, altri, drogati e con il cemento ai piedi, gettati vivi dagli aerei dei militari nel Rio della Plata. Si stima che i desaparecidos siano circa trenta mila.

Ma tutto questo si seppe dopo. Mentre imperava la dittatura vigeva un silenzio inattaccabile. Da una parte non si immaginava che potesse essere vero tanto orrore, già infatti trapelavano le prime voci di quelli che (molto pochi), usciti dai centri di detenzione clandestini, denunciavano, all’estero, le torture, le sevizie e la sorte tragica che toccava alla stragrande maggioranza dei prigionieri. Dall’altra il terrore faceva sì che la gente si disinteressasse, non si immischiasse… la strada era tappezzata da cartelloni pubblicitari della propaganda che dicevano in maniera inquietante “Il silenzio è salute”. I parenti delle vittime erano gli unici a muoversi, presentavano gli habeas corpus nelle questure, ma naturalmente questa denuncia non aveva alcun effetto… denunciavano infatti i rapimenti presso gli stessi rapitori.    

In questo contesto, a partire dal 1977, ossia un anno dopo l’inizio della dittatura, le Madri costituirono la unica voce di denuncia, di protesta e di rivendicazione. La giunta militare aveva vietato il diritto di assemblea per cui non era possibile riunirsi in luoghi pubblici in più di tre persone. Le madri così, cominciarono le loro famose ronde del giovedì, ossia cominciarono a riunirsi ogni giovedì prima in dieci, poi in venti, poi in trenta… in Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada. Si muovevano camminando stando distanti qualche metro l’una dall’altra in modo da eludere il divieto. Cominciò così l’attività delle Madres di Plaza de Mayo. Velocemente presero consapevolezza che l’unico modo per sperare di riabbracciare i loro figli era riunirsi in una piazza pubblica… delle madri inerti che reclamavano i propri figli non potevano essere represse con la violenza.

Le Madri erano scomode ma per certi versi inattaccabili. La giunta militare cercò di intimidire questo gruppo di donne che poteva diventare pericoloso, e lo fece nel suo stile, nel silenzio, nell’illegalità e nell’inganno. Infiltrò “L’angelo” Astiz, che si finse il fratello di un desaparecido e due madri sparirono (assieme a due monache francesi), fra esse Azucena Villaflor, la figura più carismatica. Le Madri continuarono imperterrite la loro lotta, continuarono a camminare per Plaza de Mayo, con le fotografie dei propri figli e gridando per la loro “reaparicion con vida”. Continuarono unite e incuranti di minacce ed estorsioni.

Giocarono un ruolo fondamentale proprio in quegli anni, quando nessuno denunciava, nessun partito politico, nessun sindacato, né tantomeno la Chiesa, soprattutto denunciando la situazione all’estero e durante i mondiali di calcio del 1978. Fra l’altro furono ricevute da Pertini.

Quando ritornò la democrazia, sembrava che la giustizia riprendesse il suo corso, con la denuncia attraverso il Conadep (un organismo del Governo) dei crimini perpetrati dalla dittatura, e soprattutto con la condanna dei capi della giunta militare. Ma subito dopo furono dettate le cosiddetti leggi d’impunità (legge della obediencia debida e legge del punto final) e gli indulti ai capi della dittatura. Tutto questo con la giustificazione della “teoria dei due demoni” per cui ci sarebbe stata in Argentina una vera e propria guerra civile fra due demoni, il terrorismo di sinistra e la giunta militare. Gli atroci mezzi utilizzati illegalmente dallo Stato erano per così dire giustificati dalla straordinarietà della situazione. Tutto fu messo sotto silenzio, la pagina di questo tragico passato (recente) doveva essere al più presto voltata. “Per guardare aventi”, diceva Menem, “non possiamo guardare indietro”. Un velo di silenzio era stato steso.

Così il lavoro delle Madri, che ormai avevano perso le speranze di poter rivedere i propri figli, era rivolto ad ottenere almeno giustizia. Anche in questo caso le madri hanno lottato quasi da sole. Hanno continuato per anni e anni, sul loro esempio sono nati il gruppo di H.I.J.O.S. (i figli dei desaparecidos) e le Abuelas (le nonne) che hanno cominciato la tragica ricerca dei nipoti, ossia di quei neonati nati in prigionia, strappati ai genitori e dati illegalmente in adozione a famiglie di militari o ad essi legate. Le madri affiancate da HIJOS e dalle Abuelas, assieme a pochi altri gruppi, hanno continuato a lottare perché venissero riaperti i processi, sono diventate un simbolo di lotta, un simbolo della lotta per la difesa dei diritti umani.

Dal 2005 sono state rese incostituzionali le leggi di impunità e gli indulti, e cominciano molto lentamente dopo trent’anni, i processi. Finora sono andati in porto tre processi che hanno visto la condanna di Julian, un poliziotto aguzzino, di Etchecolatz, il braccio destro di Camp, e di un prete, Von Vernich, condannato all’ergastolo per genocidio e reato di lesa umanità per aver partecipato alle torture e all’omicidio di circa 40 persone. Siamo solo all’inizio, le resistenze sono ancora tante, tanti personaggi legati alla dittatura occupano ancor oggi luoghi di potere. All’indomani del giudizio a Etchecolatz, nel settembre dell’anno passato è misteriosamente scomparso Julio Lopez, un testimone chiave… si tratta del primo desaparecido in democrazia. Questo per dare l’idea della lunga e inquietante mano che ancora oggi hanno gli assassini di trent’anni fa.

Le madri, forti del loro carisma e della loro storia, giocano tutt’oggi un ruolo importantissimo perché venga fatta giustizia sulla vicenda più tragica che l’Argentina abbia mai conosciuto, vicenda che ancora è presente anche dopo trent’anni dal suo epilogo.

Le madri sono un chiaro esempio di impegno sul campo dei diritti umani, un’istituzione ormai internazionale, conosciuta in tutto il mondo, perché genocidi, uccisioni di massa non vengano mai più perpetrate.

Quello argentino è infatti un caso poco conosciuto nelle sue particolarità e può essere preso ad esempio di altre situazioni simili che in quegli stessi anni hanno colpito gli altri Stati del Sud America, come il Cile, l’Uruguay, il Paraguay, la Bolivia ed anche il Brasile, ad altri paesi del Centro America.

Genocidi e stragi di civili, purtroppo, non si sono fermati dopo gli orrori dell’Olocausto, in altre forme ma con la stessa crudezza si sono verificati negli anni successivi e succedono tuttora.

E le Madri sono uno dei pochi emblemi di resistenza tenace ed attiva.

Per saperne di piu’ clicca qui

http://www.provincia.cremona.it/comitatodemocrazia/

 


       CommentoSito del Comitato



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