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15 Settembre, 2002
A colpi di fiducia il governo sospende lo Statuto
L'opposizione si unisce: referendumIl governo sospende lo Statuto alle imprese che escono dal "nero"di

A colpi di fiducia il governo sospende lo Statuto. L'opposizione si unisce: referendumIl governo sospende lo Statuto alle imprese che escono dal "nero"di Il governo ha chiesto e ottenuto la fiducia alla Camera sul decreto che proroga al 15 maggio i termini dello scudo fiscale per il rientro dei capitali illecitamente imboscati all'estero e al 30 novembre la disciplina, con facilitazioni fiscali alle imprese, per l'emersione del lavoro sommerso (in nero). 330 i voti a favore, 237 i contrari, un astenuto. Più tardi, nel pomeriggio, l'aula di Montecitorio ha pure votato, secondo il regolamento della Camera, la conversione in legge del decreto con 283 voti a favore (47 deputati della maggioranza non hanno avuto, evidentemente, la costanza di rimanere in aula, dopo la fiducia, anche per varare il provvedimento) e 227 contrari. Nessuna modifica al testo del Senato. Con la fiducia, infatti, si azzerano tutti gli emendamenti. Governo e maggioranza hanno voluto questa prova di forza, all'indomani dello sciopero generale per dimostrare la loro capacità di tirare diritto quando si tratta di far passare loro provvedimenti che riguardano la politica economica e il programma dei 100 giorni. Un programma però - come ha ricordato il segretario ds, Piero Fassino, nell'annunciare la sfiducia - che fa acqua da tutte le parti, come dimostra proprio questo decreto, che prevede misure di allungamento dei tempi per il fallimento di provvedimenti che, nelle intenzioni dell'esecutivo, avrebbero dovuto portare cospicue risorse alle casse dello Stato (e addirittura coprire finanziariamente interventi futuri) e che invece, si sono dimostrati assolutamente deludenti.Il governo aveva tentato il colpo di forza della fiducia addirittura lo stesso giorno dello sciopero, con l'obiettivo di diminuirne la portata sull'opinione pubblica. Non ce l'ha fatta, per la battaglia condotta dall'opposizione, che è riuscita a far slittare il voto di 24 ore. Una cosa è però riuscita alla Cdl, come hanno rilevato tutti i dirigenti sindacali, commentando il contenuto del provvedimento. Ad inserirvi misure contro i lavoratori. Al Senato si era tentato il colpo gobbo. Far entrare da questo spiraglio del decreto, in modo surrettizio, le norme sull'art.18 contenuto nel ddl delega sul mercato del lavoro e contro le quali i lavoratori italiani hanno martedi scioperato in maniera così massiccia. Non ci sono riusciti per la vigile attenzione dell'opposizione, che ha sventato la manovra, di cui si era fatto promotore il relatore, Roberto Salerno di An (che, pescato sul fatto, ritirò l'emendamento). Un colpo però, ai diritti dei lavoratori dal nero sono riusciti a piazzarlo. Quelli che aderiscono al «programma di emersione -recita il comma 7 dell'art.3- sono esclusi, per il periodo antecedente (quand'erano in nero ndr) e per il triennio di emersione, dal computo dei limiti numerici di unità del personale previsti da leggi, contratti collettivi di lavoro ai fini dell'applicazione di specifiche normative e istituti» ad eccezione delle disposizioni in materia di licenziamenti. In parole povere, per questi lavoratori non vige né lo Statuto dei lavoratori (si fa eccezione per l'art.18, perché non ci sono riusciti) né tutte le altre norme derivate dai contratti o istituti conquistati in questi anni, tra cui la disciplina sulle attività sindacali, come permessi sindacali, assemblee, trasferimenti e altre tutele e garanzie come quelle sul collocamento obbligatorio dei disabili. Aveva ragione Massimo D'Alema, il giorno prima a parlare di «schiaffoni» ai lavoratori e ai sindacati e Cofferati di macigno sulla strada della possibile ripresa del dialogo esecutivo-sindacati e aveva ragione mercoledì, Saverio Pezzotta a considerare come un «cattivo inizio di dialogo firmare il decreto dove sui pensa di superare, per le aziende che emergono, lo Statuto dei lavoratori e non averne discusso con nessuno» e ancora Coffertati di «provocazione». La fiducia non è servita però solo a far passare queste norme e a cercare di dare un po' di dilazione ai 100 giorni berlusconiani. Di fronte agli oltre 90 voti che la maggioranza ha in più alla Camera «il voto di fiducia - ha affermato Fassino rivolgendosi a Fini e Tremonti, che, piuttosto neri in volto, davano segni di fastidio, seduti al banco del governo - serve a coprire la vostra politica fallimentare». «Non riuscite - ha aggiunto - a raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissati e state arrecando un danno nefasto all'Italia». «Questo voto - ha incalzato - copre la debolezza di un provvedimento fallimentare; era molto importante per voi perché avete affidato a queste misure la possibilità di dimostrare la capacità di sbloccare l'economia italiana, una cartina di tornasole per il governo. Tutto questo non è avvenuto sia per il rientro dei capitali sia per l'emersione del lavoro nero, un vero fallimento». «Per il prima volta - ha concluso - dopo 5 anni il deficit di bilancio è al 2% del Pil e Tremonti ha dovuto presentare una manovra correttiva, anche se non ha avuto il coraggio di chiamarla così». Per il segretario del PcdI, Oliviero Diliberto la fiducia è il segno distintivo di «un governo della sopraffazione sociale». Per Fausto Bertinotti, la misura di un governo che sta sbagliando l'analisi dello stato del Paese e delle forze in campo. Ulivo-Rifondazione, l’unità d’azione è realtà: ostruzionismo e referendumdi Simone ColliniÈ durata appena un’ora ma a nessuno è sfuggito il suo profondo significato politico. Perché era la prima volta che accadeva. Perché veniva a cadere proprio il giorno dopo lo sciopero generale. E perché in quei sessanta minuti sono state prese importanti decisioni.Si è svolta ieri a Roma la prima riunione unitaria delle opposizioni. Deputati dell’Ulivo e di Rifondazione comunista che insieme al segretario del Prc Fausto Bertinotti e ai leader delle forze del centrosinistra (Rutelli, Fassino, Boselli, Rizzo, Mastella e Pecoraro Scanio) hanno messo a punto un programma per realizzare un’efficace opposizione alle politiche della maggioranza di governo. È stato deciso, in generale, di stipulare un «patto di consultazione» tra Ulivo e Prc e, più in particolare, di procedere con l’ostruzionismo in Parlamento sull’articolo 18 e di approvare un pacchetto di referendum che riguardano questioni sociali, legalità e ambiente.Soddisfazione per gli esiti dell’incontro è stato espresso da Luciano Violante (Ds) come da Alfonso Gianni (Rifondazione), da Enrico Letta (Margherita) come da Marco Rizzo (Comunisti italiani) e Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi). Ha avanzato qualche riserva Ugo Intini, dello Sdi; a suo giudizio «all’assemblea non si è deciso nulla» e ha espresso perplessità sulla proposta di procedere con l’ostruzionismo sull’articolo 18; in linea di massima ha però affermato di guardare positivamente ad un’alleanza tra quella che ha definito la «sinistra riformista» e la «sinistra massimalista».Il bilancio, al termine dell’incontro, è ampiamente positivo, tanto da far prevedere un’analoga iniziativa dei senatori e, già per la prossima settimana, una riunione a livello di presidenza dei gruppi. A preannunciarlo è lo stesso Violante, che insieme a Castagnetti, Boato e Giordano era ieri al tavolo della presidenza. È entusiasta il capogruppo della Quercia alla Camera. «Berlusconi è riuscito nel miracolo di ricompattare i sindacati, unire la sinistra, riavvicinare l’Ulivo a Rifondazione e dividere la Confindustria. Troppa grazia!». Ironia a parte, Violante sottolina il «significato politico» dell’appuntamento: «Il fatto che le opposizioni in Parlamento si riuniscano il giorno dopo lo sciopero lo dimostra. È questo un segnale di avvio dell’unità di azione nei termini che via via decideremo». In perfetta sintonia Fausto Bertinotti, che sottolinea il legame tra l’iniziativa e lo sciopero generale: «Oggi le opposizioni rispondono a quella straordinaria mobilitazione di massa». La «convergenza», riferisce il segretario del Prc, «cammina su due gambe»: «Da un lato la radicalizzazione della lotta nelle istituzioni, nel Parlamento, contro le scelte del governo, con l’ostruzionismo; dall’altra con la sollecitazione alle forze politiche dell’opposizione per costruire un pacchetto di referendum con le quali battere il governo su questo terreno». Su quest’ultimo punto, mette in guardia contro i rischi di una moltiplicazione di referendum Marco Rizzo, capogruppo alla Camera dei Comunisti italiani: «Quello sull’articolo 18 si può vincere e segnare una sconfitta del governo; bisogna però considerare attentamente gli altri, vedere bene quelli che determinano il massimo di unità al nostro interno e il più ampio consenso nella società».Si aspettava forse qualcosa di più, o forse qualcosa di diverso Rosy Bindi, della Margherita, che sul finire dell’incontro si è rivolta ai membri del tavolo della presidenza per chiedere se e per quando è previsto il prossimo appuntamento. Quello di ieri, ha infatti lamentato, è stato di carattere politico e non tecnico, come si aspettava. Violante l’ha rassicurata rispondendo: «L’iniziativa di oggi è solo un primo passo e ha un segno dichiaratamente politico, anche per rispondere alla straordinaria mobilitazione di ieri. Altre - ha annunciato - ne seguiranno entro breve». Nedo Canetti da l'Unità - 18 aprile 2002 


       



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