15 Settembre, 2002
Kossi Kombla-Ebri - vudù africano e «imbarazzismi» europei
Racconti sulle «contaminazioni» e sull’Africa dell’uomo che non è soltanto metafora della macchina
Anedotti di “imbarazzismi”: racconti di incontri tra “stranieri”.
Perché, giustamente, Kossi Komla-Ebri - medico-scrittore del Togo - ci ricorda
che siamo stranieri vicendevolmente, tu per me, io per te. E nella vita
quotidiana le occasioni di “imbarazzi” - incomprensioni, malintesi - non
mancano.
Un esempio. La “sciura milanese” va al supermercato e compra le bistecche
che - dopo averle meticolosamente riposto nel congelatore - potrà tirare fuori
al mattino, in numero esatto a seconda del numero dei componenti della famiglia,
per averle pronte per la cena. In numero esatto, appunto. Non è previsto che
qualcuno possa arrivare inatteso, all’ora della cena. Ma l’amico africano ha
la tendenza di non avvertire prima di arrivare, per giunta arriva a mani vuote e…
insieme ad un amico.
Kossi Kombla-Ebri alla Festa dell'Unità 2005 presenta anche il suo nuovo libro “La sposa
degli dèi. Nell’Africa degli antichi riti” (Edizioni dell’Arco -
Marna, 2005). Non è un manuale per andare, finalmente, oltre all’immaginario
“cinematografico” del mondo vudù. Un racconto composto da storie semplici
di gente semplice in un semplice villaggio. Un mondo “realmente magico” ci
sarà svelato, più che spiegato. Più che presentare il libro, l’autore ci
consegna delle riflessioni:
«È uscito il mio ultimo libro che è “La sposa degli dei”: è un
racconto lungo sul mondo delle credenze vudù; perché purtroppo per la
maggioranza delle persone il vudù è soltanto la bambola con gli spilli. Invece
il vudù è tutta una filosofia di vita, un modo di concepire l’universo, una
visione unitaria dell’essere umano, non soltanto corpo ma legato all’ambiente,
alla natura, legato alla comunità in cui vive. Una visione diversa. Io come
medico lo so… La visione che si ha oggi in occidente dell’uomo è solo una
metafora della macchina. […] Ci sono culture dove la visione dell’uomo non
è soltanto metafora della macchina. […] Perché se realmente la persona è la
persona nella sua interezza, non soltanto corpo-macchina, la valutazione è
diversa. Perché il corpo macchina ha valore soltanto quando lavora, produce.
Come una bella Ferrari che funziona, che spara sulla strada. E giustamente tutti
si commuovono quando un giovane muore perché è come una Ferrari che va a
schiantarsi contro il muro. Ma una vecchia 500 che crepa è come un vecchio che
crepa, non interessa nessuno. Perché è inutile, non produce più, non ha
nessun valore. […] Credo che la presenza in questa società di persone che
vengono da altre culture aiuta anche a riconsiderare i valori a cui si tiene.
Non per niente le nostre donne fanno le badanti, fanno le colf. E quelli che
dicono che gli immigrati sono solo criminali… Ma io mi domando: se è così,
perché gli italiani affidano agli immigrati le cose più care, la loro casa, i
loro figli, i loro genitori? E perché loro accettano questi ruoli? Forse
perché vengono da una cultura dove il valore dell’anziano ancora esiste. Da
noi, quando muore un anziano - che rappresenta la saggezza - quando muore un
anziano in Africa, si dice che è come se una biblioteca bruciasse. Perché con
lui se ne va tutto il suo sapere, tutte le sue conoscenze. Ma è mai possibile
che un uomo che ha tirato su una famiglia, ha messo al mondo dei figli, che ha
lavorato per questa società, solo perché raggiunge una certa età non valga
più niente? Sono dei valori… Mah. Penso che l’incontro con persone che
vengono da altre culture può aiutare a prendere e ad arricchirsi.»
M.T.
 
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