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 Politica

15 Settembre, 2002
'Il mafioso Bontade andava da Berlusconi'
di Saverio Lodato - da www.unita.it

'Il mafioso Bontade andava da Berlusconi'
di Saverio Lodato da www.unita.it

Il primo siluro arriva alle cinque della sera, quando ormai l'udienza sembrava filare liscia, priva di colpi di scena, con lo schermo e i microfoni aperti che facevano rimbalzare in aula la voce caramellosa e quasi soporifera del «pentito della montagna», nascosto - come dicono i tecnici del settore - in "località remota".
A una domanda lapidaria del pubblico ministero Antonio Ingroia su Marcello Dell'Utri, Nino Giuffrè ha dato fuoco alle polveri. Ha definito il senatore di Forza Italia «persona molto vicina a Cosa Nostra e nello stesso tempo un ottimo referente di Silvio Berlusconi. Ed era considerato, il senatore Dell'Utri, persona seria e affidabile».
Ma in che senso, ha approfondito il pubblico ministero, "seria e affidabile"? E Giuffrè , di rimando: «una persona in grado di mantenere gli impegni che si prendevano con noi prima delle elezioni e di portarli avanti».
Il secondo siluro, altrettanto devastante, arriva attorno alle 18 e trenta. E questa volta su domanda del pubblico ministero, Domenico Gozzo : «Quando Vittorio Mangano venne assunto nella villa di Arcore, il boss Stefano Bontade e altre persone a lui vicine, con la scusa di andare da Mangano, si incontravano con Berlusconi…lo seppi da Michele Greco, all'inizio degli anni '80, quando mi occupavo personalmente della sua latitanza».
Si assisteva così a un brusco cambiamento del clima processuale della giornata. In mattinata si era visto il Dell' Utri scherzoso e loquace, in serata il Dell'Utri corrucciato e taciturno. In mattinata, il politico, l'ideologo di Forza Italia, il senatore di un movimento forte di maggioranze assolute che discetta su i grandi temi della politica. In serata, l'imputato costretto, suo malgrado, a scendere negli "Inferi" del suo processo, processo per mafia, processo comunque antipatico.
Sia come sia, Dell' Utri - lo riferiamo per dovere di cronaca- non si toglie dalla testa il martirio di Socrate, considera Platone il filosofo che ha scritto, sul processo che lo riguarda - non quello a Socrate - , le pagine più efficaci della sua carriera, e forse si va inesorabilmente convincendo che se Borges fosse ancora vivo, nella sua "Storia universale dell'infamia" aggiungerebbe un capitolo interamente dedicato alle sue vicissitudini giudiziarie.
Celiando celiando, ma non troppo, Dell' Utri aveva così iniziato questo 2003 proponendo ai giudici che si preparano alle inaugurazioni dell'anno giudiziario, di tenere in bella vista il "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria, piuttosto che la Costituzione.
Mattinata dunque destinata a testi sacri e sacri testi di riferimento, con un preciso segnale però destinato al "volgo": «Sono contrario al 41 bis se diventa una tortura… Molte persone sono state vittime del regime carcerario e fra questi Vittorio Mangano, che è stato torturato ed è morto in carcere». A chi gli faceva notare che Berlusconi si è espresso a favore del 41 bis, Dell'Utri ha replicato duro: «Io non sono d'accordo, e ricordo che la tortura è stata abolita».
Se è lecita una considerazione del cronista sulle tante interpretazioni vigenti dell' immunità parlamentare: viviamo in un paese curioso, dove le forze dell' ordine scatenano la caccia a chi esibisce allo Stadio uno striscione contro il 41 bis, ma se un senatore in doppiopetto blu, con cravatta in tinta, - e che è pur sempre un imputato - afferma che nelle patrie galere un detenuto è stato "torturato e ucciso", le forze dell'ordine presenti in aula non possono far altro che lasciarselo scappare… Ma torniamo all'udienza.
Dicevamo che è stato al pomeriggio che il termometro ha iniziato a segnare tempesta. E ancora una volta, banco di prova, il rapporto fra mafia e politica. Un crescendo spiegato da Giuffrè alla sua maniera: concetti pesanti ed espressioni verbali apparentemente sbarazzine. Prima fu la Dc. Poi fu il Psi. Infine Forza Italia. I ripetuti passaggi di consegne sono già stati oggetto di altre deposizioni del «mafioso della montagna». Ma ora viene finalmente spiegato che il passaggio dalla Dc al Psi venne considerato un "errore", successivamente addebitato dai boss di Cosa Nostra proprio a Totò Riina.
È così che entra in scena Provenzano: «Si riceveva più che un ordine, un consiglio a votare per Forza Italia, e su questo siamo perfettamente in sintonia perché ci siamo mossi tutti su questa scia, su questi consigli che ci sono stati dati da Provenzano…che ha cercato di trovare sbocchi politici».
Ma ormai non basta più battere sull' eterno tasto di Forza Italia "astro nascente" della politica italiana, e sulle conseguenti "attesa e fiducia" di Cosa Nostra. I processi si fanno a singole persone. Dell' Utri, per esempio. E incalzato dalle domande dei pubblici ministeri, ma anche da quelle del presidente del Tribunale, Leonardo Guarnotta, Giuffrè scende nei particolari. «Noi abbiamo fatto incontri e riunioni appositamente…». Voi chi? «Provenzano, io, Pietro Aglieri, Benedetto Spera, Carlo Greco…per discutere e valutare come ci dovevamo comportare…Fin quando il Provenzano stesso, ci ha detto che ci trovavamo in buone mani e ci dovevamo fidare… anche del senatore Dell' Utri». Precisazione di Ingroia: «che però nel 1994 non era ancora senatore». Riprende Giuffrè: «E per la prima volta Provenzano esce allo scoperto, assumendosi responsabilità precise. E per la prima volta ci dà queste assicurazioni e ci mettiamo in cammino, per esplicitare, dentro e fuori Cosa Nostra, questo nostro discorso di Forza Italia». A questo punto è la bagarre. Il collegio dei difensori di Dell'Utri insorge. Si scatena "la querelle dei verbali". In un verbale, Giuffrè non era stato così tranciante sul ruolo e sulla figura di Dell' Utri. E a che servono allora i centottanta giorni? Ma - replica l'accusa- ci sono stati altri interrogatori, altri verbali. Di conseguenza il quadro oggi può emergere in maniera più esauriente. Gli avvocati non ci stanno. Che intende il collaboratore quando parla di "garanzie" e di "affidabilità"? Garanzie e affidabilità per chi? In seguito a quali dimostrazioni fornite a Cosa Nostra? Il presidente ricorda che il dibattimento deve pur servire a qualcosa.
D'altra parte, se non si dovesse far altro che ripetere pappagallescamente quanto si è sostenuto durante gli interrogatori, i processi si potrebbero svolgere per corrispondenza. Le parole di Giuffrè vengono così passate alla moviola. E va dato atto al senatore Dell' Utri di avere schierato in campo un'ottima squadra di difensori: dall' avvocato Enzo Trantino all' avvocato Roberto Tricoli, all'avvocato Giuseppe Di Peri.
Ma Giuffrè non arretra: «nel momento in cui Provenzano si è assunto le sue responsabilità, ciò significava che aveva avuto garanzie e per questo ci siamo messi al lavoro con Forza Italia…». Ma neanche gli avvocati desistono. E ancora: «garanzie di che?». E Giuffrè: «quando dico garanzie faccio riferimento agli ergastoli, al problema rappresentato dai collaboratori di giustizia, ai sequestri dei beni, al 41 bis…E credo di essermi spiegato».
Ma perché proprio Dell' Utri? E Giuffrè ha anche indicato nel costruttore palermitano Jenna e nel finanziere Berruti altri canali per raggiungere Arcore. Quanto a Dell' Utri, risponde : «Nell' ultimo periodo, prima di prendere la decisione finale di appoggiare questo movimento, Provenzano, Aglieri e Carlo Greco erano ormai a conoscenza che il senatore Dell' Utri era uno dei personaggi più importanti che stavano portando avanti il discorso di Forza Italia».
In che senso "portando avanti"?
Giuffrè: «Dell'Utri era uno dei coordinatori del nascente movimento, ed essendo palermitano gli stava molto a cuore che questo movimento si radicasse in Sicilia…».
Altra domanda al vetriolo dei pm: «Cosa le disse Giovanni Brusca di Marcello Dell'Utri»?
«Fra noi bastano poche parole. Basta una semplice parola: "persona affidabile". Questo mi disse Brusca. E il discorso fu chiuso».
In serata, Dell'Utri si è detto "scandalizzato" di fronte a un interrogatorio dal quale è emerso molto di più di quanto non fosse emerso negli interrogatori precedenti. E ha aggiunto: «c'è un mutamento che mi lascia inquieto.
Giuffrènon aveva neppure dichiarato il mio nome (dai verbali risulta il contrario n.d.r.). Ho assistito a qualcosa di molto strano, le sue ricostruzioni possono essere fatte da chiunque».
Quanto a "garanzie e affidabilità", l'esponente di Forza Italia si difende che furono semmai governi di centrosinistra a manifestarsi morbidi nei confronti della mafia. Tralascia infine le elezioni del 1994, per riferirsi invece alle europee del 1999: «in Sicilia ho preso pochi voti. A Caccamo, paese di Giuffrè, ho avuto solo 30 preferenze. In Sicilia Orlando ha avuto 80 mila voti, Enzo Bianco 100 mila. Spero di non trovarmi a Pasqua con nuove dichiarazioni di Giuffrè».
Sarà invece l'avvocato Nicolò Ghedini, in serata, a scendere in campo a difesa di Berlusconi «che non ha mai avuto alcun contatto, diretto o indiretto, tramite il senatore Dell'Utri, con soggetti mafiosi».
E dire che il mafioso, Vittorio Mangano, ad Arcore ci abitava. Lo avevano in casa.

 


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