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15 Settembre, 2002
Myanmar, monaci buddisti ancora in piazza
I religiosi disobbedendo agli ordini hanno ripreso anche oggi il corteo di protesta a Yangon - Alla marcia pacifica contro il governo militare si sono uniti migliaia di civili

I monaci birmani sono tornati in piazza a Yangon, l'ex capitale del Myanmar (già Birmania), per l'ennesimo corteo di protesta che si è rapidamente trasformato in un fiume di folla fino a raggiungere un totale di almeno trentamila persone. I religiosi hanno iniziato la pacifica marcia contro la giunta militare al potere che da 45 anni governa col pugno di ferro Myanmar, disobbedendo agli ordini impartiti loro dalle gerarchia buddista ufficiale, controllata dal regime, affinché rientrassero nei rispettivi monasteri e cessassero di manifestare.

Ma come ormai accade da una settimana, i religiosi (ai quali ieri si sono aggiunte anche le monache) hanno invece deciso di continuare a dimostrare pacificamente, coinvolgendo la popolazione che numerosa ha sfilato insieme ai monaci. All'inizio circa cinquecento si sono messi in marcia, poi sono diventati migliaia, almeno cinquemila, e si sono riversati nelle strade della vecchia capitale dell'ex Birmania, insieme a numerosi sostenitori che si sono uniti in questa protesta pacifica contro la giunta militare .

I religiosi hanno chiesto alla popolazione di pregare, di non commettere violenze e di non scandire slogan politici. In breve tempo erano almeno diecimila le persone che dalla Pagoda d'Oro di Shwedagon, il principale tempio del Paese asiatico, si sono dirette verso il centro della città, sfilando davanti alla sede quasi in rovina della Lnd, la Lega nazionale per la democrazia, la maggiore forza di opposizione guidata da Aung San Suu Kyi (nella foto), premio Nobel per la Pace 1991, segregata agli arresti domiciliari dal 2003.

Esponenti della Lnd hanno dapprima assistito in silenzio alla dimostrazione, limitandosi ad applaudire e a inchinarsi in segno di rispetto mentre i monaci passavano davanti al loro quartier generale, intonando preghiere e canti per la pace; poi però si sono uniti ai religiosi e alla popolazione, mettendosi in cammino. Il numero dei manifestanti non ha fatto che crescere, arrivando fino a oltre trentamila, secondo alcuni testimoni sul posto.

Quella di oggi è stata non solo la dimostrazione più ingente nelle ultime settimane consecutive di proteste quotidiane, innescate dall'improvviso aumento dei prezzi dei carburanti, insostenibile per gli abitanti di uno dei Paesi più poveri al mondo; è stata anche, e di gran lunga, la più oceanica degli ultimi vent'anni nell'ex Birmania.

Dall'inizio delle manifestazioni guidate dai monaci buddisti contro il regime militare birmano, almeno 218 oppositori sono detenuti e vengono maltrattati, secondo quanto denuncia oggi un'associazione birmana di difesa dei diritti umani. "Non solo gli oppositori sono stati picchiati durante la loro detenzione, ma vengono sottoposti a torture fisiche e mentali estreme durante l'inchiesta", ha dichiarato Bo Kyi, ex prigionieri politico che dalla Thailandia dirige l'Associazione di assistenza ai prigionieri politici in Myanmar (l'ex Birmania). La maggior parte dei 218 prigionieri, ha aggiunto l'attivista, appartengono alla Lnd della dissidente storica Aung San Suu Kyi.

 


       CommentoFonte La Repubblica



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