15 Settembre, 2002
Don Luisito Bianchi: Quella regola ignorata
«Chi vive in condizioni di povertà ha diritto ad attingere ai beni ecclesiastici»
di Luisito Bianchi (nato a Vescovato - Cr, attualmente svolge funzione di
cappellano presso il Monastero di Viboldone (Mi). Ha scritto numerosi libri tra
cui La messa dell’uomo disarmato, opera di altissimo valore artistico e
civile)
Ebbi la fortuna - ma sarebbe meglio dire la grazia - d’avere, nella mia
crescita di ragazzo e di giovane, un arciprete manzoniano. Non ne parlo,
perché, solo a nominarlo, mi si aprono davanti strade fra campi e filari di
gelsi ben ordinati in tutte le loro stagioni, e la mia penna vi scorrerebbe
dentro con tutta la dolcezza d’un campo arato e seminato. Intendo solo
ricordare che il mio arciprete amava, conosceva e citava il Manzoni con la
confidenza e il rispetto che ha un discepolo per il suo maestro. Un po’ di
questo suo amore riuscì a trasmetterlo anche a me quando, nei nostri incontri,
io in silenzio e lui felice di poter trasmettere, mi faceva osservare la
densità linguistica o psicologica di certi particolari e mi raccomandava la
pazienza di fermarcisi sopra, che ne avrei tratto sempre un supplemento di
bellezza.
Beh, l’ho presa un po’ alla larga per approdare a uno di questi particolari
che m’erano sempre scivolati via nell’ampio fluire del cap. XXII (“Opere e
giorni del cardinale Federico Borromeo”) e che, dal momento dell’impatto con
esso, m’è diventato punto di riferimento per far rivivere in me secoli e
secoli di storia della Chiesa, quasi a dimostrazione della verità di quanto l’anonimo
secentesco scriveva: «L’historia si può veramente definire una guerra
illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi
prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li richiama in vita, li passa in rassegna
e li schiera di nuovo in battaglia». Ma ecco il particolare che reputo di tanto
significato. Al capoverso riguardante la preoccupazione costante del Cardinale
«di non prender per sé, delle ricchezze, del tempo, delle cure, di tutto se
stesso insomma, se non quanto fosse strettamente necessario» il Manzoni sceglie
un’esemplificazione di vastissimo contenuto storico in poche righe, attuale
come nessun’altra, per gli interrogativi che pone oggi. Continua dunque il
testo: «Diceva, come dicono tutti, che le rendite ecclesiastiche sono
patrimonio dei poveri». Basterebbe questo accostamento fra beni ecclesiastici e
patrimonio dei poveri per interrogarci sul significato che oggi hanno i due
termini e, nel caso che lo avessero, sul senso del loro accostamento. Si sa che
il Manzoni non fa mai un’affermazione storica che non sia documentabile.
Limitandosi alla figura del cardinale Federico, la dimensione storica la
sostiene con un solo verbo, ma prima all’imperfetto e poi al presente:
«Diceva» (ed è l’imperfetto che rimanda all’inizio del 1600), «come
tutti dicono» (ed è l’oggi dell’edizione definitiva de I Promessi Sposi,
più di due secoli dopo).
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