15 Settembre, 2002
Festa 2005 - I giorni cantati
Da Calvatone le emozioni della Memoria
Il programma della Festa annunciava la serata AUSER, con «I Giorni caduti»
del gruppo corale dell'Unitel sul palco centrale. E andiamo allora a sentirlo,
questo gruppo: AUSER - garanzia di qualità. Gli altoparlanti diffondono nell’area
della Festa quanto trasmette, dalla tenda posizionata vicino al palco, Radio
883. Come un segnale di avvertimento: il programma sta per iniziare,
affrettarsi. E la radio intervista responsabili dell’AUSER e… Enrico Tavoni.
Hops. Parla a nome del gruppo «I giorni cantati» di Calvatone. La sorpresa è
assai piacevole. Giorni cantati al posto dei giorni caduti; abbiamo pubblicato
anche noi la “notizia” errata.
Non ne abbia a male il compagno Tavoni - come suona dolce chiamarlo così
ancora, e in questa bella serata “di Memoria” - se non definirò “spettacolo”
ciò che il gruppo di Calvatone ci ha donato. Uso con parsimonia e timore la
parola “spettacolo” in un mondo che spettacolarizza ogni cosa, dalla morte
di un papa alla morte per fame in Africa. Io direi che abbiamo assistito ad una
testimonianza raccontata - cantata di storia e di storie. E chi vuole, oggi, far
sentire la voce degli sfruttati di sempre, deve necessariamente salire su un
palco perché, forse, in mezzo a noi, si parla tanto d’altro che quelle voci
si perderebbero nel brusio. Le voci de «I giorni cantati», in questa Festa, si
mescolano un po’ agli echi del liscio ed è proprio così che capita anche
nella cultura, più in generale. Nell’immaginario collettivo (e nella
conoscenza) si confonde sempre di più quanto è “popolare” e quanto è “del
popolo”. A ben vedere, il gruppo di Calvatone non ha proposto soltanto i brani
della “pura tradizione orale”, nella cui ricerca e “registrazione” ha un
merito mai abbastanza riconosciuto. Abbiamo sentito anche brani che dovremmo
definire “d’autore”. Eventi particolari della vita collettiva venivano “cantati”
anche in tempi recenti (con testi e musiche di “autori” noti, vedi il caso
dell’uccisione di un gerarca fascista a Calvatone) come secoli fa i
cantastorie tramandavano (e trasportavano) le storie pubbliche e private a mo di
“giornali parlanti”. Solo che quelle storie avevano davanti un’epoca
basata ancora sull’oralità e ci sono giunte - noi le abbiamo “registrate”
- come brani appartenenti al “folklore”, ovvero alla cultura tradizionale,
di “tradizione orale”, con il marchio di garanzia della “autenticità
popolare”. La storia del “Cremunìn” nasce nell’era della radio e dei
giornali, potrà essere tramandata e diffusa attraverso libri, dischi e… “spettacoli”.
Grazie alla serata offerta dall’AUSER, la cultura tradizionale “nostrana”
è entrata nella sempre più multietnica Festa dell’Unità. Molte le sedie
vuote della “platea”; a formare una sorta di monumento alla incapacità
nostra di “fare i conti” con la cultura tradizionale. A volte anche con la
storia, della quale questa cultura “porta la voce”.
M.T.
 
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