15 Settembre, 2002
Corte de Frati, breve storia e curiosità
Corte de’ Frati nella terra di confine di proprietà dei Frati Umiliati
Corte
de’ Frati nella terra di confine di proprietà dei Frati Umiliati
Ricerche
paleontologiche e toponomastica: ecco a cosa si può ricorrere per avere tracce
delle origini di una comunità, per i secoli in cui le fonti scritte non
esistono o tacciono. E le tracce indicano che le rive dell’Oglio, ai tempi
delle foreste e delle paludi imperanti, erano strade per le popolazioni
migranti, prima e dopo la stagione dei Romani, che segnarono di insediamenti il
corso dell’Oglio e le zone limitrofe.
Si
hanno le prime notizie di un insediamento nel luogo dell’attuale Corte de’
Frati solo nel secolo IX; si chiama già “Corte” ma “di Zeni”, essendo nel feudo
della famiglia Zeni. Ma don Dante Bonometti avverte, citando il Rerum
italicarum gestae del Muratori: «per corte nelle antiche carte alle volte
si intesero non pur vasti poderi, una parrocchia od una pieve, ma ben anche un
castello od una piccola fortezza»; Corte de’ Zeni non era necessariamente un
popoloso o esteso borgo. Ma avrà un castello; la fortificazione era divenuta
una necessità su quella striscia di terra di confine, segnato dal fiume, nelle
mire di opposti casati bresciani e cremonesi, in obbedienza o in contrasto con
gli imperi vincenti, una contesa che segnerà i secoli a venire.
Il
nome Corte d’ Frati presumibilmente risale al secolo XIII quando i fondi
precedentemente appartenuti ai Benedettini passano di proprietà ai Frati
Umiliati, ordine nato sotto il pontificato di Innocenzo III e soppresso nella
seconda metà del 1500. Ma nei secoli delle guerre d’impero il nome del paese
non sarà annotato per mettere in luce pie storie; saranno piuttosto fatti di
armi ad essere ricordati, come ad esempio una battaglia fra “spagnoli” e
“tedeschi” nel 1521, con il cardinale Giulio de’ Medici, il futuro papa
Clemente VII, alloggiato a Casalmaggiore. Le cronache parlano di 200 uomini
uccisi sul campo di battaglia.
E
mentre le terre passava di mano in mano tra le signorie dei feudi o, come nel
caso di Corte de’ Frati, tra ordini religiosi o poteri ecclesiali, nulla cambia
nella miseria delle popolazioni, una miseria che sarà più nera quando
sopraggiunge anche la peste del 1630 che proprio in quelle condizioni trova
terreno fertile. Citiamo la Storia di Corte de’ Frati di don Dante
Bonomelli: «Dal registro dell’archivio parrocchiale di Corte de’ Frati
risultano 253 morti: numero molto alto se si pensa che la parrocchia non arriva
a quell’epoca ai mille abitanti. […] Il
numero dei morti pose la parrocchia nella necessità di costruire un nuovo
cimitero. Fino a quell’epoca i cadaveri si seppellivano vicino alla chiesa e
precisamente nell’orto del parroco (l’attuale cortile e l’area occupata dal
teatro). I bambini si seppellivano in un luogo appartato, molto probabilmente
dove sorge ora il coro della chiesa. Dal registro dei morti appare che in
chiesa avevano il loro sepolcro privato: il Clero, le Compagnie del Rosario e
S.S. Sacramento, e le famiglie Zaniboni e Casali.
Il nuovo cimitero detto Baldovino fu costruito nel campo omonimo, sulla strada
che conduce alla frazione Noci.»
I
secoli dell’epoca moderna avevano portato sviluppo e benessere anche per Corte
de’ Frati. Ma questa carta topografica della morte per miseria non può e non
deve essere cancellata dalla memoria.
L’antico ponte di Grumone
«Lo
storico Cavitelli, come il Campi e il Robolotti, osservano che nel 1208 il
podestà di Cremona Assagito Sannazzaro fece gettare un ponte presso Grumone,
così i Cremonesi per il trasporto delle merci non avrebbero più versato ai
Bresciani il così detto pedaggio imposto a chi si serviva del vicino ponte di
Pontevico. Questo fatto non solo era una lesione dei diritti concessi dal
famoso decreto di Corrado II, ma fece nascere anche il sospetto che i Cremonesi
avrebbero usato del ponte di Grumone, incustodito, per le loro scorrerie nel Bresciano.
Prima del 1213 i Bresciani, siccome erano impegnati a sedare lotte interne, non
trovarono il tempo d’impedire la costruzione di quel ponte o di tagliarlo; ma
appena ritornata la pace interna si affrettarono a far sapere ai Cremonesi che
quel passaggio bisognava distruggerlo perché costruito sopra terra bresciana. E
in data 7 ottobre 1215, in
adunanza tenuta presso il ponte tra Bresciani e Cremonesi, questi ultimi a nome
del comune di Cremona giurarono solennemente che il ponte sarebbe stato
abbattuto. Praticamente non venne distrutto subito, perché fin d’allora i patti
erano giuochi dettati dalla paura, erano imposture redatte in forma solenne.
Per questo e per antichi odii mai spenti, nel luglio 1228, mentre era podestà
di Cremona Bernardo Rossi da Parma, ad Alfiano avvenne uno scontro armato tra
bresciani e cremonesi, e stando a ciò che racconta il Cavriolo i Cremonesi
ebbero la peggio e rimasero quasi tutti morti, e il resto fatti prigionieri.
Infatti scrive il Robolotti che ad Alfiano esiste un campo chiamato “degli
ossi”, dove ancor oggi scavando profondamente si trovano resti umani. Il
Malvezzi dice che più di 600 furono i prigionieri e più di 200 perirono nelle
acque del fiume. La “Cronaca
di San Pietro” tra i morti ricorda un certo Conte Baldovino. Questo nome fa
pensare ad un abitante di Corte de’ Frati o ad un Signore che qui aveva dei
possedimenti. Infatti l’attuale Via Manzoni è sempre ricordata sotto il nome di
via Baldovino, e il campo situato di fronte alla cascina “Paradiso”, ora di proprietà
Gazzina Silvio, ab antiquo chiamavasi “Baldovino”.
Bresciani e Cremonesi dopo questa guerra non ebbero il tempo di riprendere le
ostilità perché nel 1237 le terre furono occupate dall’esercito di Federico II,
disceso con i suoi Alemanni, Pugliesi, Siciliani, Saraceni, cui si aggiunsero i
Cremonesi, deciso a lavare l’onta toccata a Legnano al suo avo Federico
Barbarossa. L’esercito dei collegati accorse per salvare i passi e i ponti
sull’Oglio. Federico, accampato presso Pontevico, s’accorse che non era impresa
facile la sua e pensò di temporeggiare, facendo parate secondo lo stile e lo
sfarzo orientale. Si avanzava però una stagione poco buona e l’impresa
diventava sempre più difficile. Le continue piogge del novembre e i disagi suggerirono a Federico lo stratagemma. Fece correre
la voce che a causa della stanchezza dei soldati si sarebbe ritirato e per
questo finse di licenziare le milizie ausiliarie. Diffusa questa notizia,
l’esercito dei collegati ritirò le tende per portarsi nei quartieri d’inverno.
Non appena Federico seppe queste nuove, richiamò gli ausiliari, passò il ponte
ad Alfiano, inseguì l’esercito della Lega e presso Corte Nova i Milanesi con
gli alleati ebbero la
peggio. L’Imperatore poté così entrare trionfalmente in
Cremona.»
Fonte:
Storia di Corte de’ Frati di don Dante Bonometti
(sito.rup.cr.it/comune.cortedefrati)
Le bachi da seta e le
“scampagnate” di San Damaso
«Nel mese di
maggio, al tempo dei bachi da seta, il piccolo santuario di S. Damaso diveniva
la meta di tante scampagnate. La gente giungeva qui dalle cascine
circostanti, dai paesi vicini e persino dalla città, a piedi, su carri,
qualcuno in bicicletta. Il santuario era sempre aperto, custodito dalla
moglie del sagrestano di Alfiano.
Tutti
i giorni arrivavano molte persone e con tanta fede recitavano il Rosario ed
altre preghiere. Le più assidue erano le donne, che qui si recavano con
uno scopo ben preciso: far benedire la “foglia”.
Per arrivare al
santuario si passava attraverso la campagna, dove crescevano tanti gelsi. Le donne,
passando vicino ad essi, strappavano un po’ di foglie, le avvolgevano in un
fazzoletto e facevano un fagottino che portavano fino alla chiesetta, come se
fosse un tesoro. Qui giunte consegnavano il fagottino al sagrestano, o a
sua moglie, per la benedizione. Egli prendeva l’involto, lo infilava in
una canna di bambù e con esso tracciava una croce sul vetro che copriva la
nicchia del Santo (el Santarél): la “foglia” era benedetta. Queste
foglie venivano poi portate a casa, tagliate e distribuite ai bachi, affinché
producessero tanti bozzoli. Dopo la benedizione ognuno metteva la propria
offerta al di là della cancellata.
La foglia da benedire, secondo la tradizione doveva essere “rubata”, ricordiamo
che tutti i gelsi erano di proprietà di chi possedeva anche i campi, quindi di
poche persone; inoltre era sicuramente più comodo cogliere le foglie dai gelsi
che si incontravano lungo la via, piuttosto che strapparle alle piante del
padrone per il quale si allevavano i bachi. Era comunque credenza che, se la fogli
non fosse stata “rubata”, i bachi sarebbero andati a male. I proprietari
dei campi attraversati facevano “scappare” la gente che rubava la foglia,
perché, se è vero che ne veniva preso solo un fagottino, è vero che le persone
erano tante, così i gelsi, o almeno i rami più bassi di essi, venivano privati
anzitempo del fogliame.
“In quei giorni –
racconta un testimone – io e mio fratello andavamo con la carriola a vendere
frutta e gelati. Quanta gente c’era!”
I gelati
costavano 20 centesimi al cono, le granite 20 centesimi al bicchiere. Alcune
persone facevano toccare alla statua fazzoletti, poi li portavano a casa e li
consegnavano agli ammalati dicendo: “To, mètel so che lòo fat tucàa a San
Dàmes e tèe pàsa toti i màai!”.
Dopo la
benedizione la gente andava a far merenda sui prati, o lungo le rive dei fossi;
era una campagna meravigliosa! Lo spuntino era a base di uova sode, torte,
bussolani e vino.
Qualcuno portava con sé una fisarmonica, e via coi canti. Più tardi le
comitive si recavano al “platano” di Grumone (al platemòon). […]
Ricordi,
ricordi...
In:
La Chiesa di San Damaso, di Mario Calvi
(sito.rup.cr.it/comune.cortedefrati)
Altre curiosità
Storia:
Il centro è abitato fin dai tempi antichi. Alle popolazioni primitive si
sostituirono ben presto i romani, che potevano contare su una fitta rete di
insediamenti lungo l'Oglio. Le prime documentazioni relative a Corte de' Frati
risalgono all'epoca longobarda, quando il suo nome e citato Ira i possedimenti
del monastero di Santa Giulia di Brescia. La posizione al confine con il
bresciano fu determinante per il borgo, spesso coinvolto nelle cruente lotte
per il dominio delle sponde del fiume. Fu prima corte regia degli Umiliati di
S. Abbondio in Cremona e dopo la soppressione di quell' ordine monastico, ne11571,
venne in parte concesso ai teatini. Nel 648, per bloccare l'assalto Francese a
Cremona, fu costruita una trincea di dieci miglia che partendo giungeva fino
alle sponde dell ' Oglio. I Francesi riuscrono a varcarla proprio nei pressi di
Grumone, dove ancora oggi sono visibili alcuni resti della fortificazione.
Arte:
La parrocchia intitolata ai Santi Filippo e Giacomo fu edificata ne11683, ma
sub! interventi successivi. Nel 1866 la chiesa venne ampliata a scapito del
vicino oratorio di S. Rocco. All'interno sono presenti altari neoclassici
intagliati. In località Grumone è
situata Villa Manna Roncadelli. La costruzione ha una facciata particolare, decorata da due ordini di logge
in stili contrastanti.
I
patroni Filippo e Giacomo vengono festeggiati la prima Domenica di
Maggio, la prima
Domenica di Ottobre si tiene la sagra della Madonna del
Rosario.
Il 25 Aprile 1945 a Corte de' Frati
La
prima attività svolta dai Patrioti di questo Comune risale al periodo
clandestino, estate 1944 - primavera 1945, col formarsi di un piccolo gruppo di
cospiratori costituenti poi il locale Comitato di Liberazione Nazionale.
Circa
una settimana avanti il 25 aprile il detto Comitato impartisce i primi ordini e
sceglie i primi uomini (Sapisti) incaricati del ricupero di tutte le armi
possibili e del servizio informativo.
25
aprile
Si
ha la netta impressione di essere alla grande vigilia; riunione quindi del
C.L.N. e col gruppo dei Volontari della Libertà, guidati dall'appuntato dei
Carabinieri sig. Angelo Ronchi.
Primo
atto: assalto alla Caserma della guardia repubblicana fascista a Robecco
d'Oglio, con il precipuo compito di asportare tutte le armi in essa depositate.
L'operazione riesce, favorita dalla sorpresa, si penetra, s'immobilizzano i
militi, si asportano le armi (una quindicina fra moschetti e pistole) e tutte
le munizioni.
E'
ordinato un servizio di staffetta per i collegamenti. Gruppi armati vigilano
dalla campagna le maggiori strade. Si sa che in paese, durante la giornata, si
sono accantonati una sessantina di militari tedeschi armatissimi, la cui
presenza preoccupa la
popolazione. I germanici vengono infatti fatti alloggiare
presso la cascina del sig. Gazzina Silvio.
Bisogna
procedere con precauzione estrema.
26
aprile
Si
constata immediatamente che le poche armi in possesso dei primi Patrioti sono
insufficienti. Nuovi volontari della libertà si presentano. E' tutta la
gioventù del paese, la quale chiede che i sessanta nemici vengano disarmati.
Primi
approcci. Membri del C.L.N., accompagnati da coraggiosi elementi tra cui un
interprete, si mettono in rapporto con il Comandante tedesco chiedendo la
cessione delle armi. Il colloquio è prolungato e drammatico, e lusinghe e
minacce sembrano in un primo tempo fallire poi l'esito lusinghiero; un
ufficiale austriaco convince alla resa il superiore comandante germanico. Armi
e munizioni vengono immediatamente distribuite alla gioventù. Tutti i Patrioti
armati si uniscono ai primi nuclei della S.A.P. in attesa di ordini. Questi
vengono impartiti. Occupazione del palazzo Comunale. Si inalbera sulla torre la
bandiera a significare che il paese è ormai in possesso dei Patrioti.
Parola
d'ordine: disarmare i piccoli gruppi; non disturbare le colonne numerose o
comunque nemici in possesso di autoblinde, cannoni, ecc. Non è possibile qui
enumerare le azioni di disarmo e segnalare nominativi. Giovani di
diciassett'anni vanno a gara con i maggiori nel costringere alla resa i
tedeschi.
Anche
le colonne di autocarri con qualche blindato, sono ad un certo punto fatte
bersaglio di una insistente sparatoria. Il nemico fuggente attraverso il paese,
investe le case con raffiche di mitragliatrici e lanci di bombe. Eppure una
sola donna ferita: certa Giani Rossi Luigia. Risulta sicuro che dopo la curva
stradale verso Robecco alcuni autocarri nemici hanno dovuto sostare per la
medicazione di feriti particolarmente gravi. Qui, nel teritorio del paese hanno
lasciato un morto, successivamente trasportato in quel di Levata (Grontardo).
Da
parte nostra un ferito in un'azione contro un cascinale dove si erano rinchiusi
alcuni soldati tedeschi. Il fatto si è precisamente così svolto: nel pomeriggio
del 26 il Comando di Robecco d'Oglio chiede rinforzi onde far fronte a diversi
gruppi di tdeschi che non vogliono arrendersi e cercano di annidarsi nei
cascinali con evidenti scopi aggressivi.
Partono
cinque uomini armati di moschetto. A Salvaresco affrontano subito un gruppo
armatissimo di cinque tedeschi ai quali viene intimata la resa. I tedeschi aprono il
fuoco. Nell'azione che segue il nostro volontario della Libertà Arcari Angelo, viene
ferito da un proiettile all'avambraccio destro. I nemici però sono sopraffatti
e vengono disarmati. L'Arcari ricoverato all'Ospedale di Cremona ne viene
dimesso due mesi dopo guarito.
27
aprile: il giorno più cruciale
La
frazione di Aspice è occupata da circa cinquecento nemici, che postano ovunque
mitragliatrici e qualche cannone. Hanno la sensazione di essere in un villaggio
ostile e, forse per suggerimento di
una spia, frugano in ogni casa in cerca di partigiani e armi. Le case diventano
il loro selvaggio bivacco: spari ovunque, minacce, brutalità.
I
Patrioti frattanto si sono sparpagliati nella campagna circostante. E'
impartito l'ordine di non aprire assolutamente fuoco sulla colonna. I tedeschi
tentano far rappresaglia sugli abitanti inermi. Parecchi di questi si salvano
miracolosamente dalla fucilazione.
Verso
sera ecco giungere da Persichello verso Aspice un autocarro di Patrioti, con i
quali un Russo, che giunto al bivio per Levata coraggiosamente affronta, col
suo mitra, i numerosi nemici; ma l'arma si intoppa ed è sopraffatto; fatto
prigioniero, dopo breve interrogatorio, al quale risponde con poche sdegnose
parole, viene portato sul ciglio del fosso e vi stramazza fucilato.
Nella
sparatoria viene ferito un fittabile di Sospiro, di passaggio in vicinanza,
alla ricerca dei suoi cavalli. L'automezzo dei Patrioti di Persichello si
allontana con alcuni feriti. I nemici, frattanto, temendo l'arrivo di nuclei
più forti di patrioti, subito dopo l'assassinio del Russo, si adunano e fuggono
velocemente verso l'Oglio. I nostri prodigano le prime cure sanitarie ai feriti
e raccolgono la salma del Patriota Russo che viene successivamente avviata a
Cremona. Le squadre si ricompongono ai posti comandati e continua, senza incidenti,
il disarmo dei piccoli nuclei dei nemici, fino a sabato 28 aprile, quando cessa
definitivamente il loro passaggio.
--------------------------------------------------------------------------------
Il
racconto è tratto dal volume Monsignor Mario Bozzuffi di Carlo Pedretti, edito nel
1979 nella Collana Chiesa Locale Cremonese.
Amministrazione
Il municipio è sito in Via Roma, tel. 0372-93121
fax. 0372-93570. L'indirizzo
di posta elettronica è cortedefrati@libero.it.
Gli Amministratori del Comune di CORTE DE' FRATI
Sindaco (eletto nel 2005): AZZALI ROSOLINO
La Giunta:
CARLINO MASSIMO ARTURO
CREMASCHINI GIUSEPPE
FINETTI MAURIZIO
ROSSETTI GIUSEPPE
Il Consiglio:
ANNI ANGELO
BERTOLETTI LUIGI
BODINI ELENA
BUSANI LUCA
FARINA ROBERTO
GAZZINA ALDO
MORELLI ELIDIO
PEDERNESCHI ALESSANDRO
RAFFI DANIELE
VECCHIA CHIARA
Il
Territorio
Corte de` Frati (C.A.P. 26010) dista 14 chilometri da
Cremona, capoluogo della omonima provincia cui il comune appartiene.
Corte de` Frati conta 1.368 abitanti (Cortefratensi)
e ha una superficie di 20,3
chilometri quadrati per una densità abitativa di 67,39
abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 51 metri sopra il livello
del mare.
Cenni anagrafici: Il comune di Corte de` Frati ha
fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione pari a 1.395 abitanti.
Nel censimento del 2001 ha
fatto registrare una popolazione pari a 1.368 abitanti, mostrando quindi nel
decennio 1991 - 2001 una variazione percentuale di abitanti pari al -1,94%.
Gli abitanti sono distribuiti in 519 nuclei
familiari con una media per nucleo familiare di 2,64 componenti.
Cenni geografici: Il territorio del comune risulta
compreso tra i 35 e i 53
metri sul livello del mare.
L'escursione altimetrica complessiva risulta essere
pari a 18 metri.
Cenni occupazionali: Risultano insistere sul
territorio del comune 39 attività industriali con 407 addetti pari al 75,65%
della forza lavoro occupata, 16 attività di servizio con 34 addetti pari al
2,97% della forza lavoro occupata, altre 20 attività di servizio con 68 addetti
pari al 6,32% della forza lavoro occupata e 9 attività amministrative con 17
addetti pari al 3,72% della forza lavoro occupata.
Risultano occupati complessivamente 538 individui,
pari al 39,33% del numero complessivo di abitanti del comune.
Principali
attività economiche
ROTA GUIDO SRL
Via I° Maggio, 3 - 26010 CORTE DE' FRATI (CR) Italia
Tel. 0523/944128 - 0372/93119 - Fax: 0523/982866 -
0372/93424
e-mail: info@rotaguido.it www.rotaguido.it
Strutture metalliche, attrezzature zootecniche,
impianti asporta letame, impianti trattamento liquami, impianti biogas per
settore bovino, suino, bufalino, ovicaprino, equino, impianti
alimentazione, ventilazione,
riscaldamento per porcilaie.
CORRADI e GHISOLFI SNC
Via Don Mario Bozzuffi, 5 - 26010 CORTE DE'
FRATI (CR) Italia
Tel. 0372/93187 - Fax: 0372/930045
e-mail: corradi.ghisolfi@libero.it
Costruzione vasche stoccaggio liquami. Costruzione
digestori per produzione biogas. Costruzione di silos per stoccaggio mais e
biomasse.
Vivai Linea Giardino S.s.
Cascina S. Sillo, 1
Corte De' Frati (CR)
Witor’s
Witor's nasce nel 1959 e da allora è in continua
crescita, tant' è vero che ha raggiunto traguardi di tutto rispetto,
semplicemente grazie alle scelte del consumatore: nei cioccolatini oggi è la
terza marca in Italia, leader negli ovetti di cioccolato ed esporta una quota
consistente della sua produzione sul mercato internazionale.
Due stabilimenti :
CORTE DE' FRATI
specializzazione : praline
GORIZIA
specializzazione : tavolette
CORRADI & GHISOLFI SNC
26010 CORTE DE' FRATI
(CREMONA)
VIA DON M. BOZZUFFI, 5
Tel. 0372 93187
Fax 0372 930045
C.L.C. OOPERATIVA
LOMELLINA CEREALICOLTORI S.r.l.
26010 Corte Dè Frati
Via Don Bozzuffi, 8
Tel. (0372) 93561 Telefax: (0372) 93565
Email: pcombat@tin.it
Pasta industriale secca
Potenzialità: q.li 3.100
Dipendenti: n. 93
** materiale raccolto ed
organizzato da Gian Carlo
Storti, cremona 12 agosto 2006
 
|