15 Settembre, 2002 Sul raddoppio della acciaieria Arvedi di Rifondazione Comunista Il Consiglio di Stato ribadisce i contenuti della sentenza del TAR e conferma che la Valutazione d’Impatto
Sul raddoppio della acciaieria Arvedi di
Rifondazione Comunista
Il Consiglio di Stato ribadisce i contenuti
della sentenza del TAR e conferma che la
Valutazione d’Impatto
Un altro sassolino (di quelli appuntiti e
fastidiosissimi) nell’ingranaggio dei “grandi
affari”. A mettercelo sono stati ancora una
volta, anche se indirettamente, i cittadini
e i comitati ambientalisti che non si rassegnano
a mettere a rischio la salute loro e quella
della comunità e che soprattutto credono
che ancora ci sia una giustizia uguale per
tutti.
L’occasione è fornita dalla lunga battaglia
combattuta su più fronti che si consuma in
una delle zone più produttive (anche di emissioni
nocive e inquinamento) della provincia di
Cremona, quell’area alle porte della città
che va da Cavatigozzi a Spinadesco, area
schiacciata tra il Po e le numerose aziende
a rischio d’incidente rilevante che costituiscono
gran parte del “moderno miracolo economico”
cremonese.
Il TAR della Lombardia un anno fa aveva pronunciato
chiaramente un verdetto molto scomodo per
Arvedi & soci sviluppisti: il raddoppio
della sua acciaieria doveva essere sottoposto
alla VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale)
perché esso modificava
la modalità di produzione dell’impianto stesso,
con un impatto inevitabilmente
forte sul territorio circostante e sulle
condizioni di vita dei residenti. Ma siccome
gli affari sono
affari e al “Signore di Cremona” (nonché
della Cremonese) non si può dire di “No”,
gli enti locali tutti — dalla Regione ai
comuni interessati, alla Provincia — si sono
dati un gran daffare per porre rimedio all’obbrobrio
giuridico: fioccarono i ricorsi contro la
sentenza del TAR e
immediatamente la Regione emise un nuovo
atto autorizzativo (AIA, tale e quale a quello
oggi bocciato) grazie al quale tutte le concessioni
eilizie comunali necessarie all’ampliamento
dello stabilimento venivano innovate; dulcis
in fundo sopraggiunse anche a primavera la
benedizione dell’Amministrazione Provinciale
con una sua AIA. Contro questi provvedimenti
si sono di nuovo attivati i cittadini e i
comitati con appositi ricorsi il cui esito
arriverà a gennaio
prossimo.
Ma, intanto, notizia di oggi, si rovescia
una doccia fredda sul Signore dell’acciaio
e sui suoi enti-vassalli-locali: il Consiglio
di Stato ribadisce i contenuti della sentenza
del TAR e conferma che la Valutazione d’Impatto
Ambientale è un atto necessario.
Ciò significa che tutto quanto è stato fatto
e costruito sinora è — puramente e semplicemente
— illegale.
Ma c’è di più, perché il magistrato motiva
la propria decisione con parole pesantissime:
“lo screening effettuato nei confronti del
progetto oggetto di contestazione [leggi:
ampliamento
dell’acciaieria Arvedi] risulta motivato
in maniera più che superficiale con riferimento
ai suoi
effetti sulle aree fluviali adiacenti, sulle
componenti ambientali con riferimento agli
effetti del nuovo processo produttivo rispetto
agli impianti esistenti e sui rischi relativi
al contesto e a quelli derivanti dall’incremento
del traffico”.
Più avanti il giudizio si appesantisce ulteriormente:
“deve ritenersi che tale valutazione discrezionale
non possa limitarsi ad una generica e passiva
acquisizione della documentazione prodotta
dall’interessato senza cadere in profili
valutativi che si configurano come illogici
e privi di validi ed obiettivi riscontri.
Inoltre va rilevato che tali valutazioni
dovrebbero configurarsi come necessariamente
più incisive e approfondite allorché l’opera
sottoposta a screening si configura di rilevanza
tale da modificare in maniera sostanziale
la produzione dell’impianto”.
In queste poche ed efficaci righe è scritta
la piena e radicale condanna di un sistema
che si regge sul “lascia fare” (nella più
rosea delle ipotesi) e sull’intreccio tra
grandi interessi privati
e politica ai danni dei diritti di tutti,
dell’uguaglianza dei cittadini, del perseguimento
del bene collettivo e dell’interesse generale.
Infatti una Regione che si accontenta acriticamente
di scarni documenti forniti da chi agisce
per incrementare il proprio impero e, in
base a quei soli dati, rilascia blande e
sprovvedute
autorizzazioni, inficia e compromette per
superficialità — o, meno ingenuamente, per
consapevole parzialità — la validità degli
atti emessi abdicando alle proprie funzioni
di controllo e garanzia. Le regole ci sono,
possono essere migliorate ma devono comunque
valere per tutti, altrimenti i diritti dei
cittadini rischiano di arretrare pesantemente
di fronte
al rullo compressore dell’interesse e dei
privilegi dei pochi che pensano di potere
tutto e sinora tutto hanno potuto.
Questo sembra ricordare il giudice agli enti
locali che si sono affiancati al ricorso
presentato dalla Regione e allo stesso “cavaliere
dell’acciaio”: un richiamo forte — dai toni
quasi morali — al ruolo imparziale e di garanzia
della politica e della pubblica amministrazione
nella
difesa del diritto di tutti i cittadini a
vivere sani e in maniera dignitosa; ma un
richiamo anche alla responsabilità sociale
di ciascuno — persino se Signore dell’acciaio
— a contribuire
innanzitutto al bene comune.
Rifondazione Comunista-FdS vigilerà, continuando
a sostenere le azioni dei cittadini, sul
rispetto di questa decisione, perché le sentenze
si rispettano tutte e per intero e non
in stretta osservanza al Marchionnepensiero.
Rifondazione Comunista
-Federazione della Sinistra
Cremona