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15 Settembre, 2002
«Sulla vita non si vota». E non si fiata.
La Curia di Genova minaccia sanzioni contro don Andrea Gallo

GENOVA-ADISTA. Non è piaciuta all'arcidiocesi di Genova la partecipazione di don Andrea Gallo alla tribuna politica referendaria (su RaiTre, lo scorso 30 maggio) a sostegno della libertà di coscienza sui referendum del prossimo 12-13 giugno: mons. Luigi Palletti, vicario generale dell'arcidiocesi di Genova, retta dal card. Tarcisio Bertone, ha scritto una lettera al sacerdote, divulgando poi un comunicato stampa, in cui lo rimprovera e lo "richiama a fare chiarezza", a "smentire" e a "rettificare pubblicamente" le sue affermazioni, minacciando "i provvedimenti canonici del caso" nei suoi confronti.
Don Gallo aveva preso parte alla tribuna politica (insieme a lui c'erano un rappresenante della Lega Nord, uno dell'Udc e una esponente del Comitato per il Sì) 'ospitato' dalla Lista Pannella, che aveva ceduto il suo spazio ai firmatari dell'appello "per il rispetto della sacralità della coscienza" promosso da Adista e sottoscritto, ad oggi, da oltre mille tra sacerdoti, suore, religiosi e laici cattolici. E in trasmissione, dopo aver correttamente spiegato che non si trovava lì in rappresentanza della Lista Pannella ma in qualità di firmatario del documento di Adista, aveva rivendicato la libertà di coscienza dei cattolici contro le imposizioni provenienti dalla Cei, senza entrare nel merito dei singoli quesiti e senza fornire alcun suggerimento di voto, contrariamente alla precisa indicazione di "non voto" del card. Camillo Ruini. Opinione interpretata dall'arcivescovo di Genova come disobbedienza al Magistero della Chiesa.
L'arcidiocesi, nel comunicato stampa, stigmatizza anche la partecipazione di don Gallo "ad una pubblica manifestazione nel territorio della diocesi di Reggio Emilia", in cui il sacerdote sarebbe stato "pubblicamente contestato a causa delle sue affermazioni". Sull'episodio fa chiarezza la stessa associazione promotrice dell'incontro (a cui ha preso parte anche il prof. Emilio Arisi, primario del reparto Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale regionale di Trento), il Comitato di Rio Saliceto per il Sì al referendum sulla procreazione assistita: "È doveroso precisare che l'iniziativa si è svolta nella pluralità delle idee, avendo dato grande spazio a chi, durante la serata, ha ritenuto di evidenziare differenti opinioni. Ciò a dimostrazione di come il Comitato per il Sì di Rio Saliceto sia propenso all'ascolto. Pratica ignorata da altri. Ci corre l'obbligo, nel rispetto della verità, precisare che, nell'occasione, il sacerdote don Gallo si è limitato ad esprimere il valore morale e civile del voto come essenza della democrazia, invitando i cittadini, sia laici che cattolici, ad andare a votare il 12 e il 13 giugno. Questa affermazione ha disturbato quanti sostengono la posizione delle gerarchie ecclesiastiche". Prosegue il comunicato: "Rimaniamo convinti che l'importanza della serata, con la presenza in paese di don Gallo e il rumore stesso che ha destato questa presenza, sia stata positiva nell'ascoltare altre ragioni e altrettanto utile a confermare la giustezza delle nostre tesi. Non comprendiamo lo scandalo gridato da chi, in quella stessa sede, ha potuto liberamente esprimere le sue diverse convinzioni".
Di seguito pubblichiamo il comunicato dell'arcidiocesi di Genova che rende noto il contenuto della lettera inviata a don Gallo, la risposta del sacerdote e una lettera aperta di "un gruppo di credenti e non credenti della Comunità di San Bebedetto al Porto" (il sacerdote ha anche scritto una breve lettera ad Adista pubblicata nelle lettere "fuorisacco" in questo stesso numero).

***

LA LETTERA DI DON GALLO AL VICARIO DELLA DIOCESI

Genova, 3 giugno 2005
Eccellenza Reverendissima,
Le dirò francamente che avrei preferito una lettera del Cardinale, mio Vescovo e mio Padre. Speravo, come vecchio, un incontro all'insegna della Carità e della correzione fraterna. Dico questo, non certo per mancanza di rispetto alla Sua Persona di Vescovo e Vicario generale, "alter ego" dell'Ordinario.
Rispondo alla Sua lettera dell'1 giugno u.s. con serenità, per nulla preoccupato dei fraintendimenti, delle false interpretazioni, delle accuse generiche, di cosiddette ester-nazioni "irriguardose" e soprattutto non mi sfiorano i provvedimenti freddamente da Lei annunciati. Conosciamo molto bene, se vogliamo essere onesti, lo "sconcerto" di certi fedeli, sempre fautori di chiusure e non di "dialogo" aperto e sincero.
Mi dispiace dover ricordarLe, ad onor del vero, che l'Arcivescovo non mi ha mai "richiamato" in merito ad analoghe posizioni, da me assunte nello specifico del referendum. Dopo la Sua sollecitazione, Eccellenza, cercherò pertanto di "fare chiarezza".
Con responsabilità presbiterale ho seguito con atten-zione l'evolversi della situazione referendaria. Dopo l'approvazione "blindata" della Legge 40/2004 era logico attendersi l'insurrezione laica. Ho riflettuto molto sui Documenti del vertice della Cei (sono abbonato all'Os-servatore Romano).
Dopo la decisione di puntare tutto sull'astensione da parte dei Vescovi, ho cominciato da marzo a meditare, pregare e riflettere. Mi sono consultato con religiosi, religiose, con tante sorelle e fratelli cristiani, con giuristi e, per amore alla Chiesa, ho cercato di portare il mio con-tributo per evitare confusioni, steccati, muri contro muri, sempre alla luce del sole.
Non ho mai sostenuto il "Comitato del Sì" e tanto meno la Lista Pannella. Ho sempre agito libero ed indipendente. A Rio Saliceto (Reggio Emilia) c'è stato un dibattito in piazza, aperto a tutti gli interventi. Quale contestazione? L'incontro è terminato tra gli applausi della stragrande maggioranza.
Inoltre ho sempre rispettato le ragioni del No. Non si può negare che la "proposta" dell'astensione, così difesa dai Vescovi, non abbia procurato "disagio" profondo anche nella vasta comunità dei credenti e tra numerosi non credenti che guardano alla Chiesa con gioiosa speranza.
Ho sempre difeso, con forza, la legittimità e il dovere pastorale della Cei di esprimersi su temi così delicati, inerenti la tutela della procreazione e della vita umana. Come portavoce di tanti cristiani ho tentato, consapevole della mia pochezza, di parlare con la mia Chiesa, pro-ponendo un comportamento d'ardimentosa chiarezza. I cattolici, dicevo, accettino con fierezza il confronto re-ferendario. Gridavo: mettiamo in campo le nostre idee, i nostri principi, forti delle indicazioni del Magistero, tastiamo il polso alla società. Il cristiano non fugge dalla storia, dalla "polis", dalla città degli uomini. Riapriamo il dialogo nelle nostre Chiese, chiedevo sommessamente, attorno al Vescovo, vicino alla Croce.
Recentemente ho sempre ricordato la prima omelia di Benedetto XVI nella Cappella Sistina, dove è stato ripreso il valore del Concilio Vaticano II. Il Concilio del dialogo, dell'apertura al mondo e alla sua laicità. Il Concilio della "Gaudium et Spes". Non commettiamo l'errore, ripetevo, di schierarci dietro le sicure "barriere" della disciplina eccle-siastica. "Non abbiate paura", dicevo col Papa. Chiedevo ai Vescovi di distinguere tra obbedienza, acquiescenza o servi-lismo. Non m'importava di essere definito ingenuo, provocatore, scandaloso. Come presbitero da 46 anni, lanciavo un grido d'amore alla Chiesa in cui credo e amo.
Non penso si voglia andare verso uno Stato teocratico. È fondamentale pertanto rispettare la divisione dei ruoli fra la Chiesa e lo Stato con le sue Leggi. Basterebbe citare l'articolo 98 del Testo Unico della Legge Elettorale, completata con la numero 352 del 1970, riguardante i referendum: "A Ministri, a prelati è vietata la propaganda astensionista". Per sintetizzare tutti i miei modesti inter-venti, vorrei citare la mia chiusura della trasmissione al Tg3 del 30 maggio u.s.: "Il genus della democrazia è il voto".
Penso sia nostro compito evangelizzare le coscienze. Non credo ci si possa riuscire cercando scorciatoie, calcoli, giustificazioni. Tra pochi giorni molti cattolici, ubbidendo all'astensione, saranno a posto con la loro coscienza. Si sentiranno dalla parte giusta perché hanno scelto la vita. Tutti gli altri che, con la loro coscienza, andranno alle urne, dovranno convincersi che sono dalla parte sbagliata? Il cardinale Tettamanzi ha affermato: "Non scomunichiamoci a vicenda". Ponendo il problema tra chi è per la vita e chi no, si fa della Legge (sempre mutabile) un assoluto e si rischia di trasformarla in verità di fede. I principi evangelici, le profonde indicazioni morali del Magistero, non cadono per un confronto elettorale.
Continuo a coltivare una visione del mondo tenera e coraggiosa e soprattutto ho imparato a tenere nel massimo rispetto l'autodeterminazione di tutte le persone, con la loro libertà di coscienza. È dottrina certa. Solamente in tempi recenti la scienza professionale ha cominciato ad interro-garsi seriamente sulla liceità di strani comportamenti, di certe gravi manipolazioni. Auspico, dopo questa fase, che si esca dalla contrapposizione cattolici-laici, che è priva di senso. Mi aspetto, con tanta speranza, un incontro fecondo tra Fede e Scienza. Tutti alla ricerca di una rigorosa regolamentazione, di una medicina calda e umana, con rispetto e reciproca fiducia.
Con tutta sincerità, non Le nascondo che andrò a votare in piena coscienza e con molta sofferenza. Confortato per aver rispettato, fin dall'inizio, gli astensionisti, senza intralciare né tanto meno boicottare la loro massiccia propaganda in tutte le Chiese.
A questo punto, mi devo considerare uno sconfitto o un perdente?
Infine, se questa mia modestissima azione democratica sarà configurata grave disobbedienza al Magistero, senza erigermi a vittima, accetterò con semplicità i "provvedimenti canonici" del caso. Rispettosamente devotissimo
don Andrea Gallo
Coordinatore della Comunità San Benedetto al Porto

 


       Commento Fonte: ADISTA



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