15 Settembre, 2002
Decreto salva-calcio, tagli al Welfare. Montezemolo accusa: «Un paese così è poco serio»
di Bianca Di Giovanni e Maura Gualco da www.unita.it
Decreto salva-calcio, tagli al Welfare. Montezemolo accusa: «Un paese così è poco serio»
di Bianca Di Giovanni e Maura Gualco
da www.unita.it
«Il decreto salva-calcio è l’esatto opposto di quello che dovrebbe avvenire in un Paese serio». Così Luca Cordero di Montezemolo, presidente Ferrari nonché vicepresidente onorario del Bologna, torna ad esternare sulla classe dirigente italiana: e va all’attacco. L’aveva già fatto a inizio dicembre, facendo eco al presidente Carlo Azeglio Ciampi che chiedeva «più coraggio» agli imprenditori. Oggi parla di Paese «poco serio», ricalcando quel «Paese dei fichi d’India» gridato un anno fa da Gianni Agnelli quando Renato Ruggiero fu defenestrato.
Insomma, sembra proprio che il «pluridecorato» «golden boy» di Maranello (è anche presidente Fieg e vicepresidente della Fiera di Bologna) voglia ritagliarsi un ruolo da battitore libero, marcando le distanze dall’establishment attuale (e pensare che Berlusconi lo voleva ministro!). Non che sia una novità per un esponente del grande clan dei torinesi. Ma sicuramente il j’accuse suona da conferma dei malumori degli imprenditori sull’Italia del centrodestra, già usciti allo scoperto nel Nord-est. Secondo Montezemolo nel Paese «non ci sono più veri punti di riferimento» in una situazione di «litigiosità, continua contrapposizione e difficoltà a stare insieme sui grandi obiettivi prioritari del Paese».
Accanto a lui c’è Piero Gnudi, grand commis della Repubblica, già ai vertici Iri, oggi a quelli dell’Enel ed «in odore» di presidenza a Viale Mazzini (ipotesi circolata ma smentita), che non fa sconti ai ritardi italiani. L’Italia non ha più grandi campioni industriali, se non quelli pubblici come l’Enel. Ne hanno più di noi anche la Svezia e la piccola Svizzera, e questo significa che per l' Italia la globalizzazione «avrà costi pesanti», avverte. Il declino si paga, e a caro prezzo.
Tornando a Montezemolo, è sul salva-calcio che l’affondo è pesante. «Invece di premiare coloro che tengono i conti in ordine - dice - si trovano cavilli indecorosi per coprire le malefatte di una classe dirigente».
Insomma, al numero uno della Ferrari non va giù che ai bilanci «gonfiati» dei big del calcio siano concesse «scappatoie» a dir poco inconsuete. L’obbligo di ricapitalizzare una minusvalenza eccessiva è uno dei pilastri delle norme sulle società: se non lo si fa si portano i libri in tribunale. Invece ai club di serie A e serie B viene concesso di «rateizzare» la quota in 10 anni. Il fatto è che molti calciatori sono stati supervalutati nella spirale impazzita del calcio mercato. Bastava la cessione di una star per poter iscrivere a bilancio somme iperboliche, che restavano però solo scritte sulla carta. Un gioco al rialzo che oggi è finito e lascia sul tappeto una massa di minusvalenze.
Qui stanno le «malefatte» a cui si riferisce Montezemolo, che con un colpo di decreto vengono cancellate. La cosa brucia tanto più che alcuni club (tra cui il Bologna o il Chievo) hanno invece i conti in ordine anche grazie agli sforzi finanziari delle società.
La «scappatoia» non va giù neanche ad alcuni esponenti della maggioranza, come il leghista Giancarlo Pagliarini che parla di «emendamento Nutella». «Confesso che mi sono chiesto chi è quel genio che si è inventato questo strano principio contabile - scrive il parlamentare - Questo principio delle perdite del passato spalmate sugli anni futuri. È una cosa che non sta né in cielo né in terra e che ci farà ridere dietro da tutto il mondo. Anzi, da tutta la galassia. E se in futuro questo principio venisse applicato anche per la Fiat?».
A difendere il decreto il «solito» Franco Carraro che ripete il principio dell’una tantum: non si ripeterà. C’è da credergli, viste le revisioni successive dei provvedimenti di questo governo? E chi potrà negare una «ripetizione» dopo l’ok dato la prima volta?
Sta di fatto che il decreto è un favore ai disonesti. Stesso principio dei condoni, delle sanatorie, degli scudi fiscali, della cancellazione delle multe per le quote latte. È la filosofia del «liberi tutti» che sottende a tutti i provvedimenti studiati dal ministero dell’Economia. È «l’opposto di quello che dovrebbe avvenire in un Paese serio», come dice Montezemolo. Anche il «tombale» è un regalo agli evasori, con tanto di punizione per i contribuenti onesti (più controlli su chi non aderisce).
Montezemolo non l’ha notato, mentre Confindustria si è «blandamente» dichiarata contraria ai condoni («È cosa passata - ha dichiarato Antonio D’Amato nella sua ultima conferenza stampa - ora bisogna pensare alle pensioni»).
«Non toccheremo la spesa sociale, nessuna persona avrà un servizio in meno e la priorità per noi è chi sta peggio». Il sindaco di Roma Walter Veltroni, presentando il bilancio di previsione 2003, ha spiegato ciò che la giunta capitolina non intende toccare nonostante il taglio di risorse operato dal governo. Il comune ha, infatti, deciso di mantenere pressoché invariata la spesa corrente per i servizi ai cittadini, la raccolta dei rifiuti, la cultura, i trasporti, i servizi dei disabili e gli asili nido. E a fronte di una riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato e della Regione di 154 milioni di euro, Veltroni illustrando, nella Sala delle Bandiere del Campidoglio, la manovra finanziaria, ha spiegato come la sua giunta riuscirà ad affrontare le spese (passate dai 3145 milioni di euro del 2002 agli attuali 3270 milioni di euro).
Recupererà risorse attraverso la lotta all’evasione fiscale il cui introito corrisponde all’incirca a 57 milioni di euro. Ma l’aumento della base imponibile non sarà la sola fonte di risparmio. Entreranno nelle casse del comune 71 milioni da vari proventi dell’amministrazione, tra cui canoni e affitti, 43 dalle economie di gestione, che in altre parole vuol dire risparmio sulle spese dell’amministrazione comunale (una maggior razionalizzazione di spese legate al software). Risparmi necessari ai quali vanno aggiunti anche quelli legati alla diminuzione dei tassi di interesse sui prestiti. Insomma pur avendo meno denaro, il comune di Roma riuscirà non soltanto a non tagliare sulla spesa sociale ma a fornire altresì più servizi.
 
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